domenica 31 ottobre 2010

IL GIALLO DELLE MATINELLE


Le ultime vicissitudini del lido tranese

In questo periodo in città ha fatto molto scalpore il crollo di parte del solarium del nuovissimo Lido Matinelle, inaugurato a fine luglio e da molti ritenuto fiore all'occhiello della movida tranese e non solo. Ma il clamoroso cedimento strutturale è solo l'ultima delle “vicende oscure” di cui è stato caratterizzato l'impianto: poco prima dell'inaugurazione, infatti, era stata due volte sequestrata e, in poco tempo, dissequestrata parte del lido. Tali avvenimenti fanno ovviamente discutere e pongono seri dubbi sulla gestione di quelle che dovrebbero essere attrazioni turistiche per la nostra città.
Dopo anni di totale abbandono, la notizia dell'inizio dei lavori e della seguente riapertura dello stabilimento ha entusiasmato gli amanti della “dolce vita”, ma spesso l'entusiasmo fa si che non si ponga l'obiettivo su problemi ben più seri della scelta del locale in cui passare le notti estive. Ci si chiede, infatti, come sia possibile che a lavori conclusi scatti il sequestro della parte di lido, sorta nei 30 metri della zona demaniale, per carenza di autorizzazioni (da richiedere alla Capitaneria di porto di Molfetta) per l'esecuzione dei lavori stessi! Questo primo giallo si è però risolto in poche ore con la concessione ai gestori della facoltà d'uso dello stabilimento. La situazione paradossale è proseguita però con l'annullamento, a pochi giorni dalla data d'inaugurazione del lido, di tale facoltà e con un nuovo sequestro da parte della Procura, in quanto la concessione dei beni avrebbe potuto aggravare le conseguenze dei reati, consentendo di danneggiare ulteriormente l'ambiente e lucrare su servizi balneari costituenti condotta di reato. Dubbi si aggiungono a dubbi: come è possibile che nell'arco di meno di una settimana ci si accorge che concedere la facoltà d'uso può aggravare le irregolarità? Ma niente paura, il nuovo sequestro dura solo 24 ore: la Procura, sentiti i pareri acquisiti da Genio Civile e Demanio Regionale, ha tolto i sigilli alla struttura e il Lido Matinelle ha potuto, così, tornare a risplendere e ad accogliere la movida estiva. Tuttavia dopo una stagione trionfale, secondo i gestori e secondo l'Amministrazione Comunale, ad ottobre, un giorno di pioggia e mareggiate ha causato il cedimento strutturale della parte prospicente il mare, tra l'altro sede di un sistema meccanico per la discesa in acqua di persone diversamente abili: i problemi non sono finiti. Ossevando le immagini riportate sui siti di alcune testate giornalistiche cittadine, il crollo è a dir poco clamoroso e chi ha provato a chiedere alla cooperativa che gestisce l'impianto cosa sarebbe successo se l'evento si fosse verificato in piena stagione balneare con la spiaggia affollata, è stato costretto a sentire giustificazioni a dir poco paradossali: tutto ciò non sarebbe successo poiché in estate non si verificano fenomeni meteorologici della gravità di quello che ha investito la zona il giorno del crollo. Qualcuno potrebbe pensare ad una battuta, ma questa è l'unica motivazione data. Allora ci chiediamo se ogni estate si dovrebbe ricostruire la struttura per ovviare ai crolli che si verificano dopo le intemperie e le mareggiate della stagione invernale, spendendo denaro su denaro.
La verità è che ogni crollo del genere non può mai essere causa esclusivamente dei fenomeni atmosferici, ma anche dell'incuria e degli errori in fase di realizzazione. A parziale scagionamento dei gestori va il fatto che il tratto di costa delle Matinelle non è sufficientemente protetto da frangiflutti, ma non occorrono certo conoscenze ingegneristiche per capire che costruire a strapiombo sul mare richiede opere di protezione della struttura da realizzare, a maggior ragione conoscendo la situazione attuale della costa nella zona che si estende dalla Baia del pescatore alla seconda spiaggia. Ma essendo nota la “perizia” con la quale si realizzano le opere pubbliche nella nostra città, a cominciare dalle strade, tutto ciò ci fa pensare che ancora una volta si è preferito dare la precedenza all'apertura dell'impianto facendo in modo che questo fosse fruibile per la stagione estiva, più che all'incolumità dei fruitori.
Considerando anche che l'opera è stata realizzata con soldi pubblici, essendo l'impianto di proprietà dell'Azienda di Promozione Turistica Regionale, ci domandiamo chi pagherà i danni, stimati in circa 40.000-50.000 €, e se in tutto ciò la cooperativa che ha in gestione il lido sarà giudicata colpevole o se tutto finirà in una bolla di sapone; intanto la cooperativa si difende affermando che l'opera di ristrutturazione non è stata gestita da questa, ma che essa ha solo provveduto a porre le suppellettili, come cabine, bar, ombrelloni e ad organizzare gli eventi. Per valutare ancor meglio ciò che è successo non ci rimane che aspettare gli sviluppi giudiziari della vicenda e i risultati delle perizie tecniche che verranno realizzate in situ.

