sabato 23 aprile 2011

ONESTÀ ATOMICA E BALLE NUCLEARI

La coerenza del Governo e la paura dei referendum
DALL’ITALIA – A Natale sono tutti più buoni. E a Pasqua? Pure. Deve essere per questo che il Governo ha deciso di cambiare repentinamente rotta per quanto riguarda il ritorno al nucleare. Come folgorati sulla via di Damasco, l’attuale maggioranza parlamentare e i ministri che ne sono espressione, si sono accorti improvvisamente preoccupati della nostra salute e hanno annunciato un apparente dietrofront nella reintroduzione delle centrali nucleari in Italia. Come mai questa decisione a sorpresa? [1]
Forse davvero si tratta di un dono pasquale; forse davvero i nostri governanti hanno sperimentato una rapida conversione del cuore: Silvio Berlusconi, per esempio, nella lettera inviata il Venerdì Santo al Cardinale Tarcisio Bertone, ha “ricordato” come  la Santa Pasqua vede l’Italia impegnata nell’assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa. Il Paese si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza”. [2] Come mai siamo passati dalla politica del “fora dai ball” a queste dimostrazioni di affetto? Con quale coraggio il nostro Paese può vantarsi della propria generosità nei confronti dei migranti, dopo la strage del 4 aprile scorso in cui sono morte annegate quasi 300 persone in prossimità delle nostre coste, nell’indifferenza generale?
Ma torniamo alla questione “nucleare”: non tutti sono disposti a credere alla versione del dono pasquale. C’è chi sospetta che, dietro l’improvvisa svolta, ci sia la paura del referendum del 12 e 13 Giugno: secondo Rossella Miracapillo del Movimento Consumatori “Il movimento che ha portato alla firma di 1 milione 400 mila persone fa paura al governo”, mentre secondo Susanna Camusso, segretaria Cgil, “Questa modalità di inventarsi un emendamento all’ennesimo omnibus per non far pronunciare gli elettori è lesiva della democrazia”. [3]
Procediamo con ordine e cerchiamo di capire la portata di questo intervento last minute da parte del Governo. L’emendamento in questione, relativo al decreto legge omnibus approvato dal Senato  il 20 aprile scorso, afferma che "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche […] non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". Ma quanto dureranno questi studi scientifici? Teoricamente tali studi potrebbero protrarsi all’infinito: è evidente che, a un certo punto, qualcuno (il Governo) dovrà mettere la parola “fine”, ritenendosi soddisfatta dei risultati ottenuti. Cosa accadrà allora? Quale ostacolo legislativo potrà eventualmente impedire a questi signori di veder spuntare in Italia le famigerate centrali?
Il punto è anche un altro: può davvero questo breve emendamento impedire lo svolgimento del referendum a poco più di un mese dalla chiamata alle urne? Secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti, applicando la sentenza 68/1978 della Corte Costituzionale [4], questa modifica legislativa, che piove dal cielo nel corso del procedimento referendario, non può impedire lo svolgimento del referendum a meno che non si riconosca che l’emendamento in questione  non colpisca i principi ispiratori della legge preesistente. Insomma, banalizzando ulteriormente il concetto, se non si fa una legge che dica che il ritorno al nucleare non rientra nei piani del Governo, nel modo più assoluto, il referendum resta vivo e vegeto. Alessandro Pace, docente di diritto costituzionale e curatore dei quesiti per l’Idv afferma infatti: “O il governo cancella in tutto e per tutto il nucleare dal futuro italiano, o noi andiamo avanti”. [3]
Aldilà dei cavilli giuridici, ciò che vien immediatamente in mente a qualsiasi cittadino informato è: perché il Governo ha cambiato rotta soltanto ora? Non molto tempo fa, il premier dichiarava “dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell'energia rinnovabile e nel nucleare” [5] e definiva il nucleare “la forma di produzione più sicura, più ecologicamente corretta tra le forme di energia” [6]. Ma se si era certi della sicurezza del nucleare, a cosa servono ora le ulteriori evidenze scientifiche? Confrontando le dichiarazioni e le scelte di allora e la svolta repentina di questi giorni emerge un’evidente incoerenza e un’onestà intellettuale minuscola, atomica per l’appunto.
Si dirà, è vero, ma tra quelle dichiarazioni e quelle di oggi c’è di mezzo la catastrofe di Fukushima che ha mostrato i rischi di una tecnologia tutt’altro che sicura. A parte il fatto che anche all’indomani del disastro, il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto dichiarò “la posizione rimane quella che è, non è che si può cambiare ogni volta”, resta da spiegare in che modo la catastrofe abbia indotto ad un cambio di strategia, su cui si sarebbe potuto e dovuto riflettere attentamente già prima che i rischi del nucleare impressionassero l’opinione pubblica. In altre parole, non si può legiferare sulla base dell’onda emotiva.
Secondo Antonio Di Pietro, “il governo tenta […] di truffare con un colpo di mano i cittadini e evitare il referendum”. Se questo appare evidente a molti, un po’ meno scontata (ma neanche tanto, poi) è la complicità dei media che hanno invaso la stampa nazionale al grido di “il referendum ormai non serve più” [3], cosa palesemente falsa innanzitutto perché, com’è noto, oltre al quesito sul nucleare ci sono altri tre quesiti:
-          due quesiti riguardano l’abrogazione di alcune norme decise dal Governo riguardanti la gestione privata dell’acqua, in particolare le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.
-          il quarto quesito riguarda l’eliminazione della legge del 2010 riguardante il legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale.
Una conferma della tesi del sabotaggio del referendum potrebbe essere rappresentata dalle dichiarazioni, a proposito della privatizzazione dell’acqua, del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, che il 22 aprile ha affermato “Anche su questo tema di grande rilevanza probabilmente sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo“. [3]
La concomitanza in pochi giorni di queste improvvise conversioni fa sorgere un dubbio: e se fosse tutta una trovata per ostacolare il referendum sull’abrogazione del legittimo impedimento?

