martedì 12 luglio 2011

MALINTESI MODERNI


Si sa che al giorno d'oggi il centro destra è messo un pò alle strette. Il clima non è quello di una volta: basta una sola parola per creare caos tra i nostri amati politici (anche se non tutti sembrano essere davvero preoccupati). Il tutto sotto l'occhio vigile di un nuovo soggetto.

sabato 7 maggio 2011

IL “TESORO” DI PIAZZA LONGOBARDI (PARTE QUINTA)

Chi tace acconsente … e i “cocci” sono i suoi
DA TRANI – La vita politica e culturale, a Trani, sembra il susseguirsi di slanci inaspettati e annunci improvvisi che sembrano per qualche giorno divenire un nodo cruciale per la nostra cittadina, salvo poi svanire col tempo in un vago ricordo, una questione irrisolta che chissà come è andata a finire. Un esempio di questioni rimaste in sospeso, mentre il tempo passa a cancellare i fugaci ricordi dei tranesi, è lo strano caso di Piazza Longobardi.
Ricorderete (speriamo) che qualche mese fa da questo blog, sollevammo la possibilità scavi archeologici in Piazza Longobardi, approfittando dei lavori di risistemazione della piazza, allora appena iniziati, per riscoprire sotto il manto stradale le tracce di un intero antichissimo quartiere soprattutto in relazione alle chiese di S. Maria dell’Annunziata e di S. Toma. Il dibattito cittadino parve accendersi intorno a quella questione in seguito all’intervento del 30 Marzo da parte della Soprintendenza, nella persona della dott.ssa Daniela Tanzella, che contestava l’escavazione di “diciotto buche di un metro di profondità e altrettanto larghe” e dichiarava l’intenzione di “di approfittare di questi lavori da parte del Comune per verificare cosa ci fosse realmente sotto piazza Campo dei Longobardi”. Il sindaco Giuseppe Tarantini ammetteva di essere a conoscenza del tesoro che si nasconderebbe sotto la piazza (era un “segreto di Pulcinella”, disse testualmente), ma non solo non faceva nulla per promuovere la campagna di scavo, anzi accusava la Soprintendenza di “ostruzionismo”, come se a Bari non avessero altro da fare che faro azione di disturbo sulle grandi opere pubbliche che si pongono in atto a Trani (per quale motivo, poi, non si è capito!).  
Nel frattempo, mentre sempre sul nostro blog auspicavamo l’intervento di associazioni culturali, media locali, politici interessati, cittadini attenti al nostro centro storico, sulla vicenda pare piombato un silenzio di tomba, anzi di cripta …, roba da mettere paura pure allo spensierato Pulcinella. Chi tace acconsente, evidentemente: dobbiamo dedurre che nessuno di tutti questi soggetti ha a cuore le sorti del nostro centro storico? Su tutti i media tranesi presenti in rete, la vicenda è totalmente scomparsa anzi in alcuni casi non è proprio comparsa (i tranesi che si informano da questi ultimi siti, probabilmente, leggendo qui stanno strabuzzando gli occhi, ignorando completamente di cosa stiamo parlando). Anche Radiobombo.com, e soprattutto Donato De Ceglie, che aveva per primo raccolto la nostra proposta, paiono essersi zittiti e non hanno seguito l’evolversi della vicenda. Unica piacevole eccezione a questo silenzio è stato il portale Tranilive.it dal quale abbiamo appreso come è andato a finire il famoso sopralluogo della Sovrintendenza che si doveva svolgere l’11 aprile, con riferimento al quale avevamo chiuso il nostro ultimo post sul tema. [1]
Ebbene il sopralluogo si svolse regolarmente con la partecipazione del maresciallo Zitoli dei carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio artistico, del geometra Saverio Pinto, per l’Ufficio Tecnico del Comune di Trani, e di Luigi Gramegna, responsabile del cantiere, e della dott.ssa Daniela Tanzella. Quest’ultima, al termine del sopralluogo, durato solo venti minuti, dichiarò “Non abbiamo potuto verificar nulla, ormai le sedici querce sono state piantate e le buche riempite”. Il tecnico del Comune si era difeso sostenendo che “non hanno scavato oltre i 70 cm”, che sarebbero comunque stati sufficienti alla Soprintendenza per fare le sue verifiche: da notare che da fonti comunali in precedenza si era parlato pubblicamente di scavi di 35 cm e poi di 50 cm; ora siamo giunti a 70 cm e, procedendo di questo passo, probabilmente tra qualche anno arriveremo al centro della Terra!
Gli ispettori si erano recati dunque a Palazzo di Città per esaminare alcuni documenti ed avevano concordato, infine, che in ogni caso i carabinieri del Nucleo Tutela avrebbero fatto partire indagini e che sarebbe stata addirittura coinvolta la Procura per il sospetto che ci sia stata da parte del Comune di omissione d’atti d’ufficio. Insomma, sempre da Tranilive.it del 12 Aprile, apprendevamo che si restava in attesa dell’intervento della magistratura con il rischio che il cantiere fosse messo sotto sequestro. Ovviamente, a distanza di un mese, nessuno si è dato briga di informarsi se quelle indagini si sono concluse, cosa hanno appurato, cosa si è deciso di conseguenza. Un totale disinteresse totalmente inspiegabile considerato che la vicenda pare aver acquisito una rilevanza notevole non solo per l’aspetto storico-culturale che era quello che più ci interessava. [2]