Gallerie fotografiche sul crollo:

LA STORIA “OSCURA” DELLA REPUBBLICA?

Gli eventi della settimana impongono una riflessione sulla storia della democrazia in Italia

DALL'ITALIA - Le notizie emerse negli ultimi giorni in relazione ad indagini di diversa natura potrebbero essere lette da almeno due diversi punti di vista: si potrebbero interpretare come fatti sconnessi tra loro e legati a situazioni isolate, oppure provare a guardarli uno dopo l’altro per scorgervi affinità e legami (se ve ne sono). Nel tentare di percorrere questa strada, emergono ombre inquietanti che dovrebbero indurre quanto meno una riflessione approfondita sulla storia del nostro Paese.
Partiamo dalla notizia che ha ricevuto un peso maggiore nei media nazionali: il riconoscimento da parte del pentito Gaspare Spatuzza del funzionario dell’Aisi (Agenzia informazioni sicurezza interna) Lorenzo Narracci, come il “il soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato al giudice Paolo Borsellino [1]. Naturalmente Spatuzza è lo stesso collaboratore di giustizia che dichiarò che il boss “Graviano mi fece il nome di Berlusconi e mi disse che grazie a lui e al compaesano nostro ci eravamo messi il paese tra le mani.” [2] Quasi contemporaneamente (in realtà qualche giorno prima) un altro celebre collaboratore, Massimo Ciancimino, presso la Procura di Caltanissetta, riconosceva nello stesso Narracci la persona incontrata insieme al boss Scotto (condannato all’ergastolo per la stessa strage Borsellino) in un albergo palermitano, al termine di un incontro tra suo padre Vito e il misterioso signor Franco.
Ciò che è passato in secondo piano nel fornire le notizie è che il Narracci non è affatto un personaggio nuovo nelle vicende italiane degli ultimi due decenni. Tanto per cominciare l’agente dell’Aisi (ex Sisde) era già stato indagato dalla stessa procura di Caltanissetta per l’inchiesta sui mandanti esterni alle stragi del ‘92-‘93, archiviata nel 2002: insieme a Bruno Contrada (il numero tre del Sisde che sta scontando una condanna a dieci anni per collusioni mafiose), stando ai tabulati telefonici, fu il primo a venire a sapere dell’avvenuto attentato al giudice Borsellino, appena un centinaio di secondi dopo l’accaduto. Inoltre, del suo caso si sarebbe parlato in una delle ultime sedute del Copasir, ottenendone non la sospensione temporanea ma una semplice sostituzione di incarichi sempre all’interno dei Servizi Segreti Italiani: “E’ possibile che in uno Stato democratico possa accadere questo?” si chiedeva già il 18 Agosto 2010 il parlamentare Fli Carmelo Briguglio [3] e la sua pareva decisamente una domanda retorica. Ma non basta: ombre sul Narracci provengono anche dalla vicenda del tentato assassinio di Maurizio Costanzo, in Via Fauro a Roma il 14 maggio 1993 (la sua automobile era una di quelle parcheggiate nella stessa strada, ma pare che l’agente segreto abitasse proprio lì), e dall’episodio della strage di Capaci del 23 maggio 1992 (il suo numero di cellulare fu trovato in un foglio sulla collina da cui partì il comando radio che fece brillare l’esplosivo). Inoltre, in relazione al processo a Contrada, nel 1995, e alla campagna di disinformazione condotta da alcuni media il Pm Antonio Ingroia (peraltro ospite del terzo incontro organizzato dall'associazione "La democrazia delle parole" tenutosi a Barletta il 29 ottobre) affermava "In una telefonata che è stata intercettata il giorno dopo l'arresto dell'imputato [Contrada, ndr] possiamo ascoltare il funzionario del Sisde Lorenzo Narracci che rassicura il figlio di Contrada, Guido: <<Ho parlato con il direttore del Tg2 ha modificato il titolo della notizia>>. Sentito in aula, Narracci, ha chiarito che non si trattava del direttore ma di un caporedattore del Tg.” [4]