domenica 17 aprile 2011

I POST DELLA SETTIMANA

SILVIO E BETTINO: AMICI PER SEMPRE

Berlusconi e Craxi. Berlusconi è Craxi.
DALL’ITALIA – Al termine della settimana in cui la Camera dei Deputati ha approvato il cosiddetto “processo breve”, anche detto “prescrizione breve” o “processo morto”, che accorcerà i tempi di prescrizione in molti procedimenti, in particolare in quelli di un certo Silvio, è arrivata la puntuale aggressione dello stesso Silvio, di cui sopra, alla magistratura. Il 16 aprile, infatti, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato:  "Molti magistrati seguono la sinistra e hanno un progetto eversivo, così come l'hanno fatto nel '93 facendo fuori i socialisti, la Democrazia Cristiana, i repubblicani e hanno fatto fuori un leader politico come Bettino Craxi, stanno oggi cercando di farlo con Berlusconi". [1] Poi, in riferimento alla fine del suo primo governo nel '94: "Fu un'operazione attuata dai magistrati di sinistra che lanciarono false accuse contro di me e contro l'esecutivo". E’ vero, non è la prima volta che il premier getta fango sulla magistratura e forse siamo assuefatti un po’ tutti alle sue dichiarazioni, sempre meno rispettose del democratico equilibrio tra poteri.
Questa volta, però, forse vale la pena analizzare con più attenzione le pesanti accuse rivolte all’istituzione giudiziaria da parte di Berlusconi, poiché rivelano un parallelismo tra la sua politica e quella dei suoi predecessori della cosiddetta Prima Repubblica, la cui ammissione da parte del premier è tutt’altro che scontata.
Le dichiarazioni degli ultimi mesi di Berlusconi inquadrano in modo esplicito il Cavaliere come erede di Craxi e di un sistema politico, quello della Democrazia Cristiana, che, salvo le due piccole parentesi del governo Prodi, ha governato l’Italia con continuità per oltre sessant’anni. Più a lungo del governo di Gheddafi in Libia. Un Paese in cui il potere si incancrenisce nelle mani di una parte politica così a lungo può ritenersi democratico?
Un altro aspetto interessante delle dichiarazioni di Berlusconi riguarda il suo rapporto conflittuale con Mani Pulite, l’insieme di indagini e procedimenti che consentirono di smascherare Tangentopoli, il sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti che ha attanagliato la Prima Repubblica. [2] Il 10 marzo, a proposito della cosiddetta Riforma della Giustizia (o dell’ingiustizia?), il premier ha dichiarato che se fosse stata introdotta 20 anni fa non avrebbe mai reso possibile il verificarsi dei fatti di Mani Pulite: “Avrebbe evitato l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a  cambiamenti di governo, ad un annullamento della classe dirigente nel ’93″. [3]
Se rapportiamo queste dichiarazioni a quelle rese recentemente dal premier, come quelle del 16 aprile, in cui si accusano le “toghe politicizzate” di essere "in campo per cambiare il voto degli italiani" e "questo, in termini crudi, si chiama eversione" (si chiede addirittura una commissione di inchiesta "per accertare se c'è una associazione a delinquere a fini eversivi nella magistratura"), la condanna di Mani Pulite e la solidarietà espressa ai colpevoli (ladri, concussori e corruttori) di Tangentopoli appaiono perfettamente coerenti. [4]

Ma se confrontiamo queste recenti dichiarazioni con quelle rese da Berlusconi nell’ormai lontano 1994, quando annunciò la sua “discesa in campo”, appare un’evidente incoerenza. Dal Corriere della Sera del 23 febbraio 1994, leggiamo che in un interevento al Maurizio Costanzo Show,  sollecitato dai giornalisti che gli chiedono se il giudice Di Pietro potrebbe essere un buon ministro della giustizia Berlusconi risponde: "Perchè no?". [5] Dal Corriere della Sera dell’8 maggio 1994 invece leggiamo che Antonio Di Pietro, che allora era “il giudice più amato dagli italiani”, rifiutò seccamente il ruolo di ministro degli Interni offertogli in un incontro con Berlusconi nello studio dell'avvocato Previti, nonostante “due ore di appelli, di lusinghe”. [6] Tali offerte allora non furono per nulla motivo di scandalo poiché perfettamente coerenti con le dichiarazioni del Cavaliere che, in quel periodo, cercò (con successo) di cavalcare l’onda emotiva dei cittadini in contrasto con le ruberie della vecchia classe dirigente. Come ha scritto Pino Corrias su ”Il fatto quotidiano”, “se non ci fosse stata Mani Pulite probabilmente non ci sarebbe neppure stata la sua epocale, ma anche tragica avventura (per lui e per noi)”. [7] In altre parole, Berlusconi si avvantaggiò enormemente di Tangentopoli per proporre, in alternativa al vecchio sistema, un modello politico nuovo.
Che poi “nuovo” non era per niente. E di ciò ci si poteva rendere conto anche allora, considerando, se non altro gli stretti rapporti che legavano il futuro premier, Silvio Berlusconi, al vecchio Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, noto latitante, pluricondannato per reati concernenti la corruzione ed il finanziamento illecito al PSI. [8] Nel 1984, attraverso tre decreti, il Decreto Berlusconi, il Decreto Berlusconi bis e Decreto Berlusconi Ter, il Governo Craxi permise che le tre TV private del gruppo Fininvest trasmettessero su tutto il territorio nazionale (cosa fino ad allora non consentita). [9] Insomma il grande successo di Fininvest (oggi Mediaset), è da imputare a tre decreti ad personam, per così dire ante litteram: che pare di stare a leggere Cicerone, ed invece, ahimè, stiamo sempre parlando di Silvio e dei suoi affari!
E d’altronde, sempre per evidenziare i rapporti tra Berlusconi e Craxi, come non ricordare che Berlusconi fu condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione, in primo grado, per le tangenti (22 miliardi di lire secondo l’accusa, di cui 10 miliardi accertati) versate al Psi dell’amico Bettino fino al 1992. E’ il cosiddetto processo “All Iberian 1”. In Cassazione, si decise per il proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato. [10]
A proposito di Berlusconi e di Mani Pulite, va anche detto che le ultime indagini del pool milanese furono proprio quelle su Silvio e Paolo Berlusconi e sull’azienda di famiglia. A tal proposito non serve aggiungere commenti alle dichiarazioni di Fedele Confalonieri, che da sempre ruoli di responsabilità nelle aziende di Berlusconi (oggi è presidente Mediaset): Senza la politica saremmo finiti sotto a un ponte o in galera con l’accusa di mafia”. [7]
Insomma, con le ultime dichiarazioni, Berlusconi getta definitivamente la maschera, per sottolineare la sua sostanziale continuità con il sistema di Tangentopoli e con Bettino Craxi. Si riconosce esplicitamente che il suo avvento era solo in apparente rottura con la vecchia classe dirigente, mentre in realtà si trattava dell’ennesima “operazione Gattopardo”, tipica della politica italiana degli ultimi 60 anni (e forse più): “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Quale sarà la prossima?

