giovedì 30 dicembre 2010

LA SICUREZZA NON E' IN VENDITA


Il volo del tir dalla statale rimette in discussione la sicurezza della zona e del mercato settimanale
DA TRANI - Ancora una volta avverse condizioni meteo hanno messo in crisi la viabilità urbana a Trani. Si è passato dagli allagamenti per le forti piogge autunnali (di cui si è già discusso in un precedente post), al ghiaccio sulle strade, provocato dall'ondata di gelo che ha investito il sud Italia a metà dicembre. Senza dubbio l'evento che ha avuto il maggior risalto sui media, non solo locali, è stato il terribile incidente verificatosi all'altezza dello svincolo “Trani centro” della S.S. 16bis in direzione Bari: un autoarticolato (trasportava pacchi di pasta) proveniente da Foggia, a causa del ghiaccio presente sulla carreggiata, è finito fuoristrada, sfondando il guard rail e finendo giù dal viadotto da un altezza di 10 metri. Fortunatamente il conducente è uscito illeso (ha riportato solo una frattura alla gamba e lievi ferite nel tentativo di scendere dall'abitacolo) e nessun residente è stato coinvolto [1]. Infatti, il tratto di statale in cui si è verificato il misfatto corre su un viadotto vicinissimo alle abitazioni e il volo del tir è terminato proprio in un giardino di una di queste. Le foto riportate e le testimonianze raccolte dagli organi di stampa non lasciano nulla all'immaginazione[2]: il fatto riporta alla luce vecchie discussioni riguardanti la sicurezza su quel tratto di strada e la collocazione del mercato settimanale. Entrambi questi argomenti sembrano passare in secondo piano sui media locali e nazionali, che preferiscono sottolineare ironicamente gli atti di razzia di pacchi di pasta messe in atto da alcuni cittadini: basta, infatti, fare un ricerca di informazioni su questo evento in internet e come risultato si ha una sfilza di titoli ironici, che non mettono certo in bella luce la nostra città.
Il fatto che non ci siano state vittime è straordinario ed è dovuto quasi certamente all'ora in cui l'incidente è avvenuto: erano le 6.30 e i giardini e le rampe di acceso ai garage sottostanti erano deserti. Pensate cosa sarebbe accaduto se l'evento si fosse verificato in pieno giorno, magari mentre una signora stendeva i panni, o mentre una mamma usciva in compagnia dei suoi figli per accompagnarli a scuola o si ritirava dalla spesa quotidiana, o mentre un signore portava a spasso il suo cagnolino. In realtà, tutto ciò si sarebbe potuto evitare (a prescindere dall'orario) se fossero intervenuti mezzi spargisale, che avrebbero evitato la formazione di ghiaccio sull'asfalto: trattasi, infatti, di una strada molto trafficata, oltretutto vicina a un centro abitato. L'intervento doveva essere ancor più tempestivo: ma si sa qui ogni seppur minimo evento straordinario è capace di mandare in tilt tutta la città.
Il ghiaccio è stato il primo fattore a cui si è dato la colpa per questo evento, ma, a prescindere da esso, questo tipo di incidente potrebbe verificarsi anche con condizioni meteo migliori. La verità è che questo tratto di statale taglia la città, passando vicinissimo al centro abitato. Di tutto il tracciato pugliese più moderno della 16bis (anche detto Asse attrezzato, che sostituisce la vecchia statale 16 adriatica, inglobata ormai nelle reti stradali cittadine[3]), quello che attraversa Trani è sicuramente il più vicino all'abitato: scorre, infatti, in zone che negli ultimi tempi hanno avuto forte espansione, come la zona Stadio e la zona Capirro. Certo che costruire palazzi così a ridosso di una strada statale non è stata una scelta virtuosa; come certo non basta porre barriere antirumore o fissare limiti di velocità sul tratto interessato. Chi gestisce  questa rete stradale (l'ANAS) dovrebbe attuare piani importanti di salvaguardia, che mettano in sicurezza la zona, già abbastanza deturpata dalle file di enormi pilastri che sorreggono il viadotto. Non è, infatti, la prima volta che in questo tratto si verificano incidenti più o meno gravi. Come non ricordare i numerosi schianti verificatisi presso l'uscita “Trani centro” in direzione Foggia. Qui, molto discutibilmente, la carreggiata si riduce ad una corsia, in quanto quella di sinistra si trasforma improvvisamente in corsia di decelerazione. Quest'ultima per definizione (art.3 del Codice della Strada) è una “corsia specializzata per consentire l'uscita dei veicoli da una carreggiata in modo da non provocare rallentamenti ai veicoli non interessati a tale manovra”[4]. Nel tratto in esame essa non sembra avere per nulla tale prerogativa: un automobilista che non è della zona si trova di fronte a un caso più unico che raro e deve fare affidamento alla sua prontezza di riflessi per evitare di schiantarsi contro il guard-rail. C'è da dire che nel tempo, dopo alcuni gravi e frequenti incidenti tutti simili tra loro, si è cercato di ovviare con segnalazioni luminose e pannelli catarinfrangenti, ma il problema persiste. Molto discutibile è anche la conformazione delle corsie di ingresso e uscita di quello svincolo: esse sono assai ripide e molto vicine tra loro nella parte terminale, anzi divise solo da un piccolissimo spartitraffico, facilmente valicabile. Insomma una straordinaria opera ingegneristica. Non sarebbe stato meglio deviare un po' il percorso, cercando di allontanarsi dal centro urbano? Evidentemente quando la si realizzò non si previde l'espansione della città proprio in quella direzione.
