domenica 27 febbraio 2011

I post della settimana

ITALIA E LIBIA: DUE NOMI, QUASI UN UNICO STATO


La particolare gemellanza tra i due stati nell’ultimo mezzo secolo
DALL'ITALIA E DAL MONDO - Gheddafi ha accompagnato la storia dell’Italia nell’ultimo mezzo secolo: il colonnello prendeva il potere, facendo cadere la monarchia del re Idris, nel 1969, nell’anno in cui in Italia esplodeva la bomba di Piazza Fontana che inaugurava un decennio di stragi e terrore. Il regime dittatoriale instaurato da Gheddafi emanò misure restrittive nei confronti degli italiani che vivevano sul territorio libico: ad ottobre del 1970 decine di migliaia di italiani furono privati di ogni possedimento e in memoria di quell’evento, ogni anno il regime celebrò il giorno della vendetta. E’ evidente che si trattava di un atto di forza, teso a dimostrare al popolo libico come il proprio leader fosse in grado di sfidare l’antico invasore straniero. In realtà sottobanco si tessevano stretti rapporti con il nostro paese: in più di un’occasione, come vedremo, l’Italia difese in vario modo il leader libico per quanto Gheddafi fosse accusato di aver organizzato degli attentati in Sicilia, Scozia e Francia dall’intelligence degli USA, oltre che di aver sostenuto gruppi terroristici in Irlanda e in Spagna. Se non vi sembra vero, ecco alcuni esempi. [1]
Il 15 aprile 1986 gli Stati Uniti disponevano un ingente bombardamento in cui avrebbe perso la vita una delle figlie adottive del colonnello; Gheddafi, invece, riusciva a salvare la pelle grazie ad un tempestivo avvertimento dell’allora Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi. A sostenerlo la prima volta era stato nel 2003 il senatore dello Sdi Cesare Marini; a confermarlo ha provveduto nel 2008 il ministro degli Esteri libico Mohammed Abdel-Rahman Shalgam che ha dichiarato: “Non credo di svelare un segreto se annuncio che il 14 aprile dell'86 l'Italia ci informò che ci sarebbe stata un'aggressione americana contro la Libia”. Seguì poi la conferma dell’allora ministro degli Esteri italiano Giulio Andreotti che ha confessato: “Io ritengo di sì, l'avvertimento ci fu. […] Fu un'iniziativa improvvida, un errore di carattere internazionale”. [2]
Più oscuro, ma forse solo apparentemente, è rimasto invece il rapporto tra Italia e Libia, che pure c’è stato, nel doloroso episodio della strage di Ustica, in quel terribile 27 giugno 1980 in cui l’aereo di linea DC-9 esplose in volo e si inabissò portando con sé ottantuno persone, di cui tredici bambini. Cosa c’entra la Libia con la strage di Ustica? E’ presto detto.  Innanzitutto sono accertate in quel periodo penetrazioni dello spazio aereo italiano da parte di aerei militari libici; a conferma di ciò vi fu il ritrovamento 20 giorni dopo la strage di un Mig libico precipitato a Castelsilano, nella Sila Crotonese. A tal proposito si istituì subito una commissione militare mista italo-libica, nominata dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, la quale precisò che il Mig sarebbe precipitato il giorno stesso del ritrovamento e quindi successivamente all’evento di Ustica: tale versione è stata però messa in discussione dal giudice Priore, che condusse le indagini conclusesi nel 1999, anche sulla base dell’avanzato stato di decomposizione del cadavere del pilota. Ma se l’Aeronautica Militare mentì, cosa voleva nascondere? [3] Il 24 maggio 2010 il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, recentemente scomparso, affermò che un aereo francese si era messo sotto il Dc9, per non essere intercettato dal radar dell'aereo libico ... che stava trasportando Gheddafi. Ad un certo punto lancia un missile per sbaglio, volendo colpire l'aereo del presidente libico”. [4] Lo stesso Gheddafi nel 2003 dichiarava al suo popolo: “Gli americani erano sicuri che io fossi a bordo di quell'aereo e per questo lo buttarono giù”. Il giudice Priore avrebbe accertato che: “Secondo una fondata ipotesi, emersa già nel corso della nostra inchiesta e rafforzatasi in seguito, sembra che il bersaglio fosse proprio un aereo in cui viaggiava Gheddafi”. Ma, a differenza di quanto affermato da Cossiga e da Gheddafi, il giudice ritiene che l’aereo che viaggiava sotto la pancia del DC-9 doveva scortare Gheddafi, che si salvò e tornò indietro perché avvertito del pericolo probabilmente dai servizi segreti italiani, che avevano un rapporto privilegiato con la Libia. Quel che è certo è che l’aereo che viaggiava coperto dal DC-9 scampò all’attacco e si allontanò a tutta velocità: uno degli addetti agli schermi radar della base di Marsala, che aveva seguito tutta la scena, qualche istante prima della strage esclamò: “Questo adesso mette la freccia e sorpassa”. [5]