LA VUOI UNA CENTRALE SOTTO CASA? GIA’ FATTO, TROPPO TARDI…

Altro colpo a sorpresa dell’amministrazione: pronto il progetto per le biomasse

DA TRANI - Della possibile apertura della cementeria a Trani ne abbiamo già parlato in un precedente post. Pochi mesi dopo il progetto di apertura di un altro impianto è all’orizzonte: si parla, infatti, di attivare nel nostro territorio, probabilmente sempre nella zona di via Andria, una centrale a biomasse. Ad intervenire in merito è, come al solito, Legambiente, la quale, in un comunicato, denuncia  “il festival delle incongruenze tecniche, giuridiche ed ambientali” che si rilevano nell’analisi del parere favorevole alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) da parte della provincia di Barletta-Andria-Trani. La valutazione, presentata dalla Green Energy Solutions s.r.l. per il Comune di Trani, non convince gli ambientalisti. La stessa Legambiente si dichiara incredula nel leggere come nel lontano novembre 2009 il comune, tramite il sindaco Giuseppe Tarantini, aveva espresso parere positivo alla realizzazione dell’impianto. Come al solito, la cittadinanza è stata totalmente esclusa da un possibile dibattito riguardante, comunque, un tema vicino alla salute di tutti, venendo posta di fronte al fatto compiuto [1]. Già all’epoca dell’accordo siglato tra comune di Trani e i Matarrese sull’apertura della cementeria, i tranesi seppero di tale eventualità solo dopo che tale accordo fu sottoscritto. Allora seguirono riunioni con gli agricoltori, con le associazioni ambientaliste, proteste e raccolta firme che hanno indotto, per ora, i nostri amministratori ad abbandonare il progetto. La storia pare ripetersi.
In tal caso trattasi di centrale a biomasse per la produzione di energia. Le biomasse rientrano nelle fonti rinnovabili: si bruciano materiali di origine organica, vegetale o animale, che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione. Queste centrali, su cui la Unione Europea intende investire al pari dell’eolico, inquinano molto meno rispetto agli inceneritori, ma non mancano comunque aspetti negativi. Come spiega lo scienziato Stefano Montanari, esperto di nanopatologie, compiendosi, comunque, una combustione si immettono in atmosfera residui, sotto forma di particelle e polveri, nocivi per la salute. Tuttavia, questo tipo di fonte, unitamente al solare o all’eolico, non è da sottovalutare, sempre a patto che gli effetti sulla salute siano tollerabili e i vantaggi economici accettabili [2].
Comunque, in questo post non vogliamo schierarci pro o contro la centrale a biomasse, né entrare troppo in aspetti tecnici, ma dare un giudizio sul modo di procedere della nostra amministrazione. Come già accennato precedentemente, nessuno era a conoscenza di questa decisione. La valutazione d’impatto ambientale è arrivata sui banchi della provincia, saltando completamente quelli comunali. Non ci pare che per discutere di questo progetto siano stati celebrati Consigli Comunali ad hoc o, ben che meno, si siano realizzate discussioni o forum aperti alla cittadinanza.
Secondo la direttiva D.Lgs 29/12/2003 n 387, "La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento[…], nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione. Ma non solo, la normativa, oltre ad evidenziare il necessario rispetto della tutela ambientale e paesaggistica, ritiene essenziale il rapporto con la cittadinanza, con coloro che subiscono la modifica della morfologia dei luoghi, rilevante considerando le grandi dimensioni di questi impianti. Inoltre, il VIA garantisce, per tutti gli interessati, il diritto di conoscere in anticipo le conseguenze della loro realizzazione [3]. Insomma, il parere e l’informazione dei cittadini risultano essere imprescindibili, come anche l’attenta valutazione dell’impatto sul territorio. Nel caso di Trani, pare che i nostri amministratori si accaniscano contro la zona industriale di via Andria, già messa a dura prova dalla discarica AMIU. Anni fa il termovalorizzatore Ecoerre, pochi mesi fa la cementeria, oggi la centrale a biomasse. Ancora una volta, siamo qui a chiederci se siamo disposti a barattare quei pochi posti di lavoro (eventualmente riservati ai tranesi), che una centrale può garantire, con la nostra salute. Ci si chiede ancora una volta come questa politica possa incidere in maniera positiva sulla vocazione turistica della nostra città, sbandierata a destra e a manca dai nostri amministratori. Questo tema si intreccia anche con la poca attenzione che i nostri politici (spinti, forse, da interessi vari) rivolgono all’ambiente. Poco verde, sempre più traffico e cemento. Per non parlare dell’assenza nella nostra città delle centraline per il monitoraggio dell’aria, di cui ci siamo già occupati qualche mese fa. Sembra quasi che per la nostra città si preferisca uno sviluppo diverso da quello turistico. Aggrapparsi al maggior numero di posti di lavoro che le industrie possono mettere a disposizione va ormai di moda, tanto che, all’epoca della discussione sulla cementeria, le opposizioni denunciavano il fatto che l’amministrazione stava mettendo in atto un vero e proprio "ricatto del lavoro". Lo sviluppo della nostra città, al contrario, non può discostarsi dal turismo e dalle attività come agricoltura e artigianato, su cui si è sempre basata la nostra economia. Né si può pensare che tale sviluppo si possa avere solo aprendo aziende e grandi impianti. L’ulteriore problema è che chi ci governa pare non abbia ancora chiaro che strada intraprendere, se è vero che in qualche anno si è passato dal termovalorizzatore alla centrale a biomasse, passando per la cementeria. Il che è reso ancora più grave dalla già ricordata totale mancanza di dibattito e partecipazioni della cittadinanza. Resta comunque positivo il fatto che si è passati da impianti altamente inquinanti ad uno che, in teoria, ha minor impatto sull’aria. Ma, comunque, anche dal punto di vista economico, non crediamo che tali impianti siano convenienti per le nostre casse. Anche perché, nel caso delle centrali a biomasse, non bisogna sottovalutare i costi di approvvigionamento e trasporto del combustibile. Le biomasse, infatti, non sono disponibili tutto l’anno in quanto la maggior parte deriva da colture stagionali e anche il legno, in teoria sempre disponibile, di solito viene tagliato in inverno. Perciò tali impianti hanno bisogno di estese aree per lo stoccaggio dei materiali. Un’eventuale apertura, quindi, sottrarrebbe al nostro territorio una vasta area di agro, con cospicui costi per gli espropri. Inoltre, volendo dedicare i terreni vicini a coltura di biomasse, occorrerebbero svariati ettari, anche considerando il fatto che il potere calorifico delle biomasse è circa la metà di quello garantito, ad esempio, dal carbone [4].
A questo punto, perché non investire in forme di energia totalmente pulite come l’eolico, il geotermico e il solare? Perché non cavalcare l’onda del primato che la nostra Regione detiene in Italia sugli impianti fotovoltaici? Grandi produzioni di energia a basso costo. Per non parlare dei finanziamenti che un tale progetto può portare. Il problema è sempre il solito: in un Paese dove gli interessi economici privati vengono prima di tutto, in un Paese dove si preferisce il nucleare all’energia pulita, in un Paese dove è quasi inesistente l’informazione su queste tematiche risulta difficile investire e portare avanti progetti all’avanguardia, che porterebbero l’Italia a una totale indipendenza energetica.  Anche perché il sole e il vento certo non ci mancano.