Ma lasciamo per un attimo le vicende legate all’atto di nascita della Seconda Repubblica, per spostare l’attenzione ad un’altra notizia della settimana, inerente, questa volta, i primi vagiti della Prima Repubblica. Giovedì 28 ottobre 2010 è iniziata l’operazione di riesumazione della salma di Salvatore Giuliano, il famigerato bandito tumulato nel cimitero di Montelepre, in provincia di Palermo. Il bandito Giuliano [5], inizialmente vicino al Movimento indipendentista siciliano (MIS), entrato poi, spinto da esponenti dell'intelligence USA, nell'EVIS (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana), è noto ai più per essere stato accusato della strage di Portella della Ginestra: il Primo Maggio del 1947, nella Piana degli Albanesi circa duemila lavoratori si riunivano per tornare a festeggiare dopo il ventennio fascista, anche in occasione della vittoria elettorale del PCI-PSI sulla DC; raffiche di mitra si scatenarono sulla folla dalle colline causando 11 morti e 27 feriti (la scena compare nel recente film di Tornatore “Baària”). A sparare furono ufficialmente "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali", anche se ipotesi recenti chiamano in causa soggetti molto più importanti e ipotesi agghiaccianti (che tirano in ballo anche i Servizi Segreti italiani e la longa manus della CIA); si chiede lo storico Sandro Provvisionato:  “Sugli scenari che si aprirono con Portella della Ginestra, alcuni quesiti rimangono aperti ancora oggi: fino a che punto quegli eventi tragici videro realmente delle correità di Stato?”. Il bandito Giuliano sarebbe morto in una sparatoria con i Carabinieri nel luglio 1950, ma oggi dal Dda di Palermo ne dispone un’autopsia nell’ambito di un’inchiesta seguita dal Pm Ingroia che in un’intervista a Barlettalife [6] dichiara a proposito dell’indagine: Un atto dovuto. E’ un’indagine nata su un esposto di due storici che hanno sostenuto e documentato […] l’incongruenza tra le immagini di Giuliano prima e dopo la morte. […] Negli ultimi decenni si sono affastellati molti dubbi sulla morte di Giuliano (c’è chi ha ipotizzato che non fosse morto): l’indagine serve per sgomberare il campo da ogni dubbio, in un senso o nell’altro.” A confondere ancor più il quadro, interviene la dichiarazione dell’Avv. Ettore Boschi che afferma di aver saputo molti anni fa, da Padre Pio (sic!), che il bandito Giuliano non fosse mai morto ma fosse fuggito in America. Come intendere queste sconcertanti dichiarazioni? Quel che è certo è che più di un sospetto (un atroce sospetto, ad essere onesti) nasce su una questione avvenuta sessanta anni fa ma che ebbe certamente un grande impatto allora e certamente conseguenze sociopolitiche rilevanti.   
Tornando ad eventi più recenti, un’altra notizia recentissima apre un ulteriore squarcio nelle tenebre che circondano la presunta trattativa Stato-Mafia (per la cronaca sempre in questi ultimi giorni è stato ufficializzato che l'ex comandante del Ros Mario Mori, già sotto processo a Palermo è ora accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa), che potrebbe essere l’atto fondativo di questa Seconda Repubblica. La notizia, raccontata forse sottovoce da gran parte dei media, è che il capitano dei carabinieri Antonello Angeli che il 17 febbraio del 2005 diresse la perquisizione nella villa di Massimo Ciancimino, sul lungomare dell’Addaura, si lasciò clamorosamente sfuggire il “papello” di Totò Riina, il documento che proverebbe la trattativa Stato-Mafia. [7]
Sulla trattativa Stato-Mafia, il Pm Ingroia, sempre ai microfoni di Barlettalife [6], ha dichiarato: “E’ noto ormai che ci sono indicazioni relative al coinvolgimento di altri responsabili delle stragi di Falcone e Borsellino che vanno al di là di Cosa Nostra (forse anche nei Servizi Segreti). Non è un’indagine campata in aria; ha trovato alcune conferme […] ma ancora ci vuole molto lavoro.”
Come leggere tutti questi eventi che spesso celano ipotesi (e solo ipotesi allo stato attuale, è bene ribadirlo) a dir poco sconvolgenti? In un alone di mistero appare delinearsi un fil rouge che lega i tratti oscuri della storia repubblicana, un filo rosso fatto di frequenti e decisivi interventi dei Servizi o altri apparati deviati dello Stato in momenti cruciali della vita politica del Paese, a partire dagli albori della Repubblica, dal lontano 1947 di Portella della Ginestra. Il tempo ci consegnerà la verità (o forse solo un’altra verità): si spera solo di non dover attendere altri 60 anni.








[7] http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/30/il-papello-nascosto/74382/

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