domenica 27 febbraio 2011

ITALIA E LIBIA: DUE NOMI, QUASI UN UNICO STATO


La particolare gemellanza tra i due stati nell’ultimo mezzo secolo
DALL'ITALIA E DAL MONDO - Gheddafi ha accompagnato la storia dell’Italia nell’ultimo mezzo secolo: il colonnello prendeva il potere, facendo cadere la monarchia del re Idris, nel 1969, nell’anno in cui in Italia esplodeva la bomba di Piazza Fontana che inaugurava un decennio di stragi e terrore. Il regime dittatoriale instaurato da Gheddafi emanò misure restrittive nei confronti degli italiani che vivevano sul territorio libico: ad ottobre del 1970 decine di migliaia di italiani furono privati di ogni possedimento e in memoria di quell’evento, ogni anno il regime celebrò il giorno della vendetta. E’ evidente che si trattava di un atto di forza, teso a dimostrare al popolo libico come il proprio leader fosse in grado di sfidare l’antico invasore straniero. In realtà sottobanco si tessevano stretti rapporti con il nostro paese: in più di un’occasione, come vedremo, l’Italia difese in vario modo il leader libico per quanto Gheddafi fosse accusato di aver organizzato degli attentati in Sicilia, Scozia e Francia dall’intelligence degli USA, oltre che di aver sostenuto gruppi terroristici in Irlanda e in Spagna. Se non vi sembra vero, ecco alcuni esempi. [1]
Il 15 aprile 1986 gli Stati Uniti disponevano un ingente bombardamento in cui avrebbe perso la vita una delle figlie adottive del colonnello; Gheddafi, invece, riusciva a salvare la pelle grazie ad un tempestivo avvertimento dell’allora Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi. A sostenerlo la prima volta era stato nel 2003 il senatore dello Sdi Cesare Marini; a confermarlo ha provveduto nel 2008 il ministro degli Esteri libico Mohammed Abdel-Rahman Shalgam che ha dichiarato: “Non credo di svelare un segreto se annuncio che il 14 aprile dell'86 l'Italia ci informò che ci sarebbe stata un'aggressione americana contro la Libia”. Seguì poi la conferma dell’allora ministro degli Esteri italiano Giulio Andreotti che ha confessato: “Io ritengo di sì, l'avvertimento ci fu. […] Fu un'iniziativa improvvida, un errore di carattere internazionale”. [2]
Più oscuro, ma forse solo apparentemente, è rimasto invece il rapporto tra Italia e Libia, che pure c’è stato, nel doloroso episodio della strage di Ustica, in quel terribile 27 giugno 1980 in cui l’aereo di linea DC-9 esplose in volo e si inabissò portando con sé ottantuno persone, di cui tredici bambini. Cosa c’entra la Libia con la strage di Ustica? E’ presto detto.  Innanzitutto sono accertate in quel periodo penetrazioni dello spazio aereo italiano da parte di aerei militari libici; a conferma di ciò vi fu il ritrovamento 20 giorni dopo la strage di un Mig libico precipitato a Castelsilano, nella Sila Crotonese. A tal proposito si istituì subito una commissione militare mista italo-libica, nominata dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, la quale precisò che il Mig sarebbe precipitato il giorno stesso del ritrovamento e quindi successivamente all’evento di Ustica: tale versione è stata però messa in discussione dal giudice Priore, che condusse le indagini conclusesi nel 1999, anche sulla base dell’avanzato stato di decomposizione del cadavere del pilota. Ma se l’Aeronautica Militare mentì, cosa voleva nascondere? [3] Il 24 maggio 2010 il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, recentemente scomparso, affermò che un aereo francese si era messo sotto il Dc9, per non essere intercettato dal radar dell'aereo libico ... che stava trasportando Gheddafi. Ad un certo punto lancia un missile per sbaglio, volendo colpire l'aereo del presidente libico”. [4] Lo stesso Gheddafi nel 2003 dichiarava al suo popolo: “Gli americani erano sicuri che io fossi a bordo di quell'aereo e per questo lo buttarono giù”. Il giudice Priore avrebbe accertato che: “Secondo una fondata ipotesi, emersa già nel corso della nostra inchiesta e rafforzatasi in seguito, sembra che il bersaglio fosse proprio un aereo in cui viaggiava Gheddafi”. Ma, a differenza di quanto affermato da Cossiga e da Gheddafi, il giudice ritiene che l’aereo che viaggiava sotto la pancia del DC-9 doveva scortare Gheddafi, che si salvò e tornò indietro perché avvertito del pericolo probabilmente dai servizi segreti italiani, che avevano un rapporto privilegiato con la Libia. Quel che è certo è che l’aereo che viaggiava coperto dal DC-9 scampò all’attacco e si allontanò a tutta velocità: uno degli addetti agli schermi radar della base di Marsala, che aveva seguito tutta la scena, qualche istante prima della strage esclamò: “Questo adesso mette la freccia e sorpassa”. [5]