domenica 10 aprile 2011

I POST DELLA SETTIMANA

IL “TESORO” DI PIAZZA LONGOBARDI (PARTE QUARTA)

Pulcinella e i suoi segreti
DA TRANI – Come i lettori di questo blog certamente sapranno, nelle ultime due settimane, il caso dei possibili scavi archeologici in Piazza Longobardi, evidenziato nei nostri precedenti post, ha animato il dibattito politico tranese. La questione riguarda l’opportunità che potrebbero offrire i lavori di sistemazione di Piazza Longobardi: sarebbero un’ottima chance (forse l’ultima) per riscoprire sotto il manto stradale le tracce di un intero antichissimo quartiere che andò in gran parte distrutto nel saccheggio francese del 1799, ma di cui potremmo ritrovare tracce importanti, soprattutto in relazione alle chiese di S. Maria dell’Annunziata e di S. Toma, antiche di almeno sei secoli. Secondo quanto afferma il segretario FdS Cosimo Nennaparte delle tracce strutturali della cripta dell’antica chiesa [dell’Annunziata, nda], come ricorda la gente del posto, furono parzialmente ricoperte dal cemento” durante i lavori di sistemazione della piazza “nel 1979-80 (mese più, mese meno)”. [1]
Il 30 Marzo l’intervento della Soprintendenza è arrivato come un fulmine a ciel sereno sul cantiere della piazza in cui si sarebbe chiesto al Comune la presenza di personale per la verifica delle escavazioni compiute. Tempestivamente l’Ufficio tecnico comunale replicava che “le escavazioni non hanno superato soglia dei 50 centimetri sotto la quota stradale, tanto è vero che si è rispettato il limite di lavori, autorizzati, compiuti nel in quel sito nel 1980”. [2] Da notare che se fosse vero che nel 1980 si scavò solo per 50 centimetri, sarebbe stato impossibile ritrovare la cripta della chiesa, come afferma invece Nenna. Dei due, Nenna o l’Ufficio Tecnico, uno non è bene informato. Chi? Ma andiamo avanti: la dottoressa Daniela Tanzella, responsabile alla Soprintendenza per le aree del litorale Adriatico e del Salento, controreplicava "Le disposizioni della Soprintendenza prevedevano la sorveglianza archeologica, qualora si fossero effettuati scavi anche solo di 50 cm, mentre il comune ha permesso gli scavi, e quindi l'avanzamento dei lavori contro il volere della Soprintendenza. […] Nel frattempo, si attende l'ordinanza del Ministero". [3] A questo punto l'assessore ai Lavori Pubblici Pietro Di Savino precisava: “Sono state scavate buche di massimo 35 centimetri e non si tratta di veri e propri scavi ma solo di una piantumazione al di sotto dei 50 centimetri”. Ma questa versione contrastava con quella nota alla Sovrintendenza: “Sappiamo - ha riferito la dott.ssa Tanzella - che sono state scavate diciotto buche di un metro di profondità e altrettanto larghe. […] La nostra intenzione era di approfittare di questi lavori da parte del Comune per verificare cosa ci fosse realmente sotto piazza Campo dei Longobardi”. Come mai questa disparità di versioni; anche in questo caso tra i due soggetti, ce n’è certamente uno male informato. [4]
Il sindaco Giuseppe Tarantini non ha dubbi e accusa la Soprintendenza: “Questo è ostruzionismo”. [5] Ma che interesse avrebbe la Soprintendenza a ostacolare la realizzazione di un’opera pubblica a Trani? Tutto lascia pensare piuttosto che la Soprintendenza stia semplicemente facendo il suo lavoro, forse un po’ in ritardo, ma ciò non toglie che l’intervento sia pienamente legittimo e quanto mai opportuno. Non sembrano avere invece giustificazioni i modi psuedo-intimidatori dell’Amministrazione Comunale; l’assessore Di Savino per esempio afferma: “Questo sembra tanto solo un tentativo di disturbo da parte di qualcuno che dovrà dare dimostrazioni oppure risponderà di conseguenza”. [4] Ma ciò che, più di ogni altra cosa, lascia perplessi è che il primo cittadino sapeva della ricchezza del sottosuolo di Piazza Longobardi, infatti ha dichiarato: “Che in piazza Longobardi ci fosse una chiesa sotto è il segreto di Pulcinella”. [5] Ma allora, se ne era a conoscenza, avrebbe potuto e dovuto essere proprio lui a sollecitare l’intervento della Soprintendenza, se non altro per una verifica preliminare per l’eventuale scavo. Invece ha taciuto, perché?
D’altronde dalla Gazzetta del Mezzogiorno dell’8 aprile, apprendiamo dal dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale, Giuseppe Affatato, che l’Amministrazione ha taciuto anche sugli scavi compiuti nel 2006 a Lido Marechiaro: “Quando stavamo realizzando il nuovo lido, una segnalazione alla Soprintendenza, nata dal ritrovamento di un coccio di presunta epoca romana, ci costrinse a spendere 80mila euro”. [6] Ma perché lo apprendiamo solo ora? Per convincere i cittadini che è inutile scavare in Piazza Longobardi? Come il 99.99% dei cittadini tranesi, anche noi non abbiamo dettagli in merito alla questione di Lido Marechiaro. Ma, a occhio e croce, la situazione che si presenta ora appare decisamente diversa: sui ritrovamenti possibili in Piazza Longobardi, esistono