Nel frattempo però, nonostante l’incombere dell’ipotesi del sequestro del cantiere, i lavori non solo proseguono, anzi paiono subire una brusca accelerata. Il 19 aprile sono state poste le prime basole; in sostanza si sta effettuando la pavimentazione della piazza che porterebbe all’ultimazione dei lavori con largo anticipo rispetto alla data di consegna dei lavori che era prevista per il 25 agosto 2011. Una velocità impressionante che porterebbe alla conclusione dei lavori con oltre tre mesi di anticipo rispetto al previsto, prima di quelli in Piazza Quercia che erano iniziati prima: si tratta peraltro di un raffronto improprio, considerato che lì si ricostruivano anche i sottoservizi. [3] Un’accelerazione dei lavori che forse il sindaco definirebbe “veramente singolare”, come “veramente singolare” ebbe a definire l’”ansia” dei cittadini nel riscoprire un pezzo del proprio centro storico, in una conferenza stampa del 6 aprile scorso. Se quel semplice interessamento provocò allora l’evidente stizza del primo cittadino, forse si sarà placata ora che il “segreto di Pulcinella” è tornato nel cassetto dove sono riposte le cose che tutti sanno, ma evidentemente nessuno ha il coraggio di dire. [4]
Come per giustificare la tesi di una Soprintendenza “ostruzionista” e “sprecona”, il mese scorso dall’Amministrazione Comunale si tirò fuori a sorpresa l’esempio degli scavi archeologici compiuti nel 2006 a Lido Marechiaro, in cui si sarebbero rinvenuti dei presunti “cocci” di natura non precisata. Nel frattempo, anche in questo caso (dispiace sottolinearlo), non sono state forniti ulteriori dettagli su quella campagna di scavi, né alcuno ha ritenuto doveroso chiedere conto all’Amministrazione o alla Sovrintendenza in cosa siano consistiti esattamente quei ritrovamenti e su dove si trovino oggi. Evidentemente “i cocci sono i loro” e nessuno vuole disturbare.
Tornando a Piazza Longobardi, negli ultimi giorni i lavori di sistemazione del sito sono tornati a far parlare di sé in seguito alla decisione dei condomini dell’edificio adiacente a Palazzo Vischi di citare in giudizio il Comune per i danni causati dalla mancanza di manutenzione dell'ala di proprietà comunale (in piena emergenza igienico-sanitaria) [5] e soprattutto in seguito alle proteste di commercianti e residenti della zona che sono indignati per l’aspetto che assumerà la piazza. Nessun riferimento (per carità!) alla possibilità di eseguire scavi archeologici e, men che meno, al rischio di sequestro del cantiere (eventualità che farebbero probabilmente saltare completamente il progetto dei lavori). Ciò che causa indignazione, a ragione (a nostro modesto parere), è che la nuova piazza congiungerà completamente palazzo Vischi (l’ex biblioteca) con l’edificio opposto, lasciando senza sbocco le due stradine, via Campanile e via Annunziata (chissà perché si chiama così?), che collegano le due arterie del centro storico, via Mario Pagano e via Ognissanti.  Finiti i lavori, sembrerà di essere a Berlino prima della caduta del muro” riassume Dino De Marinis, vicepresidente dell'associazione Cta di Trani, che ha aggiunto “L'amministrazione ha cambiato le carte in tavola, decidendo per una chiusura drastica del sito”. Eh si, perché inizialmente i lavori prevedevano, per quanto ci è dato sapere, di lasciare aperto almeno il varco di Via Annunziata, come conferma il cartellone che descrive i lavori, a meno che il progettista non abbia lasciato disegnare quell’immagine ad un bambino. 
Secca la smentita dell’assessore ai lavori pubblici, Piero Di Savino: “Non c'è stata nessuna variazione rispetto al progetto iniziale. […] Non volevamo creare più il girotondo di auto a cui eravamo abituati. Quel sito deve essere pedonale in tutto e per tutto”. Mettiamo per un attimo da parte che l’abolizione di quello che l’assessore definisce “girotondo” costituirà un problema di viabilità non indifferente, non solo per commercianti e residenti della zona. Non si capisce per quale ragione, pure prevedendo la pedonalizzazione dell’area (ipotesi che potrebbe essere condivisibile), si renda necessaria la “chiusura” di due strade che potrebbe essere percorse solo in determinate ore della giornata, solo in determinati giorni, magari solo dai residenti o solo dai mezzi di emergenza. Ed infine, se i lavori prevedevano questa assurda configurazione dall’inizio, perché i cittadini sono stati “raggirati” con un’immagine “sbagliata” fino da ora? Dovevamo venire a conoscenza di questa bruttura solo dinanzi al fatto compiuto? [6]
Un motivo in più, insomma, per sperare che la Sovrintendenza, seppure in colpevole ritardo, abbia la possibilità di disporre scavi per restituire ai tranesi un pezzo di storia e di centro storico.