Ma se il problema sicurezza stradale è molto più complicato da risolvere, quello relativo alla sistemazione della zona mercatale lo si può ovviare più facilmente.
Il mercato settimanale a Trani è stato da pochi anni spostato nella zona Stadio e parte proprio dai pressi della struttura sportiva, a ridosso del viadotto in cui si è verificato l'incidente, per poi svilupparsi lungo via Superga fino alla ex zona 167. Lo spostamento fu dettato dagli enormi disagi che esso provocava nella sua vecchia posizione: si estendeva, infatti, in pieno centro, congestionando, ogni martedì, l'intera zona. Solo cinque anni fa un'ordinanza dell'Amministrazione comunale sospendeva il mercato settimanale, per i seri problemi di sicurezza collegati alla conformazione della zona, quali l'assenza di vie di fuga, l'impossibilità per ogni mezzo di soccorso di addentrarsi nell'area in caso di emergenza, nonché problemi legati ai numerosi operatori e al grande flusso di avventori che si riversavano in quelle strade, per non parlare dei danni alla sede stradale e ai marciapiedi. Nell'ordinanza si sottolineava anche la necessità di attrezzare un altro sito, idoneo anche dal punto di vista urbanistico, ovviamente tenendo conto delle disponibilità economiche delle casse comunali[5]. Il tutto sembrava risolto allorquando si decise di attuare lo spostamento, nonostante le numerose divergenze con le associazioni di categoria: esse infatti consideravano la nuova zona scelta come non appettibile economicamente perchè inserita in un contesto di “di scarsi insediamenti residenziali e inesistenti attività commerciali” e difficilmente raggiungibile a piedi dai cittadini[6]. Non si presero in considerazione anche le lamentele e i commenti di semplici cittadini. Il sito web radiobombo.it riporta una lettera inviata da una residente[7], la quale sottolineava come le uniche vie d'accesso al mercato fossero il passaggio a livello di via Annibale Maria di Francia (con tutti i problemi che esso si porta dietro da tempo) e il vecchio sottopasso del Torrente Antico, visto che all'epoca non era ancora stato realizzato il sottopasso nei pressi del  convento dei Cappuccini. Queste vie d'accesso non erano giustamente considerate sufficienti e si evidenziava la possibilità, tutt'altro che remota, di formazione di ingorghi. Inoltre, l'area mercatale scelta insiste anche su via Di Vittorio, dove si trova la sede degli Operatori Emergenza Radio, che di tutto avrebbero bisogno, tranne che di una strada bloccata da bancarelle e camion. Ma le preoccupazioni legittime dei residenti furono quasi del tutto ignorate e, complice anche l'urgenza di prendere una decisione in merito, il mercato fu spostato nella nuova sede.
Nonostante i toni trionfalistici con cui la giunta comunale commentò il primo giorno di mercato nella nuova sistemazione (basti leggere le prime righe della nota di Palazzo di città[8]), le polemiche sono continuate nel tempo, senza portare a nulla di nuovo. Nel 2009 furono i Verdi a denunciare lo stato delle cose nella zona dell'area mercatale: insufficienza di servizi igenici, mancanza di vie di fuga, sosta selvaggia di veicoli, mancanza di controllo delle forze dell'ordine, presenza di rifiuti a fine giornata[9]. Insomma con lo spostamento i disagi non sembrano essere stati risolti, bensì paiono essere stati spostati solo di qualche km.
Nei giorni scorsi l'ultimo capitolo. Ci voleva un incidente spettacolare si, ma che avrebbe potuto avere effetti catastrofici, per risollevare la “questione mercato”. Alla carica è tornato il Comitato di quartiere Stadio, accompagnato anche da Unimpresa: tutti si chiedono cosa sarebbe successo se l'incidente si fosse verificato di martedì. I residenti e i venditori hanno riproposto le già richiamate lamentele, riguardanti l'opportunità di mantenere in quella zona il mercato settimanale. Il comitato sottolinea come in una riunione di alcuni anni fa con gli organi di governo, si previde proprio questo tipo di incidente, ma tale prospettiva fu bollata come difficilmente realizzabile: cinque anni dopo si è verificato ciò che tutti temevano [10] [11].
Nel frattempo nessuna delle aree a suo tempo proposte è stata predisposta ad ospitare il mercato settimanale. Eppure queste non mancano: basterebbe rendere idonee a tale uso aree come i capannoni Ruggia o il vecchio mercato ortofrutticolo. Il mercato sorgerebbe in una area attrezzata e basterà solo collegarla al centro cittadino tramite bus navetta, servizio già disponibile per l'attuale area mercatale.