prove storiche abbastanza concrete, come ha riconosciuto lo stesso Tarantini. Un’altra domanda sorge spontanea: perché fino ad oggi si è taciuto sugli scavi a Lido Marechiaro? Forse si trattava anche in quel caso di un “segreto di Pulcinella”? Certo, se si è speso tanto denaro pubblico, la notizia avrebbe dovuto essere nota a tutti i cittadini, invece lo veniamo a sapere ora e male: che cosa è stato trovato realmente? Un coccio? Di che natura? Dove si trova ora? Chissà che non si trattasse di una testimonianza preziosissima: spesso piccoli dettagli possono costringere a riscrivere interi libri di storia, e in questo caso, quei soldi sarebbero stati ben spesi. Ma la questione è anche un’altra: chi ha sborsato quegli 80mila euro? Il Comune? La Soprintendenza? Perché in quel caso non si è fatto nulla per evitare di spendere un patrimonio ed ora, invece, si cerca di nascondere, prima, e ostacolare in tutti i modi, poi, la possibilità di uno scavo basato su documentazioni attendibili e peraltro note allo stesso primo cittadino? Quali interessi possono essere considerati preminenti rispetto ad un ritrovamento archeologico di questo genere in Piazza Longobardi?
Il sindaco poi, a nostro modesto parere, commette un clamoroso autogol citando tre esempi che, a suo dire, dimostrerebbero che “a noi dell’aspetto archeologico interessa sempre moltissimo”: palazzo Carcano, la villa romana, il monastero di Colonna.
A palazzo Carcano, dove già nel lontano 1996, nel progetto redatto dalla Soprintendenza per la ristrutturazione dell'immobile, erano previsti degli importi per scavi archeologici, mentre attualmente non si capisce se e quando i lavori si concluderanno definitivamente, mentre l’antico palazzo (di fronte al Castello Svevo) sembra ormai ridotto ad un rudere.
La villa romana è un importantissimo quanto antichissimo edificio di cui alcune tracce sono state ritrovate durante i lavori alla seconda spiaggia, prontamente “insabbiate”, è il caso di dirlo, senza che si dispongano ulteriori scavi.
Per quanto riguarda invece il Monastero di Colonna, per il quale, ad onor del vero, va riconosciuto a questa Amministrazione l’ottenimento di fondi per quattro milioni di euro per la costruzione di un Parco Archeologico nel Febbraio 2010, attualmente la situazione pare giunta in una condizione di stallo. [7]
Un altro aspetto interessante per la vicenda di Piazza Longobardi: nessuno ha ritenuto opportuno evidenziare la possibilità degli scavi, prima del nostro blog. Perché? Se si trattava di un “segreto di Pulcinella”, perché nessuno ne ha parlato? Eppure il fatto deve avere una certa rilevanza se ha suscitato l’interesse della Soprintendenza. Perché nessuna delle varie associazioni culturali tranesi ha fatto presente questa eventualità? Perché tuttora non fanno sentire la propria autorevole voce in capitolo? Anche i politici di opposizione, ad eccezione del già citato Cosimo Nenna (FdS) e dell’efficace intervento di Sebastiano De Feudis (IdV) [8], sono stati praticamente in silenzio. Nel PD, per esempio, solo Tommaso Laurora, ha fatto brevemente riferimento alla questione [9]. Forse attendono la decisione definitiva della Soprintendenza. Anche i giornalisti locali non sono stati in grado di evidenziare il problema prima dell’intervento della Soprintendenza, fatta eccezione per Donato De Ceglie su “Il Giornale di Trani”.
Speriamo che la vicenda sia trattata con maggiore chiarezza a seguito della decisione della Soprintendenza, che potrebbe arrivare dopo il sopralluogo di Lunedì 11 in coordinamento con i carabinieri del nucleo tutela. Se si dovessero disporre gli scavi, sarebbe certamente giusto e sensato, come evidenzia Affatato [5], fare preliminarmente delle indagini, onde evitare un’inutile sperpero di denaro pubblico; tuttavia tutto lascia presagire che se gli scavi si faranno emergeranno reperti importantissimi, se non altro dal punto di vista storico. Quanto ai finanziamenti degli scavi forse l’Amministrazione Comunale potrebbe cercare di ottenere fondi da enti pubblici o privati, dal Ministero, dall’Unione Europea: probabilmente dovremo sborsare qualcosa anche di tasca nostra, così come già stiamo sborsando dal nostro portafoglio il denaro per la ristrutturazione della piazza. Ma una città che vuole diventare polo di attrazione turistica deve mettere in conto anche questo. Si tratta di una scelta di “campo”, è il caso di dirlo: Trani deve decidere se vuole restare sempre più una piccola realtà che attrae al più  qualche comitiva di andriesi e coratini il sabato sera (sono i benvenuti, per carità!) oppure se vuole investire oggi per inserirsi nel circuito culturale e turistico nazionale e (perché no?) internazionale. Che le nostre bellezze artistiche e storiche abbiano le potenzialità per rendere possibile questo salto di qualità, noi ne siamo convinti, come anche crediamo gran parte dei cittadini tranesi. E l’Amministrazione Comunale?