P.S. Proprio in giornata, mentre scriviamo questo post, leggiamo dai media locali sul web un comunicato scritto da Cosimo Nenna della Fds che torna a rioccuparsi del caso di Piazza Longobardi ricordando come “sotto la piazza vi siano i resti della cripta dell’antica chiesa dell’Annunziata demolita ai primi dell’800” e che nei primi anni Ottanta “quasi trent’anni fa, quando furono rifatte la pensilina e le caditoie per lo scolo delle acque, tutti i reperti venuti alla luce, in gran segreto e in fretta e furia furono raccolti e portati al Museo Diocesano, forse per evitare l’intervento proprio dell’ente che tutela i beni storici”. [7] Speriamo che anche altri soggetti vogliano contribuire a ricostruire cosa è avvenuto 30 anni fa e a sollecitare, oggi, adeguati scavi archeologici.

sabato 23 aprile 2011

ONESTÀ ATOMICA E BALLE NUCLEARI

La coerenza del Governo e la paura dei referendum
DALL’ITALIA – A Natale sono tutti più buoni. E a Pasqua? Pure. Deve essere per questo che il Governo ha deciso di cambiare repentinamente rotta per quanto riguarda il ritorno al nucleare. Come folgorati sulla via di Damasco, l’attuale maggioranza parlamentare e i ministri che ne sono espressione, si sono accorti improvvisamente preoccupati della nostra salute e hanno annunciato un apparente dietrofront nella reintroduzione delle centrali nucleari in Italia. Come mai questa decisione a sorpresa? [1]
Forse davvero si tratta di un dono pasquale; forse davvero i nostri governanti hanno sperimentato una rapida conversione del cuore: Silvio Berlusconi, per esempio, nella lettera inviata il Venerdì Santo al Cardinale Tarcisio Bertone, ha “ricordato” come  la Santa Pasqua vede l’Italia impegnata nell’assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa. Il Paese si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza”. [2] Come mai siamo passati dalla politica del “fora dai ball” a queste dimostrazioni di affetto? Con quale coraggio il nostro Paese può vantarsi della propria generosità nei confronti dei migranti, dopo la strage del 4 aprile scorso in cui sono morte annegate quasi 300 persone in prossimità delle nostre coste, nell’indifferenza generale?
Ma torniamo alla questione “nucleare”: non tutti sono disposti a credere alla versione del dono pasquale. C’è chi sospetta che, dietro l’improvvisa svolta, ci sia la paura del referendum del 12 e 13 Giugno: secondo Rossella Miracapillo del Movimento Consumatori “Il movimento che ha portato alla firma di 1 milione 400 mila persone fa paura al governo”, mentre secondo Susanna Camusso, segretaria Cgil, “Questa modalità di inventarsi un emendamento all’ennesimo omnibus per non far pronunciare gli elettori è lesiva della democrazia”. [3]
Procediamo con ordine e cerchiamo di capire la portata di questo intervento last minute da parte del Governo. L’emendamento in questione, relativo al decreto legge omnibus approvato dal Senato  il 20 aprile scorso, afferma che "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche […] non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". Ma quanto dureranno questi studi scientifici? Teoricamente tali studi potrebbero protrarsi all’infinito: è evidente che, a un certo punto, qualcuno (il Governo) dovrà mettere la parola “fine”, ritenendosi soddisfatta dei risultati ottenuti. Cosa accadrà allora? Quale ostacolo legislativo potrà eventualmente impedire a questi signori di veder spuntare in Italia le famigerate centrali?