Insomma, anche in quel caso, pare che l’Italia abbia aiutato il dittatore libico. E non basta. Nel 2004, pare che un’azione congiunta di servizi segreti, tra cui l’americana CIA e il Sismi italiano, individuò una nave che trasportava la prova che Gheddafi possedeva un arsenale di armi di distruzione di massa, ma invece di rendere pubblica la scoperta, Stati Uniti e Italia, posero a Gheddafi un ultimatum che questi accettò. [1]
Ma perché l’Italia ha avuto interesse, a quanto pare, a coltivare un’amicizia con una sanguinaria dittatura come quella di Gheddafi? Quasi certamente le ragioni sono di natura economica. Ecco alcuni esempi del legame economico tra Italia e Libia che, anche in questo caso, sembrano un unico stato.
Appena giunto al potere, Gheddafi decide la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, ma mentre le compagnie americane sono costrette di fatto ad abbandonare Tripoli, l'Eni riesce a intavolare rapporti cordiali con il nuovo potere libico. Per difendere le sue proprietà minerarie l'Eni accetta di cedere il 50% di tutti i suoi giacimenti alla Noc, la società petrolifera di Stato libica, che ottiene un pagamento dilazionato in cinque anni senza interessi. Le trattative avvennero con la regia di Giulio Andreotti. Oggi affluiscono dalla Libia oltre 9 miliardi di metri cubi di metano. [6]
Il ruolo dell’Eni nella politica estera italiana veniva, tra l’altro, riconosciuto anche dall’incaricata d'affari americana a Roma Elizabeth Dibble che, nei cablogrammi pubblicati da Wikileaks, afferma che l’Eni "spesso appare dettare la politica energetica del governo italiano”, in riferimento, in quel caso, agli affari Eni-Gazprom, tra Italia e Russia.
Anche Gheddafi, inoltre, non ha disdegnato di investire le sue risorse in Italia. La Società nazionale per gli investimenti (Sni) libica detiene il 2,6% per cento delle azioni della banca Unicredit, il 2% di Finmeccanica e il 7% della Juventus Football Club. Gli interessi nel calcio del colonnello sono condivisi anche dal terzo figlio, Al-Sa'adi Gheddafi, che come qualcuno ricorderà ha giocato in Serie A con il Perugia, esordendo in un incontro contro la Juventus, e ha militato, sempre in Serie A, anche con l'Udinese e la Sampdoria. [1]
La Lafico (Libyan Arab Foreign Investment Company), invece,  ha oggi poco meno del 2% della Fiat (i rapporti tra Tripoli e la casa automobilistica torinese risalgono al 1976). [7] Nel 2009 inoltre vi fu un incontro a Palazzo Grazioli tra i principali esponenti degli investitori libici con le autorità italiane e i vertici di Mediobanca assegnando a quest' ultima il ruolo di advisor principale per lo sbarco in Italia. [8]
Inoltre il fondo LIA (Libyan Investment Authority) possiede l’1 per cento di Eni, il 26 per cento di Olcese, un’azienda tessile. Infine la LPTITC  (Lybian Post Telecommunications Information Technology Company) controlla il 14,798 per cento del gruppo ed è il primo azionista di Retelit, l’azienda di telecomunicazioni che nel 2008 ha vinto il bando per l’assegnazione delle frequenze WiMax in dieci regioni d’Italia. [9]
Tutti questi interessi commerciali incrociati tra Italia e Libia potrebbero essere alla base dell’accoglienza riservata a Gheddafi nelle sue visite in Italia nel giugno 2009, nel novembre 2009 e nell’agosto 2010: nell’ultimo incontro il colonnello organizzò alcuni dibattiti su Islam e Corano a circa cinquecento ragazze hostess, regolarmente stipendiate per la presenza. [1] E d’altronde cos’altro ci si poteva attendere dal maestro del bunga-bunga?
A dimostrazione di quanto l’Italia fosse affezionata allo spietato dittatore libico, nel maggio 2009. il consiglio della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Sassari approvò una proposta formale d'assegnare una laurea honoris causa in giurisprudenza al colonnello Gheddafi. [1] Incredibile davvero! In occasione di una delle visite del colonnello, Berlusconi disse: Riconosco nel leader libico una profonda saggezza”, sottolineando di essere legato al colonnello da “vera e profonda amicizia coltivata in questi ultimi quindici anni”. [10] Anche queste dichiarazioni sono sintomatiche di un rapporto speciale tra i due stati. Insomma con la fine di Gheddafi dobbiamo dire addio anche ad una parte di Italia. Finalmente.

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