[6] N. Aurora, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 8 Aprile 2006.
[9]http://www.radiobombo.com/news/47657/trani/mercato-e-dintorni-laurora-pd-ma-che-maggioranza-e-questa-

STRAGE DI MIGRANTI: LE RESPONSABILITA’ DELL’ITALIA

Tutti i contorni di un problema sociale, in un Paese che sta perdendo la giusta rotta

DALL’ITALIA E DAL MONDO - Gli sbarchi di disperati provenienti dal nord Africa continuano (se n’è già parlato in post precedente) e, mentre i nostri politici continuano a fare la spola tra Tunisia e Italia per siglare accordi su rimpatri e respingimenti, nel mar Mediterraneo si muore. Infatti, nella notte del 6 aprile scorso, si è verificata una strage immane, di cui però solo in pochi hanno parlato. Un barcone con circa 300 persone tra eritrei e somali, partito dalla città libica di Zuwarah, si è ribaltato mentre veniva soccorso da alcune motovedette della Guardia Costiera tra Malta e Lampedusa. Le precarissime condizioni dell’imbarcazione e il mare grosso hanno provocato l’affondamento. Terribili sono le testimonianze della cinquantina di profughi recuperati e portati in salvo o quelle dei soccorritori, i quali parlano di “uomini, donne e bambini che cadevano dalla barca, giù come piombo”. Ognuno dei ragazzi sopravvissuti ha perso un amico o un parente. [1]
Una tragedia assurda, ma prevedibile, difficilmente imputabile al Fato. Il nostro Paese non è per niente esente da colpe, visto che sono note le difficili condizioni in cui arrivano i migranti e che, dall’inizio della crisi nord africana, nulla è stato fatto per garantire la sicurezza di questa gente durante la traversata. L’Italia è il Paese europeo più vicino al continente africano e dovrebbe essere il primo ad intervenire, cercando di garantire almeno l’arrivo dei barconi avvistati nel Canale di Sicilia, senza che questo diventi un cimitero. Invece, Berlusconi & co. si limitano a pronunciare discorsi demagogici, promesse mai mantenute, premi nobel, casinò, ville o siglare accordi che prevedano criminali respingimenti, come quelli che avvenivano in Libia e che ancora avvengono, e rimpatri alla bella e buona. Ma, come sostiene Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’ARCI, “La totale chiusura delle frontiere non serve a bloccare i flussi, al contrario costringe i migranti a viaggi disperati e pericolosi.” [2]
Le responsabilità del nostro Governo non si fermano solo a questo caso particolare, ma affondano le proprie radici nella continua tendenza a criminalizzare gli immigrati. Dai banchi della Lega Nord, e non solo, sono frequenti frasi del tipo “al nord non li vogliamo”, “questi puzzano”, “tanto disperati non sono, visto che indossano abiti firmati”, frasi indegne, che forse neanche gli animali pronuncerebbero se potessero parlare. Purtroppo queste attecchiscono velocemente e si riflettono sugli atteggiamenti della gente comune, convinta ancora che la crisi economica e la delinquenza siano dovuti al grande flusso di migranti, non capendo come questi, al contrario, possano rivelarsi una risorsa imprescindibile. Purtroppo stiamo assistendo ad un vero e proprio problema sociale. Il razzismo, il rifiuto del “diverso” è ancora radicato nel nostro Paese e i nostri politici non fanno nulla per far si che l’Italia esca da questo tunnel che per anni ha impedito l’integrazione dei vari popoli che sono transitati nel nostro Paese. Integrazione, che in altre Nazioni, ha agevolato lo sviluppo economico e del sistema produttivo. L’unico risultato che abbiamo raggiunto in Italia è l’alto numero di extra-comunitari impiegati nei campi o nei cantieri, sottopagati e sfruttati, o assoldati dai gruppi criminali, pur di ricevere qualche euro in più.
Eppure l’Italia di occasioni per cercare di cambiare questa tendenza ne ha avute, ma i partiti politici hanno sempre pensato (e lo fanno ancora attualmente) a non scontentare l’elettorato, a  non perdere la faccia, in un continuo scambio “tu mi dai il voto, io ti caccio gli immigrati”. Insomma, molti ancora non hanno ben presente che trattasi di persone come noi, uomini e donne, magari con studi e specializzazioni alle spalle, che fuggono da persecuzioni e guerre, sperando in un futuro migliore. Non è possibile che si possa trascurare un evento simile, sentirlo lontano dalla nostra realtà.
A tutto questo contribuiscono anche i media. Pochissimi sono i riferimenti a quest’ultima strage. Nei tg, ovviamente, se n’è parlato pochissimo, ma anche su internet le uniche tracce provengono da blog o quotidiani on-line locali. Basta fare una ricerca, difficilmente si trovano link a giornali o notiziari più comuni, anche quelli più vicini alla sinistra. Il problema è sempre quello: è un argomento scomodo, di cui non conviene parlare. Il che è ancora più grave delle frasi leghiste. Accettare questo stato di cose significa tenere lontana la gente da un tema che invece è molto più vicino di quanto si creda. Ne abbiamo già parlato nel post precedente, il timore è che si voglia far scoppiare una guerra tra poveri, perché non ci sono dubbi che sono le classi più povere a sentire di più l’impatto dell’immigrazione. Si dovrebbe cercare di inculcare l’idea  che questo impatto non sia necessariamente negativo, ma che, al contrario, possa rivelarsi una grande opportunità. Ma come si fa a realizzare ciò se i media, soprattutto le tv e i giornali, appartengono o sono molto vicine alle stesse persone che l’immigrazione la criminalizzano? Basta ricordare come per la tragedia de L’Aquila si sono susseguiti per mesi e mesi trasmissioni televisive e speciali ad hoc, magari enfatizzando la presunta ricostruzione messa in atto dal Governo. Certo anche questa è stato un duro colpo per il nostro Paese ed è legittimo che se ne debba parlare, ma il numero di morti è stato molto simile a quello della strage di qualche giorno fa. Non si vuole qui strumentalizzare due eventi drammatici, ma invitare il lettore a fare delle considerazioni sul ruolo dei media in Italia.
Per fortuna, nonostante tutto questo, in Italia ci sono ancora tanti giovani volontari che accolgono, assistono e aiutano gli immigrati. Non solo coloro che operano nei campi di accoglienza, ma anche semplici cittadini delle città in cui sorgono questi campi e dei paesi vicini. Dai loro piccoli gesti si scorge ancora la speranza che l’Italia cambi rotta, si evolva, si rimetta al passo dei Paesi più culturalmente e socialmente evoluti, e ce ne sono parecchi nel mondo. Sono questi ragazzi che meritano uno spazio molto più ampio rispetto a quello riservato a politici e parlamentari che stanno lì a sbraitare come cani, a pensare al proprio orticello.
Intanto a breve termine, si auspica che il nostro Governo intervenga concretamente, magari, come propone Antonio Russo dell’ACLI, organizzando “nelle acque del Mediterraneo un presidio navale a scopi umanitari ed aprire una zona di protezione e di garanzia del diritto internazionale”[2]. Non è più tempo dei “Fora di ball”, è tempo che Italia e UE insieme collaborino per far si che il Mediterraneo, nodo fondamentale dei traffici del nostro continente, diventi un corridoio umanitario che garantisca sicurezza e accoglienza ai profughi e non un cimitero per disperati.