venerdì 24 dicembre 2010

TE VOJO BENE ASSANGE

Resoconto di quanto appreso nell’ultimo mese grazie a Wikileaks
DALL'ITALIA E DAL MONDO - Torniamo sulla vicenda Wikileaks e sugli ultimi documenti pubblicati da Julien Assange, il 39enne giornalista australiano, promotore dell’organizzazione internazionale Wikileaks (letteralmente “fuga di notizie”) che si pone l’obiettivo di ottenere documenti autentici (questo non è in discussione) coperti da segreto per condividerli in rete. Se ne era parlato già a fine estate: ricordate? Se non avete memoria di aver appreso che gli “alleati” degli Stati Uniti complottavano con Al Qaeda e che il Governo italiano mandava altri soldati per la missione in Afghanistan all’insaputa degli italiani, forse è il caso che vi rileggiate il post pubblicato su Tranitaliamondo un po’ di tempo fa.
Effettivamente i media nazionali hanno evitato il più possibile i collegamenti con i documenti pubblicati in estate; hanno cercato in tutti i modi di minimizzare o banalizzare il contenuto dei cablogrammi pubblicati da Assange, spostando l’attenzione dai fatti alle peripezie personali del giornalista a cui, comunque si concluda la vicenda giudiziaria, dovrebbe andare la nostra gratitudine per l’opera di verità, seppure inevitabilmente parziale.
I media nazionali, dicevamo, in molti casi si sono limitati ad evidenziare aspetti secondari: si è fatto gran clamore sulla descrizione di un Silvio Berlusconiincapace, vanitoso e inefficace”, così lo descriveva l’incaricata d'affari americana a Roma Elizabeth Dibble, la quale sottolineava che "frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza”. Alcuni giornalisti italiani hanno cercato di mostrare un Berlusconi stanco ma che, nonostante l’età, si concede avventure galanti, più o meno. Eppure a leggere i documenti non sembra proprio che si abbia a che fare con un latin lover. Per quanto siano informazioni interessanti poiché non dichiarazioni dell’escort di turno ma di rappresentanti istituzionali e di persone vicine al premier (il nuovo ambasciatore americano, David Thorne, riceve da Gianni Letta la descrizione di un premier "fiaccato dai party notturni, senza energie, con esami medici disastrosi" e poi assiste all’appisolarsi del premier in sua presenza), si tratta di un aspetto marginale se confrontato con le altre rivelazioni di Wikileaks. [1]
Molto più interessanti sono ad esempio i rapporti tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin che insospettiscono non poco Elizabeth Dibble: Berlusconi è definito il “portavoce di Putin in Europa” e i rapporti americani parlano di "regali sontuosi" e di "contratti energetici lucrativi". [2] In un altro dispaccio si afferma che "molti suoi collaboratori sospettano che Berlusconi e i suoi accoliti abbiano rapporti di guadagno personale con l'interlocutore russo". I rapporti del vecchio ambasciatore americano Ronald Spogli parlavano di una “torbida connection Berlusconi-Putin" e prevedevano che, nei futuri incontri con Barack Obama, Berlusconi avrebbe cercato di “promuovere gli interessi della Russia” (si badi, non dell’Italia, naturalmente). [3] Se a queste considerazioni aggiungiamo che in vari altri documenti emerge che la mafia russa in Europa rappresenta una nuova “piovra” che beneficia di protezioni direttamente a Mosca [4], che il premier italiano è legato a personaggi condannati per collusioni con la mafia nostrana (Marcello dell’Utri sopra tutti), bisogna riconoscere che del premier non si può proprio dire che sia al di sopra di ogni sospetto. 
Ma i rapporti Berlusconi-Putin non sono il solo asse che lega l’Italia alla Russia: Spogli avvertiva che “le azioni dell'Eni stanno rafforzando la presa della Russia sugli approvvigionamenti energetici di tutta l'Europa occidentale". Sempre l’Eni, che secondo la Dibble "spesso appare dettare la politica energetica del governo italiano" (sospetto già abbastanza grave) usa la propria influenza "per bloccare i piani del'Unione europea sulla liberalizzazione del mercato dell'energia"; sempre secondo la Dibble “la politica energetica italiana riflette priorità russe più che quelle europee”. Per esempio, “il governo italiano è ambivalente su sostegno al progetto Nabucco, mentre Eni aiuta Gazprom a costruire gasdotti nel Mar Nero e nel Baltico, che creeranno solo maggiore dipendenza verso la Russia da parte dell'Unione europea”. [5]
Berlusconi non fa certo bella figura neanche nella vicenda dell’inverno 2006, in cui alla vigilia delle elezioni George Bush concesse al premier un monologo al Congresso, in un’aula riempita da "stagisti", assistenti, segretarie e portaborse avvisati in extremis per riempire i troppi posti vuoti. Questo era già noto: dai documenti pubblicati da Wikileaks si apprende che, in quell’occasione, Washington invitava ambasciatori e funzionari a “molta prudenza", perché di lui, "formidabile gaffeur", "pistolero della politica", non c’era evidentemente molto da fidarsi. [6]
Da altri cablogrammi riceviamo informazioni sulle pressioni ricevute dal Governo italiano da parte degli Stati Uniti in due faccende delicate: il caso Abu Omar e il caso Calipari. Per quanto riguarda la vicenda dell’imam Abu Omar, rapito dalla Cia a Milano e rilasciato un anno dopo (per la ricostruzione della vicenda cliccate su questo link), si riferisce che gli americani si sono mossi attraverso "canali diplomatici" e con "colloqui di alto livello con il primo ministro italiano Silvio Berlusconi" affinché i magistrati italiani non spiccassero un mandato di cattura internazionale contro gli agenti Cia coinvolti nel sequestro di Abu Omar. [7] Per quanto riguarda Nicola Calipari, l’agente del Sisde (di scorta alla giornalista Giuliana Sgrena) ucciso dal soldato americano Mario Lozano, addetto alla mitragliatrice al posto di blocco, subito dopo il rilascio della donna rapita (4 marzo 2005), si apprende che Mel Sembler, l’ambasciatore americano a Roma, predecessore di Spogli, sosteneva che il governo italiano "bloccherà i tentativi delle commissioni parlamentari di aprire indagini", sostenendo la tesi del "tragico incidente". Lo stesso Sembler avvertiva, a scanso di equivoci, che prima che Berlusconi intervenisse in Parlamento  "sarebbe meglio che il presidente George W. Bush lo chiamasse il giorno prima, in modo che lui possa dire in Parlamento di aver discusso la questione con il presidente" e che "il Dipartimento di Stato dovrebbe considerare una telefonata del Segretario di Stato (Condolezza Rice) al vicepresidente Gianfranco Fini nei prossimi giorni per confermare che condividiamo il desiderio italiano di lasciarsi alle spalle l'incidente". Il commento più opportuno è forse quello del senatore Pd, Felice Casson che afferma "Accettando una limitazione della sovranità nazionale, il governo Berlusconi ha rifiutato verità e giustizia, oltre ad abdicare al suo ruolo di garante dell'autonomia nazionale". Oltre a quello della vedova Calipari: “Provo disgusto, come quando capii che dal governo italiano non c'era interesse a fare chiarezza in quella vicenda. Perché come mi spiegò l'avvocato di Lozano, nel diritto internazionale vige la legge del più forte". [9]
Insomma se del Governo Berlusconi non emerge un’immagine positiva, altrettanto fosco appare il ruolo degli Stati Uniti: oltre all’ordine del Dipartimento di Stato Americano di spiare i diplomatici dell’ONU (cosa di una gravità inaudita!), oltre all'attività di intelligence ai danni di aziende e industrie europee (senza consultare i Paesi ospitanti), i vari documenti mostrano una diplomazia americana “invadente” che raccoglie informazioni anche sulla vita privata dei personaggi più in vista. Un’attività al confine col dossieraggio che potrebbe essere usata anche a fini ricattatori: ci sarebbero gli estremi per parlare di un’invasione nella sovranità nazionale, ma forse questi elementi non sono che la punta di un iceberg che getta più di un sospetto su quanto gli Stati Uniti, più o meno legittimamente, intervengono nella nostra politica.
Di fronte a tutto ciò, la stampa italiana tende banalizzare; il ministro Franco Frattini invece, gioca all’esagerazione, e anziché guardare la luna, vede il dito che la indica. Il ministro afferma che Assange “Vuole distruggere il mondo, il suo è terrorismo”; dichiara anche che  l'emergenza rifiuti in Campania, il crollo della casa dei gladiatori a Pompei, l'inchiesta che coinvolge Enav e Finmeccanica, e ora anche le rivelazioni imbarazzanti sui rapporti Italia-Usa annunciate da Wikileaks sono vicende solo apparentemente slegate, e che invece riconducono a un unico disegno volto "a colpire l'immagine dell'Italia sulla scena internazionale". [10] Insomma mancano solo i Sette Savi di Sion, il complotto giudaico-massonico, il Santo Graal, qualche templare qua e là: gli ingredienti ci sono tutti per il prossimo libro di Dan Brown o per la prossima puntata di Voyager. Per l’occasione, al posto di Giacobbo, condurrà Bruno Vespa.