Il punto è anche un altro: può davvero questo breve emendamento impedire lo svolgimento del referendum a poco più di un mese dalla chiamata alle urne? Secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti, applicando la sentenza 68/1978 della Corte Costituzionale [4], questa modifica legislativa, che piove dal cielo nel corso del procedimento referendario, non può impedire lo svolgimento del referendum a meno che non si riconosca che l’emendamento in questione  non colpisca i principi ispiratori della legge preesistente. Insomma, banalizzando ulteriormente il concetto, se non si fa una legge che dica che il ritorno al nucleare non rientra nei piani del Governo, nel modo più assoluto, il referendum resta vivo e vegeto. Alessandro Pace, docente di diritto costituzionale e curatore dei quesiti per l’Idv afferma infatti: “O il governo cancella in tutto e per tutto il nucleare dal futuro italiano, o noi andiamo avanti”. [3]
Aldilà dei cavilli giuridici, ciò che vien immediatamente in mente a qualsiasi cittadino informato è: perché il Governo ha cambiato rotta soltanto ora? Non molto tempo fa, il premier dichiarava “dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell'energia rinnovabile e nel nucleare” [5] e definiva il nucleare “la forma di produzione più sicura, più ecologicamente corretta tra le forme di energia” [6]. Ma se si era certi della sicurezza del nucleare, a cosa servono ora le ulteriori evidenze scientifiche? Confrontando le dichiarazioni e le scelte di allora e la svolta repentina di questi giorni emerge un’evidente incoerenza e un’onestà intellettuale minuscola, atomica per l’appunto.
Si dirà, è vero, ma tra quelle dichiarazioni e quelle di oggi c’è di mezzo la catastrofe di Fukushima che ha mostrato i rischi di una tecnologia tutt’altro che sicura. A parte il fatto che anche all’indomani del disastro, il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto dichiarò “la posizione rimane quella che è, non è che si può cambiare ogni volta”, resta da spiegare in che modo la catastrofe abbia indotto ad un cambio di strategia, su cui si sarebbe potuto e dovuto riflettere attentamente già prima che i rischi del nucleare impressionassero l’opinione pubblica. In altre parole, non si può legiferare sulla base dell’onda emotiva.
Secondo Antonio Di Pietro, “il governo tenta […] di truffare con un colpo di mano i cittadini e evitare il referendum”. Se questo appare evidente a molti, un po’ meno scontata (ma neanche tanto, poi) è la complicità dei media che hanno invaso la stampa nazionale al grido di “il referendum ormai non serve più” [3], cosa palesemente falsa innanzitutto perché, com’è noto, oltre al quesito sul nucleare ci sono altri tre quesiti:
-          due quesiti riguardano l’abrogazione di alcune norme decise dal Governo riguardanti la gestione privata dell’acqua, in particolare le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.
-          il quarto quesito riguarda l’eliminazione della legge del 2010 riguardante il legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale.
Una conferma della tesi del sabotaggio del referendum potrebbe essere rappresentata dalle dichiarazioni, a proposito della privatizzazione dell’acqua, del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, che il 22 aprile ha affermato “Anche su questo tema di grande rilevanza probabilmente sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo“. [3]
La concomitanza in pochi giorni di queste improvvise conversioni fa sorgere un dubbio: e se fosse tutta una trovata per ostacolare il referendum sull’abrogazione del legittimo impedimento?