domenica 3 aprile 2011

I POST DELLA SETTIMANA

IMMIGRAZIONE, DA DRAMMA A RICCHEZZA PER TUTTI

Come un problema sociale possa trasformarsi in una risorsa per il nostro Paese


DALL’ITALIA - Il flusso di migranti in fuga dall’inferno del nord Africa che in questi mesi sta investendo l’Italia è al centro delle cronache nazionali. Due sono le parole più volte pronunciate da politici e media: emergenza immigrazione. Ancora una volta la strategia del Governo italiano è quella di creare uno stato di tensione e di emergenza, la solita paura del diverso, da sempre cavallo di battaglia del fare politica della Lega Nord. In questo post non vogliamo raccontarvi le cronache, i numeri di questa ondata migratoria, ma più che altro fare delle considerazioni in merito. Innanzitutto, è giusto considerare questa situazione un’emergenza? O forse dovremmo evidenziare le inadeguate e tardive misure del governo per far fronte ad essa?  Il dubbio è che si voglia forzatamente creare il problema immigrati, così da poter poi, una volta risolto, gridare al miracolo. La pura demagogia messa in atto dal premier Silvio Berlusconi nel discorso tenuto pochi giorni fa a Lampedusa dimostra questa tesi. Un discorso simile a quelli pronunciati a L’Aquila nei giorni post terremoto o a Napoli per l’emergenza rifiuti, tante promesse, la maggior parte fini a se stesse. "In 48-60 ore Lampedusa sarà abitata solo dai lampedusani. E per farlo ci saranno sei navi - forse sette - che provvederanno allo sfollamento. Prima promessa non mantenuta: sull’isola ci sono ancora gruppi di tunisini in attesa di essere imbarcati [1]; qualcuno dirà che il mare agitato ha ritardato le operazioni… vabbè anche il mare è contro Silvio. La verità è che il ministro Roberto Maroni non ha ancora trovato un’intesa con le Regioni per un equo smistamento dei migranti nei centri sparsi per l’Italia e di un accordo col neo governo tunisino non se ne vede neanche l’ombra, checché ne dicano Frattini e Maroni stesso. Intanto i tunisini da Lampedusa sono trasferiti in una tendopoli a Manduria, ma il risultato è sempre lo stesso. Il vero problema è che, una volta identificati, questi disperati sono rinchiusi in campi ormai al collasso, veri e propri lager del terzo millennio. Le immagini raccolte dalle troupe televisive documentano le pessime condizioni di questi campi, definite "agghiaccianti  anche da Amnesty International, che denuncia come "a molte delle persone non è stata fornita l’assistenza umanitaria di base[2]. In questi ultimi tempi si cerca sempre più di tenere lontane le telecamere, ma a tutti è ormai nota questa situazione. Nonostante tutto ciò, la compostezza dei giovani migranti è lodevole. Nessuna rivolta, nessuna aggressione nei confronti di cittadini e polizia. Solo due notti fa un marocchino ha appiccato il fuoco a una roulotte nei pressi del porto di Lampedusa, ma è stato subito consegnato alle forze dell’ordine dagli stessi migranti. Nel frattempo la continua fuga di tunisini dalla tendopoli di Manduria sta facendo sorgere più di un dubbio sulla gestione dell’emergenza. Le evasioni non sono in alcun modo contrastate dalle forze dell’ordine: eppure chi alle forze dell’ordine dovrebbe dare ben altre disposizioni continua a dire "rispediamoli a casa″. Questa, come denunciato da Il Fatto Quotidiano, è la solita "soluzione all’italiana". Eppure, secondo l’associazione "Avvocati per niente", il governo dovrebbe e potrebbe approvare un decreto d’urgenza simile a quello del 1991 sottoscritto durante la crisi albanese: una legge di protezione temporanea. I mezzi e le facoltà ci sono tutte, poiché questa normativa è contemplata dalle disposizioni europee (articolo 78 del Trattato di Lisbona) ed è prevista dal Testo Unico sull’Immigrazione. In pratica, ai migranti provenienti da Paesi in grave difficoltà può essere temporaneamente consentito di stare in Italia e muoversi nei Paesi dell’area Schengen, magari per cercare un lavoro o ritrovare le proprie famiglie. Ma come osserva il quotidiano su citato, questo provvedimento non potrebbe mai essere approvato, nè dalla Lega, che perderebbe la faccia nei confronti del suo elettorato, nè dalla rimanente parte del governo, ora più che mai ″schiavo" del Carroccio [3]. La politica della paura passa anche da questo. Non dobbiamo dimenticarci, tuttavia, che questi disperati in Italia non ci vogliono proprio stare. Anzi, dovremmo chiederci come mai chi giunge nel nostro Paese arde dal desiderio di andare in Francia o in Germania. E, invece, i nostri lungimiranti politici non hanno