martedì 14 dicembre 2010

L’ “INCOMPIUTA” DI SCHUBERT A TRANI NON E’ MAI INIZIATA

Pioggia di calcinacci sull’orchestra durante il concerto

DA TRANI - La città che ospitò il primo teatro stabile dell’intero Regno di Napoli oggi non è più in grado di ospitare neppure un concerto: lo dimostra l’increscioso evento verificatosi Sabato 11 dicembre 2010. Dal 1793, anno in cui si completava la costruzione del teatro comunale (predecessore di tutti gli altri del Mezzogiorno, dal San Carlo di Napoli al Petruzzelli di Bari), Trani ne ha fatta di strada: a passo di gambero, naturalmente; ne è esempio la piazza su cui un tempo sorgeva l’edificio, oggi simbolo della cultura del panzerotto e della crêpe, l’unica che possiamo permetterci evidentemente.
Certo la musica, almeno la musica classica (per quella di Celestino c’è sempre spazio, ahimè), non possiamo permettercela. Sabato 11, alle 20.00, la Chiesa si S. Domenico era gremita di gente, anche proveniente dalle città vicine, nonostante l’insufficiente pubblicità dell’evento: l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari concedeva ai presenti un tuffo nel pentagramma di Haydn, De Falla, Schubert. L’evento, con ingresso gratuito (evento rarissimo), era promosso dal Gruppo Sindonico di Trani inserito nel Centro Internazionale di Sindonologia di Torino ed aveva il patrocinio dell’Unione Europea, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Provincia di Bari. La Sinfonia n.13 in Re maggiore di Haydn veniva eseguita magistralmente dall’orchestra diretta dal Maestro Ivan Ciampa e, a conclusione, veniva accolta dagli applausi del pubblico.  Forse il clima sublime creato dalla musica induceva alcuni orchestrali a volgere lo sguardo in alto. Non era così. Nell’intermezzo prendeva la parola Giuseppe Di Monaco, il presidente del Gruppo Sindonico, che salutava e ringraziava l’arcivescovo Giovan Battista Pichierri, presente in prima fila, e l’Amministrazione Comunale nella persona del vicesindaco Giorgia Cicolani, seduta accanto al prelato. Di Monaco precisava anche che in sostituzione de “La Grande” di Franz Schubert si sarebbe eseguita, dal repertorio dello stesso autore, la celebre “Incompiuta”. Strano presagio. Eh si, perché poco dopo due uomini (probabilmente dell’organizzazione) si avvicinavano ad uno dei primi violini e parlottavano con lui; l’orchestrale levava gli occhi al cielo, come per un gesto di impazienza (non era così), si alzava in piedi e prendeva la parola: a causa della pioggia di calcinacci, di frammenti di intonaco piccoli e grandi (vedi foto), l’orchestra decideva che la situazione non era idonea ad ospitare un concerto, sia per il fastidio degli orchestrali a causa della polvere che cadeva dalla volta, sia per i danni che la polvere stessa poteva arrecare agli strumenti (soprattutto quelli delle ultime file). Si decideva, quindi, di eseguire solo le “Canciones populares espanolas” di Manuel de Falla per non scontentare il pubblico, mentre si rinunciava ad eseguire la sinfonia di Schubert: l’”Incompiuta”, dunque, non è mai iniziata. Durante l’esecuzione delle Canciones, in cui interveniva anche la tromba di Michele Rivellini, più di un orchestrale e più di uno spettatore levava il capo verso la volta (e il motivo ora dovrebbe essere chiaro): a guardare con attenzione ora si scorgeva una grande macchia di umidità proprio all’intersezione del transetto con la navata centrale. E a guardarsi in intorno, si scopriva (per chi non se ne fosse accorto prima) che la chiesa versa in condizioni pietose: particolarmente danneggiate, o meglio lasciate all’incuria, appaiono le cappelle laterali: ai piedi degli altari si notavano frammenti di intonaco anche di grandi dimensioni e le pareti ai lati mostravano in alcuni punti dei mattoni a vista, per il venir meno di qualsiasi rivestimento. Al termine dell’esecuzione gli orchestrali provano a mostrare la situazione agli astanti e vanno via sdegnati: “Non si ospita un’orchestra in queste condizioni” afferma indignato qualcuno di loro.
A leggere i media locali presenti sul web, si nota decisamente un’impostazione particolare nel dare la notizia: sollecitati da una lettera del presidente Di Monaco, i siti di informazione tranese, invece che interrogarsi su chi avrebbe avuto la responsabilità di assicurare la realizzazione dell’evento (il Comune, gli organizzatori, il Centro Sindonico?), puntano il dito contro l’orchestra che non sarebbe “più così motivata quando le tocca suonare fuori dei confini di propria competenza”.  E così, invece che discutere su quanto poco si faccia in città per una seria promozione delle attività culturali, l’attenzione è spostata sulle dichiarazioni di Di Monaco che afferma: “La motivazione addotta [dagli orchestrali, ndr] è apparsa a tutti infondata e pretestuosa.” D’altronde c’era poco da aspettarsi: nei giorni precedenti all’evento, che avveniva in coincidenza con due conferenze presso la Biblioteca e Palazzo Beltrani, su Radiobombo.com si commentava non ironicamente Ma quanta cultura a Trani. […] Trani, città della cultura. Bellissimo, anche troppo.” Evidentemente si riferiva alla cultura della pizzetta e del panino con la porchetta.
  