Insomma, anche in quel caso, pare che l’Italia abbia aiutato il dittatore libico. E non basta. Nel 2004, pare che un’azione congiunta di servizi segreti, tra cui l’americana CIA e il Sismi italiano, individuò una nave che trasportava la prova che Gheddafi possedeva un arsenale di armi di distruzione di massa, ma invece di rendere pubblica la scoperta, Stati Uniti e Italia, posero a Gheddafi un ultimatum che questi accettò. [1]
Ma perché l’Italia ha avuto interesse, a quanto pare, a coltivare un’amicizia con una sanguinaria dittatura come quella di Gheddafi? Quasi certamente le ragioni sono di natura economica. Ecco alcuni esempi del legame economico tra Italia e Libia che, anche in questo caso, sembrano un unico stato.
Appena giunto al potere, Gheddafi decide la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, ma mentre le compagnie americane sono costrette di fatto ad abbandonare Tripoli, l'Eni riesce a intavolare rapporti cordiali con il nuovo potere libico. Per difendere le sue proprietà minerarie l'Eni accetta di cedere il 50% di tutti i suoi giacimenti alla Noc, la società petrolifera di Stato libica, che ottiene un pagamento dilazionato in cinque anni senza interessi. Le trattative avvennero con la regia di Giulio Andreotti. Oggi affluiscono dalla Libia oltre 9 miliardi di metri cubi di metano. [6]
Il ruolo dell’Eni nella politica estera italiana veniva, tra l’altro, riconosciuto anche dall’incaricata d'affari americana a Roma Elizabeth Dibble che, nei cablogrammi pubblicati da Wikileaks, afferma che l’Eni "spesso appare dettare la politica energetica del governo italiano”, in riferimento, in quel caso, agli affari Eni-Gazprom, tra Italia e Russia.
Anche Gheddafi, inoltre, non ha disdegnato di investire le sue risorse in Italia. La Società nazionale per gli investimenti (Sni) libica detiene il 2,6% per cento delle azioni della banca Unicredit, il 2% di Finmeccanica e il 7% della Juventus Football Club. Gli interessi nel calcio del colonnello sono condivisi anche dal terzo figlio, Al-Sa'adi Gheddafi, che come qualcuno ricorderà ha giocato in Serie A con il Perugia, esordendo in un incontro contro la Juventus, e ha militato, sempre in Serie A, anche con l'Udinese e la Sampdoria. [1]
La Lafico (Libyan Arab Foreign Investment Company), invece,  ha oggi poco meno del 2% della Fiat (i rapporti tra Tripoli e la casa automobilistica torinese risalgono al 1976). [7] Nel 2009 inoltre vi fu un incontro a Palazzo Grazioli tra i principali esponenti degli investitori libici con le autorità italiane e i vertici di Mediobanca assegnando a quest' ultima il ruolo di advisor principale per lo sbarco in Italia. [8]
Inoltre il fondo LIA (Libyan Investment Authority) possiede l’1 per cento di Eni, il 26 per cento di Olcese, un’azienda tessile. Infine la LPTITC  (Lybian Post Telecommunications Information Technology Company) controlla il 14,798 per cento del gruppo ed è il primo azionista di Retelit, l’azienda di telecomunicazioni che nel 2008 ha vinto il bando per l’assegnazione delle frequenze WiMax in dieci regioni d’Italia. [9]
Tutti questi interessi commerciali incrociati tra Italia e Libia potrebbero essere alla base dell’accoglienza riservata a Gheddafi nelle sue visite in Italia nel giugno 2009, nel novembre 2009 e nell’agosto 2010: nell’ultimo incontro il colonnello organizzò alcuni dibattiti su Islam e Corano a circa cinquecento ragazze hostess, regolarmente stipendiate per la presenza. [1] E d’altronde cos’altro ci si poteva attendere dal maestro del bunga-bunga?