domenica 17 aprile 2011

I POST DELLA SETTIMANA

SILVIO E BETTINO: AMICI PER SEMPRE

Berlusconi e Craxi. Berlusconi è Craxi.
DALL’ITALIA – Al termine della settimana in cui la Camera dei Deputati ha approvato il cosiddetto “processo breve”, anche detto “prescrizione breve” o “processo morto”, che accorcerà i tempi di prescrizione in molti procedimenti, in particolare in quelli di un certo Silvio, è arrivata la puntuale aggressione dello stesso Silvio, di cui sopra, alla magistratura. Il 16 aprile, infatti, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato:  "Molti magistrati seguono la sinistra e hanno un progetto eversivo, così come l'hanno fatto nel '93 facendo fuori i socialisti, la Democrazia Cristiana, i repubblicani e hanno fatto fuori un leader politico come Bettino Craxi, stanno oggi cercando di farlo con Berlusconi". [1] Poi, in riferimento alla fine del suo primo governo nel '94: "Fu un'operazione attuata dai magistrati di sinistra che lanciarono false accuse contro di me e contro l'esecutivo". E’ vero, non è la prima volta che il premier getta fango sulla magistratura e forse siamo assuefatti un po’ tutti alle sue dichiarazioni, sempre meno rispettose del democratico equilibrio tra poteri.
Questa volta, però, forse vale la pena analizzare con più attenzione le pesanti accuse rivolte all’istituzione giudiziaria da parte di Berlusconi, poiché rivelano un parallelismo tra la sua politica e quella dei suoi predecessori della cosiddetta Prima Repubblica, la cui ammissione da parte del premier è tutt’altro che scontata.
Le dichiarazioni degli ultimi mesi di Berlusconi inquadrano in modo esplicito il Cavaliere come erede di Craxi e di un sistema politico, quello della Democrazia Cristiana, che, salvo le due piccole parentesi del governo Prodi, ha governato l’Italia con continuità per oltre sessant’anni. Più a lungo del governo di Gheddafi in Libia. Un Paese in cui il potere si incancrenisce nelle mani di una parte politica così a lungo può ritenersi democratico?
Un altro aspetto interessante delle dichiarazioni di Berlusconi riguarda il suo rapporto conflittuale con Mani Pulite, l’insieme di indagini e procedimenti che consentirono di smascherare Tangentopoli, il sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti che ha attanagliato la Prima Repubblica. [2] Il 10 marzo, a proposito della cosiddetta Riforma della Giustizia (o dell’ingiustizia?), il premier ha dichiarato che se fosse stata introdotta 20 anni fa non avrebbe mai reso possibile il verificarsi dei fatti di Mani Pulite: “Avrebbe evitato l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a  cambiamenti di governo, ad un annullamento della classe dirigente nel ’93″. [3]
Se rapportiamo queste dichiarazioni a quelle rese recentemente dal premier, come quelle del 16 aprile, in cui si accusano le “toghe politicizzate” di essere "in campo per cambiare il voto degli italiani" e "questo, in termini crudi, si chiama eversione" (si chiede addirittura una commissione di inchiesta "per accertare se c'è una associazione a delinquere a fini eversivi nella magistratura"), la condanna di Mani Pulite e la solidarietà espressa ai colpevoli (ladri, concussori e corruttori) di Tangentopoli appaiono perfettamente coerenti. [4]