sabato 11 dicembre 2010

TRANI SI AGGIUDICA LA PROVA DEL CUOCO

Ottenuta l'attivazione dell'Istituto alberghiero in città
DA TRANITrani ha richiesto e ottenuto che in città fosse istituito un indirizzo scolastico, che si occupi di turismo nel settore alberghiero. [1] Risultato senza dubbio positivo, raggiunto dopo anni di richieste inviate alla Provincia di Bari, prima, e alla nuova Sesta Provincia, poi.
L'amministrazione comunale e i consiglieri provinciali tranesi hanno fatto leva sul fatto che la nostra città, fin dalla realizzazione dello statuto della Bat, sia stata riconosciuta come polo turistico e centro strategico del territorio. Molteplici sono, inoltre, le opportunità lavorative che futuri diplomati in questo indirizzo potrebbero sfruttare a Trani, la quale ancora, nonostante tutto, continua a essere meta di migliaia di turisti ogni anno. Non a caso, la sede proposta per l'alberghiero è l'ex convitto dei Barnabiti, in piazza Plebiscito, nelle cui vicinanze sorge uno degli alberghi più importanti in città, il San Paolo. Nella lettera inviata dal sindaco Giuseppe Tarantini ai vertici della provincia di Barletta-Andria-Trani egli afferma come “vi sarebbero delle ottime possibilità di creare sinergie tra impresa e scuola, proprio in questo settore” e come Trani sia una sede ideale “per la centralità della posizione rispetto alle altre città della Bat che potrebbero usare Trani come vera e propria officina di formazione nel settore del turismo e della promozione culturale territorio”. [2] La realizzazione di un nuovo istituto scolastico nella nostra città è senza dubbio positiva anche perchè a Trani l'offerta scolastica a livello di studi superiori non è eccezionale, nel confronto con i paesi limitrofi; i tre licei, scientifico, classico e psicopedagogico, l'ITC e l'Istituto Professionale, non possono considerarsi sufficienti per una città di più di 50.000 abitanti: molti sono, infatti, i giovani tranesi costretti a “emigrare” già a 15 anni in altre città per frequentare la scuola superiore.
Ovviamente, la notizia è stata commentata con molta, forse troppa, enfasi dai consiglieri provinciali tranesi del Pdl , da Corrado a Di Modugno a Riserbato, oltre che dal sindaco Tarantini [1]. Ma le polemiche non mancano. Queste arrivano dalle città vicine che ospitano già un istituto alberghiero, Margherita di Savoia e Molfetta. I più scatenati sono i consiglieri di opposizione del comune delle saline, che considerano l'attivazione dell'alberghiero a Trani come un secondo scippo, dopo la mancata assegnazione del polo turistico, proprio a favore della nostra città. Infatti, secondo il consigliere provinciale margheritano Bernardo Lodispoto, istituire lo stesso polo scolastico a distanza di pochi chilometri potrebbe penalizzare l'istituto presente in città. Il consigliere spera che il sindaco Gabriella Carlucci prenda contatti con la Regione Puglia (in ogni caso ultimo ente a decidere circa l'apertura delle scuole) per impedire tutto ciò, ma nello stesso tempo si domanda sarcasticamente se “potrà mai l'onorevole Carlucci mettersi contro gli interessi di Trani, città capofila del collegio in cui è stata eletta alla Camera?” [3]. In effetti, non ha tutti i torti, in quanto non si ha notizia di iniziative di questo tipo da parte dell'amministrazione comunale margheritana. Polemico è anche il consigliere regionale dei Socialisti in Sinistra e Libertà Franco Pastore: egli sottolinea che l'alberghiero a Margherita esiste dal 1998 e conta circa 900 studenti, di cui circa la metà provenienti dai tre co-capoluoghi, e si chiede cosa accadrebbe a quell'istituto se di dovesse dimezzare l'utenza. Bisognerebbe, al contrario, secondo Pastore, “riequilibrare l'offerta formativa sul territorio, prevedendo eventuali integrazioni ed evitando interferenze e sovrapposizioni” [4].
L'ufficialità della futura apertura dell'alberghiero a Trani è stata accompagnata dalla notizia dell'assegnazione per la nostra città degli uffici provinciali di diverse ripartizioni: servizi sociali, formazione professionale, cultura e turismo e polizia provinciale, i quali verranno posti nei locali dell'ex asilo in via de Gemmis ed in alcuni locali privati del palazzo Verdemare (a cui sono destinate anche le nuove aule del Liceo Classico). Grande enfasi è stata riservata a queste due notizie dalle testate giornalistiche cittadine: traniweb.it parla addirittura di Trani che fa ”incetta di uffici” [5]. Con tutto il rispetto che meritano questi uffici provinciali, forse ci si dimentica come Trani non sia mai stata presa in considerazione per l'eventuale assegnazione di enti provinciali ben più importanti; la nostra amministrazione non ha mai combattuto fino in fondo per questa causa, lasciando qualsivoglia tenzone agli altri due co-capoluoghi. E alla fine Trani ci ha “guadagnato” solo il Comando Provinciale dei Carabinieri e il Tribunale (tra l'altro già da tempo presente in città e uno tra i più importanti nel sud Italia). Quindi enfatizzare troppo questi risultati non ci sembra opportuno, anche perchè Trani avrebbe meritato uffici ben più prestigiosi, viste le numerose potenziali sedi, rappresentate dai palazzi storici del nostro centro storico. Il “colpo da novanta” (come lo definisce traniweb.it [5]) sarebbe l'assegnazione della sede della Asl ma, tanto per complicare le cose, c'è da dirimere un contenzioso con la Asl stessa. Ma tutto ciò meriterebbe un capitolo a sé, viste le innumerevoli polemiche, tra le varie amministrazioni, che hanno caratterizzato i primi mesi della nuova provincia.
Non ci resta che chiederci se basterà il nuovo alberghiero a far risaltare un po' di più il ruolo di Trani nella sesta provincia? La nostra città tornerà ad assumere il prestigio di un tempo? O dovremo ancora ascoltare parole, come quelle che il nostro sindaco rilasciò a “Report” qualche tempo fa, circa la volontà di ospitare uffici provinciali in città? [6]