A dimostrazione di quanto l’Italia fosse affezionata allo spietato dittatore libico, nel maggio 2009. il consiglio della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Sassari approvò una proposta formale d'assegnare una laurea honoris causa in giurisprudenza al colonnello Gheddafi. [1] Incredibile davvero! In occasione di una delle visite del colonnello, Berlusconi disse: Riconosco nel leader libico una profonda saggezza”, sottolineando di essere legato al colonnello da “vera e profonda amicizia coltivata in questi ultimi quindici anni”. [10] Anche queste dichiarazioni sono sintomatiche di un rapporto speciale tra i due stati. Insomma con la fine di Gheddafi dobbiamo dire addio anche ad una parte di Italia. Finalmente.

A TRANI L’OTTAVA MERAVIGLIA DEL MONDO


In via Istria sta per nascere il primo esemplare di rotatoria ellittica

DA TRANI - Nella nostra città siamo da anni abituati a vedere realizzate opere pubbliche di cui sono in molti a dubitarne dell’efficacia sin dalla loro inaugurazione: tipici esempi sono i sottopassaggi in via Pozzopiano e via Giuliani, molte volte soggetti ad assurdi allagamenti (vedi post), e per cui l’amministrazione comunale ha già speso, oltre agli oneri per la loro realizzazione, migliaia di euro per interventi di miglioria a pochi anni dalla loro costruzione; le strade, molte delle quali asfaltate e, dopo pochi mesi, nuovamente dissestate e nuovamente riasfaltate, con ulteriore sperpero di denaro pubblico; le piazze, di cui ci siamo già occupati in precedenti post.
Ultimo intervento sulla viabilità stradale in corso di realizzazione è quello riguardante l’adeguamento dello svincolo di via Istria, a valle del cavalca-ferrovia. L’opera prevede una nuova sagomatura delle aiuole spartitraffico e la costruzione di un’estesa rotatoria ellittica, che ospiterà una fontana con zampilli e giochi d’acqua. I lavori, iniziati qualche settimana fa, vanno avanti spediti e più prende forma la nuova opera e più coloro che transitano in auto da quelle parti si rendono conto dei disagi che potrebbe creare questa modifica. Certo, in questo periodo questi sono accentuati dalla presenza del cantiere, ma già dalla parziale apertura del nuovo svincolo, i disagi non paiono ovviati. Anzi, come dimostra un video pubblicato sul sito di Radiobombo, si è già rischiato il primo incidente, con il coinvolgimento di una auto della sorveglianza notturna. I dubbi riguardano sia l’aspetto funzionale dell’opera, sia quello prettamente economico.