Ma se confrontiamo queste recenti dichiarazioni con quelle rese da Berlusconi nell’ormai lontano 1994, quando annunciò la sua “discesa in campo”, appare un’evidente incoerenza. Dal Corriere della Sera del 23 febbraio 1994, leggiamo che in un interevento al Maurizio Costanzo Show,  sollecitato dai giornalisti che gli chiedono se il giudice Di Pietro potrebbe essere un buon ministro della giustizia Berlusconi risponde: "Perchè no?". [5] Dal Corriere della Sera dell’8 maggio 1994 invece leggiamo che Antonio Di Pietro, che allora era “il giudice più amato dagli italiani”, rifiutò seccamente il ruolo di ministro degli Interni offertogli in un incontro con Berlusconi nello studio dell'avvocato Previti, nonostante “due ore di appelli, di lusinghe”. [6] Tali offerte allora non furono per nulla motivo di scandalo poiché perfettamente coerenti con le dichiarazioni del Cavaliere che, in quel periodo, cercò (con successo) di cavalcare l’onda emotiva dei cittadini in contrasto con le ruberie della vecchia classe dirigente. Come ha scritto Pino Corrias su ”Il fatto quotidiano”, “se non ci fosse stata Mani Pulite probabilmente non ci sarebbe neppure stata la sua epocale, ma anche tragica avventura (per lui e per noi)”. [7] In altre parole, Berlusconi si avvantaggiò enormemente di Tangentopoli per proporre, in alternativa al vecchio sistema, un modello politico nuovo.
Che poi “nuovo” non era per niente. E di ciò ci si poteva rendere conto anche allora, considerando, se non altro gli stretti rapporti che legavano il futuro premier, Silvio Berlusconi, al vecchio Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, noto latitante, pluricondannato per reati concernenti la corruzione ed il finanziamento illecito al PSI. [8] Nel 1984, attraverso tre decreti, il Decreto Berlusconi, il Decreto Berlusconi bis e Decreto Berlusconi Ter, il Governo Craxi permise che le tre TV private del gruppo Fininvest trasmettessero su tutto il territorio nazionale (cosa fino ad allora non consentita). [9] Insomma il grande successo di Fininvest (oggi Mediaset), è da imputare a tre decreti ad personam, per così dire ante litteram: che pare di stare a leggere Cicerone, ed invece, ahimè, stiamo sempre parlando di Silvio e dei suoi affari!
E d’altronde, sempre per evidenziare i rapporti tra Berlusconi e Craxi, come non ricordare che Berlusconi fu condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione, in primo grado, per le tangenti (22 miliardi di lire secondo l’accusa, di cui 10 miliardi accertati) versate al Psi dell’amico Bettino fino al 1992. E’ il cosiddetto processo “All Iberian 1”. In Cassazione, si decise per il proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato. [10]
A proposito di Berlusconi e di Mani Pulite, va anche detto che le ultime indagini del pool milanese furono proprio quelle su Silvio e Paolo Berlusconi e sull’azienda di famiglia. A tal proposito non serve aggiungere commenti alle dichiarazioni di Fedele Confalonieri, che da sempre ruoli di responsabilità nelle aziende di Berlusconi (oggi è presidente Mediaset): Senza la politica saremmo finiti sotto a un ponte o in galera con l’accusa di mafia”. [7]
Insomma, con le ultime dichiarazioni, Berlusconi getta definitivamente la maschera, per sottolineare la sua sostanziale continuità con il sistema di Tangentopoli e con Bettino Craxi. Si riconosce esplicitamente che il suo avvento era solo in apparente rottura con la vecchia classe dirigente, mentre in realtà si trattava dell’ennesima “operazione Gattopardo”, tipica della politica italiana degli ultimi 60 anni (e forse più): “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Quale sarà la prossima?