venerdì 10 dicembre 2010

IDEE REGALO: ACQUISTA UN PARLAMENTARE

Denunciata compravendita di parlamentari in corso per il voto del 14 Dicembre

http://www.youtube.com/watch?v=ul9FBrdPBcs
DALL'ITALIA - Mancano ancora oltre due settimane alle festività, ma in certi casi è meglio essere previdenti: in Parlamento, infatti, pare che sia già iniziato lo shopping natalizio. Il regalo più gettonato, manco a dirlo: un onorevole, ovviamente. Effettivamente, prima del Natale, per il Governo ci sarebbe una scadenza ben più urgente: il 14 dicembre, ormai alle porte, si decideranno le sorti non solo di Berlusconi e dei suoi Ministri, ma anche di 630 deputati e 315 senatori (di maggioranza e di opposizione) che, in caso di sfiducia al Cavaliere, potrebbero essere costretti ad abbandonare le comode poltrone di Montecitorio e di Palazzo Madama. Ed ecco che qualche “affezionato” potrebbe proporre di non votare la sfiducia per non abbandonare i tanto confortevoli scranni.
A gettare ombre sulla possibile compravendita di parlamentari, è stato negli ultimi giorni, l’imprenditore Massimo Calearo, ex presidente di Federmeccanica, eletto nel 2008 nelle liste del Pd, che abbandonò il partito l’anno scorso (avendo scoperto di “non essere mai stato di sinistra”) e, dopo essere stato temporaneamente nell’API di Rutelli, attualmente si colloca nel Gruppo Misto. [1] L’onorevole ha dichiarato, in un’intervista a “Il Riformista”: Un nutrito gruppo di parlamentari del Pd mi sta tempestando di messaggi del tipo: «Massimo, almeno tu che hai la possibilità di farlo, vota a favore del governo»”. Effettivamente la preoccupazione dei parlamentari è fondata perché il 36.45% dei parlamentari perderebbe la pensione in caso di scioglimento delle Camere. A proposito della compravendita, Calearo fornisce anche i dettagli del tariffario: “Dai 350mila al mezzo milione di euro. […] E pensi che la quotazione, nei prossimi giorni, può ancora salire. Soprattutto al Senato”. D’altronde è noto: con l’approssimarsi delle “feste” i prezzi lievitano. “Mediamente una cifra che va dai 350mila ai 500mila euro può bastare, al netto della promessa di un’eventuale rielezione. Poi, se la situazione sarà meno incerta, il prezzo ovviamente scende. La bravura sta nello scegliere i tempi giusti per saltare il fosso. D’altronde la tempistica, nei mercati, è tutto.” Quanto alla propria posizione, Calearo tiene a precisare: “Io sono un caso a parte […]Lo sa che cosa mi ha detto Berlusconi, quando ci siamo incontrati di recente? «Calearo, io non ho nulla da offrirle perché lei, come me, vive del suo, di ciò che già ha»”. Evidentemente, se al contrario il fedele Calearo avesse avuto bisogno di qualcosa, il Cavaliere si sarebbe prodigato per soddisfare ogni minimo desiderio. L’onorevole poi aggiunge: “Ascolterò Berlusconi e deciderò alla seconda chiamata, dopo aver visto un po’ la situazione”, incarnando perfettamente il consiglio dantesco: Sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti”. [2]
D’altronde a settembre 2010, nei giorni caldi che anticipavano il voto di fiducia del 29 Settembre (ricordate?), lo stesso Calearo aveva le idee chiare nel senso che assicurava di non fare mai mancare il mio voto a Berlusconi”. [3] A settembre, però, nelle offerte di voti e di generosi scambi, Calearo si ritagliò solo un ruolo da comparsa: il vero protagonista (questo sì, dovreste ricordarlo) fu il repubblicano Francesco Nucara che, prima del voto decisivo, dichiarava di essere stato contattato direttamente da Silvio Berlusconi. “Da me ha voluto più che altro consigli su chi contattare, diciamo che mi ha usato come consulente.[…] Ma poi credo che i singoli deputati li abbia contattati il premier personalmente”. [3] Il Presidente del Consiglio in persona prometteva: “Tutti i nostri parlamentari che, avendo prima deciso di fare parte di un nuovo gruppo, dovessero, per senso di responsabilità e per lealtà verso gli elettori che li hanno votati, decidere di restare nel gruppo Pdl, tutti, nessuno escluso, potranno contare sulla nostra amicizia, solidarietà e lealtà, anche nel momento della formazione delle liste elettorali”. [3] L’operazione, ad essere onesti, quella volta non andò benissimo considerando che in quell’occasione il governo incassò l’appoggio di 342 deputati, ma grazie all’indispensabile appoggio di Fli che il 14 dicembre non dovrebbe esserci, “campagna acquisti” permettendo.
Tornando alle vicende recenti è forse ingiusto puntare eccessivamente il dito su Calearo: l’onorevole è in piacevole compagnia.
Il 17 settembre 2010 il deputato Idv Antonio Razzi denunciava pubblicamente la presunta compravendita di deputati da parte di Berlusconi, dichiarando: “Si è parlato anche di pagarmi il mutuo e darmi un posto nel governo, ma la proposta più concreta è stata la rielezione sicura”. [4] Proposte indecenti. Il deputato ha resistito finché ha potuto, ma qualche giorno fa ha ceduto alle lusinghe, ha lasciato l’Idv, è passato a Noi Sud, e ha dichiarato che sosterrà il governo. Di Pietro ha tuonato: Qualsiasi parlamentare di qualsiasi partito tradisca i propri elettori e si venda per 30 denari merita, parlando in modo metaforico, l’albero di Giuda”. [5] E l’albero, a quanto pare, dovrà avere radici solide perché dovrà reggere, oltre Razzi, anche Domenico Scilipoti (ex Idv) che, insieme a Calearo e a Bruno Cesario (ex Pd) ha dato vita al “Movimento di responsabilità nazionale” e ha dichiarato che voterà la fiducia. [6] Insomma il clima si fa rovente: Fini parla di calciomercato, Bersani invoca l’intervento della magistratura, la Procura di Roma apre due fascicoli sulla presunta compravendita, il primo di propria iniziativa e il secondo in seguito all’esposto di Di Pietro.
Qui ci limitiamo a considerare, aldilà delle eventuali implicazioni giudiziarie, quello che si può ritenere certamente un esempio di malcostume e di mancato rispetto dell’elettorato, oltre che dimostrazione di incoerenza. A parere di chi scrive, il trasformismo è agevolato dalla legge elettorale attualmente in vigore, la ben nota porcata di Calderoli: poiché le liste sono stilate dai partiti, non essendoci più il voto di preferenza, chi oggi “volta bandiera” non potrà essere domani “punito” dagli elettori. [7]
Parlando di malcostume e di trasformismo, vale forse la pena ricordare il caso Berlusconi-Saccà scoppiato a dicembre 2007 e su cui ha indagato la Procura di Napoli fino all’archiviazione nell’aprile 2009. Questo è un chiaro esempio di come, nonostante non vi sia reato, certi comportamenti sono e restano molto discutibili: il 6 luglio 2007, l’allora parlamentare di opposizione Silvio Berlusconi telefona all’allora presidente di RaiFiction Agostino Saccà. Il Cavaliere “consiglia vivamente” l’ingresso in Rai di due donne: “Senti, tu mi puoi fare ricevere due persone; […] Gli (sic!) puoi fare una chiamata? La Elena Russo e poi la Evelina Manna. Non c’entro niente io, è una cosa […]. Ti spiego cos’è questa qui. […] Io sto cercando di avere la maggioranza in Senato. Questa Evelina Manna può essere … perché mi è stata richiesta da qualcuno con cui sto trattando.”Capito tutto!” risponde prontamente Saccà. Chi, invece, non ha capito, non ci crede o vuole approfondire (la piaggeria di Saccà, le pressioni di Bossi, l’operazione “libertà”, etc.), può ascoltare l’intercettazione su You Tube. [8]

mercoledì 8 dicembre 2010

“BARARE” SUI BARONI: È GIUSTO PROTESTARE CONTRO LA RIFORMA?

Punti salienti di una riforma dai lati oscuri.

DALL'ITALIA – Iniziamo con una bella notizia da far rizzare i capelli, come preludio al seguito. Il 30 novembre, in sintesi, Bruno Tabacci e Marco Calgaro di Alleanza per l'Italia hanno proposto di dirottare all'università una parte delle risorse destinate al finanziamento pubblico ai partiti, 25 deputati del PD hanno votato contro e altri 17 si sono astenuti. Quindi, il principale partito dell'opposizione italiana, che non manca di criticare, giustamente, gli altri quando penalizzano l'istruzione e la ricerca scientifica, si spacca al momento di sostenere le medesime finalità per accaparrarsi una fetta di soldi pubblici destinati a tutti i partiti ogni anno.[1]

Il fascio di ipocrisia si estende dal Pd al ministro Mariastella Gelmini che si è riferita agli studenti, in questo travagliato viaggio della riforma “tagliatutto”, dicendo: "Non comprendo perchè una parte degli studenti sia schierata con i baroni"[2]. Non contenta, il ministro, dopo, in una videolettera trasmessa su You Tube, dice ai ragazzi “La riforma vi aiuta. Non lasciatevi strumentalizzare da baroni e non mescolate la vostra protesta a quella dei centri sociali”.[3] Fino ad arrivare alla dichiarazione del premier Silvio Berlusconi, il giorno in cui la riforma passa alla camera: "Colpo mortale a parentopoli".[2.a]