Partiamo dal primo. L’area in questione è uno snodo molto trafficato, vista la vicinanza di importanti arterie viarie in ingresso e in uscita dalla nostra città. Per cui, un intervento sulla viabilità nella zona era necessario. In più quest’ultima è in via di espansione, con la presenza nelle vicinanze di tre cantieri, quindi un’opera di riqualificazione urbanistica può senza dubbio incrementare il valore delle future costruzioni. Tuttavia, sono in molti a pensare che, per come l’opera sia stata progettata, non pare possa risolvere i problemi legati al traffico. Anzi, esso risulta essere aumentato, soprattutto su via delle Forze Armate nella corsia di discesa verso il centro città, fermo restando il fatto che una parte della nuova rotatoria è ancora chiusa al traffico. Ulteriori perplessità e spunti di discussione le offre la forma della nuova rotatoria. Essa appare sproporzionata rispetto alla carreggiata su cui sorge ed, infatti, ne riduce drasticamente le dimensioni, tant’è che non si potrà più parcheggiare vicino al marciapiede posto alle spalle della scuola media Baldassarre e sembra che tale restringimento potrebbe anche rendere difficoltose le manovre di automezzi di grandi dimensioni. Inoltre, la rotatoria (se così la si vuol definire) è realizzata per metà in pendenza, occupando la parte iniziale del cavalca-ferrovia, per cui chi la impegna, dovrà districarsi tra frenate e ripartenze in salita o in discesa. E arriviamo alla nota più dolente, le precedenze. Chi dà la precedenza? Chi ne ha diritto? Generalmente, i mezzi che impegnano una rotatoria, hanno diritto di precedenza, ma in questo caso anche il più abile maestro di scuola guida avrebbe difficoltà a interpretare il corretto flusso veicolare. I problemi più grandi si hanno nella parte ascendente, in direzione via Corato. Qui, si incrociano tre direzioni di marcia: quella da via Imbriani per via Falcone, quella da via Imbriani per via delle Forze Armate e quella da via Perrone Capano e via Falcone per via delle Forze Armate. Insomma, una bella situazione ingarbugliata. Un automobilista, oltre ad impegnare la rotatoria o una delle corsie di accesso al cavalcavia in salita, deve eventualmente fermarsi per dare precedenza (se riesce a indovinare chi ne ha diritto) e ripartire sperando di superare indenne questa prova di abilità automobilistica. Queste non sono solo supposizioni: sono, invece, disagi documentati dal video su citato e che chiunque può constatare facendo un giro da quelle parti. Inoltre, c’è anche chi ha espresso seri dubbi sull’altezza delle isole spartitraffico e dei cordoli, pericolosi e non idonei a garantire una via di fuga in caso di manto stradale sdrucciolevole o manovre errate. Tutti continuano a chiedersi chi abbia progettato una roba simile. In molti, almeno da quello che si può intendere leggendo i commenti rilasciati dai lettori sui siti internet dei media locali, si chiedono se la nuova conformazione possa migliorare il flusso veicolare e se fosse stato meglio, con quei soldi, finanziare opere più urgenti, come la risistemazione dei manti stradali sempre più dissestati. Arriviamo, dunque, alla questione economica. L’opera in discussione costituisce il secondo lotto di un più esteso intervento riguardante la zona Stadio, cominciato con la rotonda nei pressi della Caserma Militare e che si concluderà con la sistemazione dell’asfalto di via Annibale Maria di Francia. Questo secondo lotto verrà a costare 425.000 euro, ma oltre alla modifica dell’assetto viario, comprende, come detto, anche la realizzazione di una fontana [1]. Quest’ultima verrà realizzata grazie a un contratto di sponsorizzazione firmato tra il comune e una agenzia assicurativa tranese, che verserà 40.000 euro per la realizzazione e la gestione della fontana; ovviamente quest’ultima sarà circondata da cartelloni pubblicitari in bella mostra. Inoltre il contratto di concessione ha una durata di nove anni [2]. A questo punto ci si chiede poi che succederà? Qualcuno teme che la fontana possa fare la fine di quella sita nei pressi di piazza della Repubblica (meglio conosciuta come “L’Isola di Trani”), la quale fu “adottata” da Confesercenti, che, tuttavia, dopo pochi anni di gestione l’ha abbandonata e nessuno più se ne cura.
Ulteriori polemiche sono state alimentate dal circolo culturale “Il vaso di Pandora”, non tanto per l’idea della fontana in sé, quanto per le modalità con cui essa verrà finanziata. In una lettera, dopo aver elogiato il privato per questa concessione fatta alla città, evidenza i limiti di questa amministrazione, la quale “a causa della propria inerzia sancisce l’avvio di una nuova era che potremmo facilmente definire del fai da te.” In pratica, chiunque domani può svegliarsi e finanziare un’opera pubblica, tanto al comune nessuno se ne preoccupa: “si può tranquillamente sopperire all’incapacità amministrativa con l’iniziativa dei cittadini.” Il circolo cita anche l’esempio della scuola Papa Giovanni XXIII, in cui un gruppo di genitori ha provveduto di tasca propria alla tinteggiatura delle pareti di alcune classi.  Accuse non tanto velate a cui si aggiunge un finale con vena sarcastica, in cui si sottolinea come le tasse i cittadini le continuano a versare, ma forse quelle servono solo “per fare fronte ad indispensabili spese d’interesse pubblico quali l’acquisto di nuovi arredi nella stanza del sindaco, il rifacimento della sala giunta e della segreteria, l’acquisto di venti nuove targhe, il tutto per la modica cifra di circa 200 mila euro” [3]. E ciò, considerando le non rosee condizioni del bilancio comunale, incrementa i dubbi sulla gestione di quest’ultimo (tema anch’esso già trattato in post precedente).