LA VUOI UNA CENTRALE SOTTO CASA? GIA’ FATTO, TROPPO TARDI…

Altro colpo a sorpresa dell’amministrazione: pronto il progetto per le biomasse

DA TRANI - Della possibile apertura della cementeria a Trani ne abbiamo già parlato in un precedente post. Pochi mesi dopo il progetto di apertura di un altro impianto è all’orizzonte: si parla, infatti, di attivare nel nostro territorio, probabilmente sempre nella zona di via Andria, una centrale a biomasse. Ad intervenire in merito è, come al solito, Legambiente, la quale, in un comunicato, denuncia  “il festival delle incongruenze tecniche, giuridiche ed ambientali” che si rilevano nell’analisi del parere favorevole alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) da parte della provincia di Barletta-Andria-Trani. La valutazione, presentata dalla Green Energy Solutions s.r.l. per il Comune di Trani, non convince gli ambientalisti. La stessa Legambiente si dichiara incredula nel leggere come nel lontano novembre 2009 il comune, tramite il sindaco Giuseppe Tarantini, aveva espresso parere positivo alla realizzazione dell’impianto. Come al solito, la cittadinanza è stata totalmente esclusa da un possibile dibattito riguardante, comunque, un tema vicino alla salute di tutti, venendo posta di fronte al fatto compiuto [1]. Già all’epoca dell’accordo siglato tra comune di Trani e i Matarrese sull’apertura della cementeria, i tranesi seppero di tale eventualità solo dopo che tale accordo fu sottoscritto. Allora seguirono riunioni con gli agricoltori, con le associazioni ambientaliste, proteste e raccolta firme che hanno indotto, per ora, i nostri amministratori ad abbandonare il progetto. La storia pare ripetersi.
In tal caso trattasi di centrale a biomasse per la produzione di energia. Le biomasse rientrano nelle fonti rinnovabili: si bruciano materiali di origine organica, vegetale o animale, che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione. Queste centrali, su cui la Unione Europea intende investire al pari dell’eolico, inquinano molto meno rispetto agli inceneritori, ma non mancano comunque aspetti negativi. Come spiega lo scienziato Stefano Montanari, esperto di nanopatologie, compiendosi, comunque, una combustione si immettono in atmosfera residui, sotto forma di particelle e polveri, nocivi per la salute. Tuttavia, questo tipo di fonte, unitamente al solare o all’eolico, non è da sottovalutare, sempre a patto che gli effetti sulla salute siano tollerabili e i vantaggi economici accettabili [2].
Comunque, in questo post non vogliamo schierarci pro o contro la centrale a biomasse, né entrare troppo in aspetti tecnici, ma dare un giudizio sul modo di procedere della nostra amministrazione. Come già accennato precedentemente, nessuno era a conoscenza di questa decisione. La valutazione d’impatto ambientale è arrivata sui banchi della provincia, saltando completamente quelli comunali. Non ci pare che per discutere di questo progetto siano stati celebrati Consigli Comunali ad hoc o, ben che meno, si siano realizzate discussioni o forum aperti alla cittadinanza.
Secondo la direttiva D.Lgs 29/12/2003 n 387, "La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento[…], nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione. Ma non solo, la normativa, oltre ad evidenziare il necessario rispetto della tutela ambientale e paesaggistica, ritiene essenziale il rapporto con la cittadinanza, con coloro che subiscono la modifica della morfologia dei luoghi, rilevante considerando le grandi dimensioni di questi impianti. Inoltre, il VIA garantisce, per tutti gli interessati, il diritto di conoscere in anticipo le conseguenze della loro realizzazione [3]. Insomma, il parere e l’informazione dei cittadini risultano essere imprescindibili, come anche l’attenta