sabato 23 aprile 2011

ONESTÀ ATOMICA E BALLE NUCLEARI

La coerenza del Governo e la paura dei referendum
DALL’ITALIA – A Natale sono tutti più buoni. E a Pasqua? Pure. Deve essere per questo che il Governo ha deciso di cambiare repentinamente rotta per quanto riguarda il ritorno al nucleare. Come folgorati sulla via di Damasco, l’attuale maggioranza parlamentare e i ministri che ne sono espressione, si sono accorti improvvisamente preoccupati della nostra salute e hanno annunciato un apparente dietrofront nella reintroduzione delle centrali nucleari in Italia. Come mai questa decisione a sorpresa? [1]
Forse davvero si tratta di un dono pasquale; forse davvero i nostri governanti hanno sperimentato una rapida conversione del cuore: Silvio Berlusconi, per esempio, nella lettera inviata il Venerdì Santo al Cardinale Tarcisio Bertone, ha “ricordato” come  la Santa Pasqua vede l’Italia impegnata nell’assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa. Il Paese si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza”. [2] Come mai siamo passati dalla politica del “fora dai ball” a queste dimostrazioni di affetto? Con quale coraggio il nostro Paese può vantarsi della propria generosità nei confronti dei migranti, dopo la strage del 4 aprile scorso in cui sono morte annegate quasi 300 persone in prossimità delle nostre coste, nell’indifferenza generale?
Ma torniamo alla questione “nucleare”: non tutti sono disposti a credere alla versione del dono pasquale. C’è chi sospetta che, dietro l’improvvisa svolta, ci sia la paura del referendum del 12 e 13 Giugno: secondo Rossella Miracapillo del Movimento Consumatori “Il movimento che ha portato alla firma di 1 milione 400 mila persone fa paura al governo”, mentre secondo Susanna Camusso, segretaria Cgil, “Questa modalità di inventarsi un emendamento all’ennesimo omnibus per non far pronunciare gli elettori è lesiva della democrazia”. [3]
Procediamo con ordine e cerchiamo di capire la portata di questo intervento last minute da parte del Governo. L’emendamento in questione, relativo al decreto legge omnibus approvato dal Senato  il 20 aprile scorso, afferma che "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche […] non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". Ma quanto dureranno questi studi scientifici? Teoricamente tali studi potrebbero protrarsi all’infinito: è evidente che, a un certo punto, qualcuno (il Governo) dovrà mettere la parola “fine”, ritenendosi soddisfatta dei risultati ottenuti. Cosa accadrà allora? Quale ostacolo legislativo potrà eventualmente impedire a questi signori di veder spuntare in Italia le famigerate centrali?
Il punto è anche un altro: può davvero questo breve emendamento impedire lo svolgimento del referendum a poco più di un mese dalla chiamata alle urne? Secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti, applicando la sentenza 68/1978 della Corte Costituzionale [4], questa modifica legislativa, che piove dal cielo nel corso del procedimento referendario, non può impedire lo svolgimento del referendum a meno che non si riconosca che l’emendamento in questione  non colpisca i principi ispiratori della legge preesistente. Insomma, banalizzando ulteriormente il concetto, se non si fa una legge che dica che il ritorno al nucleare non rientra nei piani del Governo, nel modo più assoluto, il referendum resta vivo e vegeto. Alessandro Pace, docente di diritto costituzionale e curatore dei quesiti per l’Idv afferma infatti: “O il governo cancella in tutto e per tutto il nucleare dal futuro italiano, o noi andiamo avanti”. [3]
Aldilà dei cavilli giuridici, ciò che vien immediatamente in mente a qualsiasi cittadino informato è: perché il Governo ha cambiato rotta soltanto ora? Non molto tempo fa, il premier dichiarava “dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell'energia rinnovabile e nel nucleare” [5] e definiva il nucleare “la forma di produzione più sicura, più ecologicamente corretta tra le forme di energia” [6]. Ma se si era certi della sicurezza del nucleare, a cosa servono ora le ulteriori evidenze scientifiche? Confrontando le dichiarazioni e le scelte di allora e la svolta repentina di questi giorni emerge un’evidente incoerenza e un’onestà intellettuale minuscola, atomica per l’appunto.
Si dirà, è vero, ma tra quelle dichiarazioni e quelle di oggi c’è di mezzo la catastrofe di Fukushima che ha mostrato i rischi di una tecnologia tutt’altro che sicura. A parte il fatto che anche all’indomani del disastro, il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto dichiarò “la posizione rimane quella che è, non è che si può cambiare ogni volta”, resta da spiegare in che modo la catastrofe abbia indotto ad un cambio di strategia, su cui si sarebbe potuto e dovuto riflettere attentamente già prima che i rischi del nucleare impressionassero l’opinione pubblica. In altre parole, non si può legiferare sulla base dell’onda emotiva.
Secondo Antonio Di Pietro, “il governo tenta […] di truffare con un colpo di mano i cittadini e evitare il referendum”. Se questo appare evidente a molti, un po’ meno scontata (ma neanche tanto, poi) è la complicità dei media che hanno invaso la stampa nazionale al grido di “il referendum ormai non serve più” [3], cosa palesemente falsa innanzitutto perché, com’è noto, oltre al quesito sul nucleare ci sono altri tre quesiti:
-          due quesiti riguardano l’abrogazione di alcune norme decise dal Governo riguardanti la gestione privata dell’acqua, in particolare le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.
-          il quarto quesito riguarda l’eliminazione della legge del 2010 riguardante il legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale.
Una conferma della tesi del sabotaggio del referendum potrebbe essere rappresentata dalle dichiarazioni, a proposito della privatizzazione dell’acqua, del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, che il 22 aprile ha affermato “Anche su questo tema di grande rilevanza probabilmente sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo“. [3]
La concomitanza in pochi giorni di queste improvvise conversioni fa sorgere un dubbio: e se fosse tutta una trovata per ostacolare il referendum sull’abrogazione del legittimo impedimento?

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