In ultimo, viene il dubbio che l’opera sia stata progettata proprio al fine di realizzare la fontana, proprio al fine di far piacere al privato, ignorando le richieste di chi fruirà dell’opera, ignorando l’andamento del flusso veicolare nella zona. Vorremmo tanto non fosse così, che fosse il cittadino al primo posto, che almeno per un’ opera pubblica si desse precedenza alla funzionalità, ma i dubbi restano. Si voleva valorizzare dal punto di vista urbanistico la zona? Si sarebbe potuto realizzare un parco nelle aree limitrofe, porre un po’ di verde in una zona dal tasso di traffico altissimo, migliorando la qualità dell’aria vista la presenza in zona di asili e scuole, ma crediamo che questo i nostri amministratori non avrebbero potuto valutarlo visto che a Trani le centraline per la rilevazione dell’inquinamento atmosferico sono scomparse nel nulla. D'altronde, non crediamo che qualche alberello posto intorno a una fontana possa portare i benefici di cui i nostri polmoni hanno bisogno. Ma chi se ne frega di tutto ciò, noi da domani potremo inviare ai nostri cari foto e cartoline di Trani con la prima rotatoria ellittica del mondo…

domenica 20 febbraio 2011

I post della settimana

IL SINDACO DELLE PIAZZE, DIMENTICATE

La travagliata storia d’amore tra l’amministrazione comunale e le piazze storiche della città
DA TRANI - Pochi mesi fa il consigliere comunale Giuseppe Corrado tesseva le lodi all’amministrazione Tarantini, sottolineando le innumerevoli opere pubbliche messe in atto dalla giunta in questi anni, riguardanti soprattutto piazze e vie del centro storico di Trani. Da piazza Teatro, a piazza Mazzini, da Piazza Sacra Regia Udienza a piazza Quercia e piazza Longobardi, queste ultime ancora con lavori in corso. Tutte opere, a detta del consigliere, che “hanno completamente stravolto il volto della nostra città gettando le basi per il futuro e lo sviluppo della stessa” [1].  Tuttavia se provassimo a chiedere a un turista giunto in città un pensiero sulle nostre piazze storiche, crediamo che egli ci risponderebbe che non sono altro che distese di pietra, poco valorizzate e per niente salvaguardate.
Lunga vita alla pietra di Trani!” esclamava qualche anno fa il sindaco Tarantini, evidenziando come la sua giunta stesse puntando sulla valorizzazione del prodotto, divenendo un vero e proprio sponsor per la pietra tranese [2]. A noi pare che si stia un po’ esagerando. Tutti i lavori svolti o in via di svolgimento nelle nostre piazze prevedono, infatti, la ripavimentazione con materiale lapideo locale e … basta, solo quello.
Forse solo nel caso di piazza Teatro ci si è sbizzarriti nel progetto di riqualificazione. Ed effettivamente in questo caso i lavori sono stati più che necessari, visto lo stato di totale abbandono e degrado in cui era la zona, prima che essa diventasse uno dei centri di ritrovo per eccellenza della città.  Tuttavia, anche qui i proclami dei nostri politici lasciano il tempo che trovano. Basta farsi un giro il sabato sera. Arrivati nella suddetta piazza ci si trova di fronte a uno spettacolo indegno: contenitori della spazzatura completamente pieni, che solo ad avvicinarsi si corre il pericolo di essere travolti da tovaglioli e lattine. Ma non è tutto. Ovviamente, tutto ciò che nei (piccoli) bidoni non entra, viene gettato per terra e lì rimane fino alla mattina dopo. Molti diranno che questo è tutta colpa dell’inciviltà di chi frequenta la piazza, ma è anche vero che su questa scarseggiano i bidoni della spazzatura. Sono presenti solo i piccoli contenitori in ghisa di cui si è parlato in precedenza, sicuramente insufficienti, e i contenitori dei locali presenti intorno alla piazza.  Qualche anno fa il sindaco, a chi gli chiedeva conto di questo problema, rispondeva che porre troppi cassonetti avrebbe rovinato l’aspetto estetico della piazza.  Tovaglioli e lattine gettate per terra la nobilitano, invece! Certo, non si sta chiedendo di porre contenitori al centro della piazza, ma almeno nelle stradine che confluiscono in essa, affidandoci comunque al buon senso degli avventori. Per ovviare a questo problema, nel lontano 2006 l’allora vice-sindaco Mauro Scagliarini si proponeva di porre in atto una politica di controllo ambientale nel centro storico, con l’ausilio della polizia municipale e dei proprietari dei locali [3]. Ma ad oggi, se non per i piccoli contenitori per la raccolta differenziata posti in piazza dall’Amiu e dalla cooperativa “La rosa blu”, non ci pare che siano stati raggiunti grandi risultati. 