valutazione dell’impatto sul territorio. Nel caso di Trani, pare che i nostri amministratori si accaniscano contro la zona industriale di via Andria, già messa a dura prova dalla discarica AMIU. Anni fa il termovalorizzatore Ecoerre, pochi mesi fa la cementeria, oggi la centrale a biomasse. Ancora una volta, siamo qui a chiederci se siamo disposti a barattare quei pochi posti di lavoro (eventualmente riservati ai tranesi), che una centrale può garantire, con la nostra salute. Ci si chiede ancora una volta come questa politica possa incidere in maniera positiva sulla vocazione turistica della nostra città, sbandierata a destra e a manca dai nostri amministratori. Questo tema si intreccia anche con la poca attenzione che i nostri politici (spinti, forse, da interessi vari) rivolgono all’ambiente. Poco verde, sempre più traffico e cemento. Per non parlare dell’assenza nella nostra città delle centraline per il monitoraggio dell’aria, di cui ci siamo già occupati qualche mese fa. Sembra quasi che per la nostra città si preferisca uno sviluppo diverso da quello turistico. Aggrapparsi al maggior numero di posti di lavoro che le industrie possono mettere a disposizione va ormai di moda, tanto che, all’epoca della discussione sulla cementeria, le opposizioni denunciavano il fatto che l’amministrazione stava mettendo in atto un vero e proprio "ricatto del lavoro". Lo sviluppo della nostra città, al contrario, non può discostarsi dal turismo e dalle attività come agricoltura e artigianato, su cui si è sempre basata la nostra economia. Né si può pensare che tale sviluppo si possa avere solo aprendo aziende e grandi impianti. L’ulteriore problema è che chi ci governa pare non abbia ancora chiaro che strada intraprendere, se è vero che in qualche anno si è passato dal termovalorizzatore alla centrale a biomasse, passando per la cementeria. Il che è reso ancora più grave dalla già ricordata totale mancanza di dibattito e partecipazioni della cittadinanza. Resta comunque positivo il fatto che si è passati da impianti altamente inquinanti ad uno che, in teoria, ha minor impatto sull’aria. Ma, comunque, anche dal punto di vista economico, non crediamo che tali impianti siano convenienti per le nostre casse. Anche perché, nel caso delle centrali a biomasse, non bisogna sottovalutare i costi di approvvigionamento e trasporto del combustibile. Le biomasse, infatti, non sono disponibili tutto l’anno in quanto la maggior parte deriva da colture stagionali e anche il legno, in teoria sempre disponibile, di solito viene tagliato in inverno. Perciò tali impianti hanno bisogno di estese aree per lo stoccaggio dei materiali. Un’eventuale apertura, quindi, sottrarrebbe al nostro territorio una vasta area di agro, con cospicui costi per gli espropri. Inoltre, volendo dedicare i terreni vicini a coltura di biomasse, occorrerebbero svariati ettari, anche considerando il fatto che il potere calorifico delle biomasse è circa la metà di quello garantito, ad esempio, dal carbone [4].
A questo punto, perché non investire in forme di energia totalmente pulite come l’eolico, il geotermico e il solare? Perché non cavalcare l’onda del primato che la nostra Regione detiene in Italia sugli impianti fotovoltaici? Grandi produzioni di energia a basso costo. Per non parlare dei finanziamenti che un tale progetto può portare. Il problema è sempre il solito: in un Paese dove gli interessi economici privati vengono prima di tutto, in un Paese dove si preferisce il nucleare all’energia pulita, in un Paese dove è quasi inesistente l’informazione su queste tematiche risulta difficile investire e portare avanti progetti all’avanguardia, che porterebbero l’Italia a una totale indipendenza energetica.  Anche perché il sole e il vento certo non ci mancano.