Vediamo se è vero che questa riforma sfavorisce le èlites. Il famoso ddl 1905 del ministro della Pubblica Istruzione, tratta di tre punti: amministrazione economica, diritto allo studio e assunzione di personale.
Per quanto riguarda l'amministrazione economica, gli organi della governance saranno stravolti dalla riforma. Attualmente, esistono due organi all'interno delle Università: il senato accademico, che si occupa della didattica universitaria, e il consiglio di amministrazione, che si occupa di gestire gli aspetti finanziari. Dopo la riforma il senato avrà solo un parere consultivo, mentre la didattica sarà decisa, in ultima analisi, dal consiglio di amministrazione che, quindi, oltre a gestire le finanze si occuperà anche della didattica. Inoltre, quest'ultimo dovrà essere composto da almeno 3 membri su 11 (il 27,3%) che siano esterni all'Università. Così l'organo più importante diventa il consiglio di amministrazione dove possono sedere anche membri esterni, eventualmente appartenenti anche a enti private, con molte nomine che spettano al rettore. Dunque, il primo punto della riforma sembra favorire le èlites, in quanto tutto questo rischia di sottomettere la carriera di studenti capaci alle ragioni economiche di enti privati.[4]

Il diritto allo studio. Nato con la liberazione d'Italia, Regio decreto 574 del 1946, la borsa di studio universitaria ha accompagnato l'evoluzione della democrazia scolastica offrendo una possibilità di mantenimento a studenti in corso, fuori sede, sotto le soglie dell'Isee, meritevoli. In due anni, con il colpo d'accetta tirato lo scorso 14 ottobre sul tavolo del Consiglio dei ministri, l'ammontare in euro delle borse da erogare è passato da 246 milioni a 25,7. Un -89,55% che peggio di così c'è solo la soppressione. E nel 2012 si arriverà a 13 milioni scarsi trasformando la borsa universitaria in un premio per élites scelte. Un taglio ai finanziamenti del 90%.[5] Ma non è tutto. Il decreto legislativo, prevede anche che le borse di studio tagliate vengano sostituite da “prestiti d'onore”, espressione degna de “Il padrino” di Coppola. Con il “prestito d'onore” (minchia!) l'università assegnerà i soldi, ad inizio anno, agli studenti che supereranno un test, e questi, poi, saranno obbligati a restituirli una volta ottenuto il titolo accademico.[4] Complimenti vivissimi! Il nostro Ministro forse ha dimenticato che l'86% dei laureati in Italia trova lavoro a 5 anni dalla laurea.[6] E come fa a ridare la stessa cifra? Semplice, non può farlo. Lo studente povero, quindi, sarà costretto ad entrare nel mondo del lavoro con un debito pregresso.[4] Il risultato? Che le élites più potenti e la classe dirigente vengono favorite. Tanto da non avere mai un ricambio sociale e generazionale. Andrà avanti il figlio di chi ce l'avrà già fatta, e lui a sua volta ce la farà, e farà arrivare suo figlio, e cosi via...; mentre gli studenti poveri saranno lì a mordersi l'un l'altro e a combattere per accaparrarsi il primo lavoro utile in fase di sfruttamento, roba da 800 euro al mese. Tutto questo per non far estinguere la cricca dei potenti. Quindi, anche il secondo punto favorisce le èlites a danno degli studenti, questa volta, i più poveri.

Su questo tema, e altri, verte l'ultimo punto. L'assunzione di personale. Cambia il reclutamento di personale e cambiano i concorsi. Ci sarà un albo nazionale degli idonei e le università dovranno attingere da quell'elenco.[7] A decidere, quindi, queste assunzioni che avverranno in scala nazionale, sarà un collegio di professori ordinari volontari. Tale strategia potrebbe favorire l'azione del nepotismo, una piaga del tanto deprecato fenomeno delle “baronie universitarie”.[4] Chiaro, molto chiaro. Un professore X vuole far assumere qualcuno che gli sta molto simpatico, e cosa fa? Semplicissimo. Si affida a questo collegio di “volontari” che tanto volontari, forse, non potrebbero essere. Senza, cioè, che nessuno garantisca che questi professori siano, effettivamente, “super partes”. Anche il terzo punto, purtroppo, favorisce l'élite universitaria e quindi i famigerati “baroni”. E va, chiaramente, a discapito dei ragazzi davvero validi. Tre su tre. La democrazia messa sotto i piedi. Altro che meritocrazia!

In ultima analisi, di certo non per importanza, vi è l'emendamento “anti-parentopoli”. La proposta l'aveva avanzata l'Italia dei valori una settimana prima che il ddl gelmini arrivasse alla camera. Ma il Pdl, in risposta a questo, ha presentato un controemendamento, affrettandosi a dichiarare che la norma appena passata è durissima contro le raccomandazioni nelle università. Questo punto, però è stato aggiunto dopo l'emendamento dell'Idv e quindi non si può dire, come sostiene il Pdl, che tutta la riforma sia orientata intorno al problema anti-parentopoli. Con il controemendamento non potrà rispondere per la chiamata all'insegnamento chi è parente fino al quarto grado compreso di un professore del dipartimento o di un consigliere di amministrazione. L'Idv, indispettito, non la manda a dire e afferma il vicecapogruppo alla camera, Antonio Borghesi, che il governo ha vanificato l'effetto del loro emendamento con uno stratagemma “gattopardesco”: poiché è sufficiente, ora, con l’emendamento appena passato che il parente già professore si sposti in un altro dipartimento dell’università, rendendo possibile la chiamata del parente nello stesso Ateneo. L'Idv, invece, aveva chiesto la restrizione per i parenti in tutto l'Ateneo.

Quindi ci si chiede perchè questo “barare” sui baroni. Perchè prendere in giro così spudoratamente gli studenti? Caro ministro Gelmini, per favore ci dica la verità, tutta la verità!