nient’altro da dire, se non "Fora dai ball″. Come possiamo sperare che l’Italia diventi terra di accoglienza e integrazione tra più popoli, che in Italia scompaiano per sempre idee xenofobe e razziste, che per tanti anni in passato hanno rallentato questi processi di integrazione. La paura dei cittadini di Lampedusa e di Manduria è legittima, si pensa alle proprie case, ai propri bambini, al turismo. Ma ciò non deve trasformarsi in atti violenti, come le ronde documentate nella città pugliese da un reportage di Telerama [4]: cittadini del posto che inseguono, catturano e riportano nella tendopoli giovani tunisini scappati col solo intento di andare verso nord, verso la Francia, per ricongiungersi ai propri cari.  La giustizia del fai da te in uno Stato che si rispetti deve essere combattuta, ma la situazione di Manduria, in cui tutto è permesso, dimostra la debolezza e la inadeguatezza dello Stato italiano di fronte a questi atti. Basta poco, l’innesco è pronto. Basta poco e potrebbe scoppiare la bomba sociale, un tutti contro tutti, italiani contro tunisini, tunisini contro polizia e la frittata sarebbe fatta. Una guerra tra poveri assolutamente da scongiurare, una guerra che favorirebbe solo questo marcio sistema, non di sicuro gli uni o gli altri. Eppure, secondo una ricerca pubblicata da Caritas-Migrantes nello scorso anno, in Italia il numero di immigrati aumenta, ma il nostro Paese è solo al 5° posto in Europa per numero di abitanti stranieri, alle spalle di Germania, Spagna, Regno Unito e Francia. In questi Paesi esistono svariate comunità di immigrati, pienamente integrate, divenute un vero e proprio motore dell’economia [5] [6]. Infatti, non dobbiamo dimenticare che la gente che arriva in Italia costituisce una grande risorsa per il nostro sistema produttivo. In un Paese con la popolazione sempre più anziana, l’integrazione degli immigrati costituisce una miniera d’oro: secondo il su citato rapporto, gli stranieri svolgono una funzione complementare agli italiani e, se venissero a mancare, in settori come l’agricoltura, l’edilizia e i servizi sociali la crisi sarebbe ancora più accentuata. Viene sottolineata, inoltre, la mancanza di questa concezione negli italiani, sempre più convinti che la crisi economica sia colpa degli immigrati. Il tutto, in aggiunta alla difficoltà per gli stranieri di accedere a servizi sociali, come l’assistenza sanitaria o il bonus per i neonati, stride col fatto che i migranti versano nelle casse pubbliche come contributi previdenziali più di quanto ricevono e che ciò, negli ultimi anni, ha contribuito al risanamento del bilancio dell’Inps. Per non parlare del rapporto immigrati-delinquenza. I dati parlano chiaro: gli stranieri delinquono come gli italiani, nella stessa percentuale. Il rapporto si conclude osservando come, pur garantendo il rigore, va rispettato il diritto d’asilo e la protezione umanitaria ed evidenzia come all’origine dei casi di irregolarità vi siano molto spesso gli ingressi legali di decine di milioni di stranieri che giungono ogni anno in Italia per turismo, lavoro e affari e come i numeri riguardanti gli barchi siano ben poca cosa a confronto [6]. Insomma, stanno venendo al pettine tutti i nodi di di mancanza di una politica seria per far fronte all’immigrazione e, perché no, per usufruire dei vantaggi che questa offre.. Per anni i vari governi in Italia, ma soprattutto quello attuale, si sono limitati a siglare accordi con i dittatori al comando nei Paesi del nord Africa, accordi che prevedevano respingimenti e blocchi dei migranti in partenza, blocchi che solo questi poveri disperati sanno come avvenissero e che il lettore può facilmente immaginare. Ora, che il controllo dei leader di queste terre sta pian piano venendo meno, l’Italia ne sta pagando le conseguenze. Senza dimenticare che le rivolte che stanno scoppiando sono il frutto anche di interventi ed ingerenze economiche e politiche attuate in passato dall’Italia sia in Tunisia, sia in Libia (e di cui si è parlato anche nel nostro blog in alcuni precedenti post). Possiamo ancora fidarci dei ″Fora dai ball" di Bossi o delle promesse senza senso di Berlusconi? La speranza è che l’Italia e gli italiani voltino pagina e si ricordino che anche i nostri avi furono immigrati, imbarcati verso terre lontane alla ricerca di un futuro migliore.
[5] http://www.issm.cnr.it/progetti/emigrazione/analisi_legislazione.pdf                                 
[6] http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/26/gli-immigrati-miniera-doro-per-il-paese/73700/