sabato 4 dicembre 2010

E' BELLO CAMMINARE IN QUESTA VALLE DI AMIANTO

Ennesima segnalazione di Legambiente di siti contaminati nel territorio di Trani

DA TRANI - In questi giorni si è assistito in città a una nuova iniziativa di Legambiente e, si sa, quando questa associazione interviene è sempre perchè c'è qualcosa di oscuro all'orizzonte : infatti tramite il suo presidente, Pierluigi Colangelo, il circolo tranese ha presentato al Comune una mappa dettagliata (con tanto di coordinate e foto dei siti incriminati) riportante le zone in cui vi è presenza di amianto.[1] [2] Dando un'occhiata a questa lista, pubblicata on-line [3], c'è di che preoccuparsi. Più volte sono riportate contrade nella zona nord della città, ma anche le altre zone periferiche non sono immuni. La cosa più vergognosa è che tra i siti denunciati vi sono anche zone residenziali (come ad esempio zona Pozzo Piano, nei pressi del ponte ferroviario) e, addirittura, via Alberolongo, dove è presente una scuola materna. Solo negli ultimi mesi ci sono state tantissime segnalazioni come questa, sia da parte di Legambiente sia dei volontari della Folgore, ma solo in rari casi si è provveduto alla bonifica dei siti segnalati. Anzi, la Folgore accusa l'amministrazione comunale di immobilismo: in una dichiarazione riportata da traniweb.it il 2 ottobre scorso [4], l'ispettore regionale del Nucleo operativo a Guardia Ambientale e Protezione Civile Folgore Nunzio Di Lauro, denunciava come alle loro sollecitazioni l'assessore all'ambiente Pina Chiarello rispondeva che “non è in suo potere autorizzare simile attività di rimozione, in quanto tale processo soggiace ad una complessa ed articolata procedura”. Dunque, a quanto pare, l'amministrazione ha sottovalutato le numerose segnalazioni arrivate in questi mesi. Come è possibile non rendersi conto della gravità della situazione? Di Lauro sarcasticamente spera che “che all'interno dell'amministrazione comunale di Trani si riesca a reperire uno o più soggetti che abbiano il potere di autorizzare l'espletamento di tale processo dalla complessa ed articolata procedura, pregando i cittadini tranesi di non contrarre le patologie maligne provocate dall’amianto”. E' noto a tutti, infatti, che respirare anche solo una fibra di amianto può provocare patologie mortali, dai nomi già di per sé spaventosi, come l'asbestosi, la fibrosi e il tumore polmonari, il mesotelioma pleurico e altre; figuriamoci se ci si espone a inalazioni prolungate nel tempo. Nei siti segnalati vi è una enorme quantità di lastre, tubi, cisterne e pannelli di eternit, in condizioni pessime, quindi ancora più pericolose. Infatti, le fibre vengono rilasciate dai manufatti dopo che essi hanno subito rotture e danneggiamenti, causati nel tempo da agenti atmosferici e altri fattori. E' ormai prassi comune (dopo la Legge del 27 marzo 1992 n.257 che vieta l'utilizzo di questo materiale per qualsivoglia realizzazione [5]) sostituire le coperture in amianto dei vecchi capannoni industriali e abbandonare tali lastre nel primo posto che capita, nelle campagne, sotto i ponti, nelle discariche abusive, in riva al mare, come accade in zona Boccadoro. Oltre a questo, nel nostro territorio vi è la presenza di capannoni abbandonati, dove ovviamente le coperture sono ancora lì, a subire un processo di deterioramento graduale, ma pericolosissimo.
L'amianto è solo uno dei materiali, dannosi per la salute di tutti, che si possono trovare nelle discariche di rifiuti speciali, improvvisate sul ciglio delle strade di campagna. Durante l'estate scorsa la Folgore rinvenne lungo la costa alle spalle delle segherie nella zona industriale, per un tratto di 400m, “un ingente quantitativo di rifiuti abbandonati e scaricati illegalmente”. La lista di rifiuti fa rabbrividire: si va dalle lattine vuote di solventi infiammabili alle batterie esauste, dai monitor alle TV, dai vetri rotti ai residui di materiali incendiati, per non parlare dei materiali di scarto edili, di carrozzeria, pneumatici e siringhe. Il tutto nelle vicinanze dei bagnanti che raggiungevano il mare, facendo lo slalom tra questi cumuli. Troppo facile e conveniente per alcuni imprenditori e artigiani scaricare i propri rifiuti nei terreni in periferia senza pagare un soldo per lo smaltimento regolare. Ancora Di Lauro della Folgore, nel corso di questo sopralluogo estivo, spiegava come “tutti i cittadini hanno il diritto di essere informati ed indirizzati per un corretto comportamento in materia di soluzioni per lo smaltimento di qualsiasi tipo di rifiuto domestico, artigianale e industriale, così da evitare ed abbandonare l’abitudinaria tendenza alla discarica abusiva e selvaggia”. [6]
In realtà, qualche iniziativa contro l'amianto nel tempo c'è stata: la nuova Provincia BAT ha aderito al progetto Bat, provincia eternit free di Legambiente e AzzeroCO2, per favorire la sostituzione delle coperture in amianto con pannelli fotovoltaici. Le aziende, secondo il protocollo d'intesa sottoscritto nell'agosto scorso, saranno informate sulla fruizione di incentivi statali e locali per provvedere a tale sostituzione [7]. Ma visti i risultati, almeno qui a Trani, a quattro mesi dall'accordo non c'è da gioire. Al contrario, c'è da sperare che nei prossimi mesi tale iniziativa vada in porto. Non certo come quella che avrebbe dovuto seguire il convegno Amianto, che fare, svoltosi nel settembre 2004 e organizzato dall'amministrazione comunale e dall'associazione Kronos: in quella sede ci si impegnava a predisporre “un piano che dovrà dapprima favorire un censimento dei siti a rischio per la salute propria ed altrui. Successivamente, di concerto con la municipalizzata Amiu, si provvederà a favorire la bonifica e lo smaltimento di amianto degradato”. Addirittura si parlava di “bonus da riconoscere a fronte dei successivi versamenti dell’Ici”. Tutte belle parole, ma nei fatti l'unico atto concreto a seguito del convegno fu la redazione di un questionario ambientale di Agenda21 [8]. L'amianto è ancora tutto lì.
Insomma, ancora una volta l'ambiente è al centro della discussione in città, ma ciò che più preoccupa è che lo è ancora una volta per segnalare aspetti negativi e non certo per un'iniziativa a sua tutela. Ancora una volta le positive iniziative di Legambiente e della Folgore (e meno male che ci pensano loro!) denunciano lo stato di degrado in cui versano le strade delle nostre campagne. A quanto pare, tuttavia, l'amministrazione e gli enti preposti (tra cui non vi è l'Amiu, in quanto i suoi uomini non sono specializzati nella raccolta di amianto e nella successiva bonifica) hanno smesso di fare orecchie da mercante se è vero che, come riporta il numero odierno di PrimaPaginaBat [9], si è immediatamente corso ai ripari. Infatti, l'assessore alla Polizia Municipale Giuseppe Paolillo e il comandante Antonio Modugno hanno predisposto i dovuti controlli, mettendo in campo tutte le forze disponibili e considerando (finalmente!) questa questione una priorità.
Non ci resta che sperare che sia la volta buona e di non rivedere più le vergognose immagini delle nostre campagne (e non solo) deturpate dall'amianto, ma anche di poter assistere ad iniziative serie di intervento contro tutti coloro che abbandonano rifiuti di qualunque tipo sul ciglio delle nostre strade: convegni e questionari non sono più sufficienti.


[9]Numero del 04/12/2010 di PrimaPaginaBat