Se per piazza Teatro è stata messa in opera una seria valorizzazione, almeno dal punto di vista turistico (anche se l’ideale sarebbe stata realizzarne una dal punto di vista culturale con la ricostruzione del celebre Teatro) con l’apertura di vari punti di ritrovo per i giovani e non solo, per le altre piazze storiche restaurate negli ultimi tempi ciò non pare essere stato realizzato. Classico esempio è piazza Sacra Regia Udienza, nei dintorni della Cattedrale e dell’Archivio di Stato. Anche qui, distesa di pietra e palme poste qua e là. Niente di più. Nessuna panchina, nessun’altro arredo pubblico, nessuna opera di valorizzazione urbanistica. Eppure questa potrebbe essere considerata un viale che conduce alla maestosa Cattedrale, che tra l’altro vista dalla piazza offre uno scorcio straordinario. Il risultato è invece un’assurda desolazione, anche nei giorni festivi. La gente non è certamente attratta da un posto dove risulta difficile trascorrere un paio d’ore tra amici.
Il timore è che anche la futura piazza Quercia, nella nuova versione che sta venendo alla luce con i recenti lavori, possa fare la stessa fine. Almeno dando un’occhiata al render del progetto riportato dal cartellone esplicativo dei lavori, posto nelle vicinanze del cantiere, sembra di rivedere una “nuova” piazza Sacra Regia Udienza.  In questo caso, si sta intervenendo anche sui sotto servizi presenti al di sotto del piano stradale: i lavori riguardano la fognatura, e su questo siamo sicuri, non certo perché li ricorda Corrado nelle sue lodi, ma per i cattivi odori che in questi giorni chi passeggia vicino al cantiere ha la possibilità di percepire. Ma tornando in superficie, la piazza, di solito sede di concerti musicali estivi, diventerebbe, secondo chi ha progettato il restyling,  l’onnipresente geometra Pinto, una zona unicamente pedonale, non più carrabile, almeno si spera.  E si, visto ciò che sta accadendo nella vicina via San Giorgio, anch’essa sottoposta a lavori di restauro, citati anche questi con tanto fervore dal su citato Corrado, e che dovrebbe essere zona pedonale. Sottolineiamo il  "dovrebbe", visto che molto spesso si vedono auto che transitano sul manto creato con basole nuove di zecca, noncuranti della segnaletica e della catene poste alle due estremità della strada. Addirittura, recentemente si sono verificati vergognosi atti di danneggiamento perpretrati ai danni delle piante e delle catene stesse [4]. Il tutto fortemente stigmatizzato dalle autorità, prontamente intervenute a riparare: ma chi vuole, può fare qualunque cosa, e puntualmente la gente continua a transitare in auto, senza che vi sia in zona un serio controllo da parte delle forze dell’ordine. Serve intervenire sulle bellezze storiche della città, se poi vengono dopo poco tempo abbandonate a se stesse? Almeno, a quanto pare verranno sistemate delle telecamere per videosorveglianza, a patto che qualcuno visioni i filmati [5]. Comunque, anche qui facciamo appello almeno al senso civico dei nostri concittadini.
Un caso a parte è quello di piazza Campo dei Longobardi, di cui si è parlato dettagliatamente nei post precedenti. La totale assenza di notizie (sia sui media sia all’interno dei partiti di opposizione, a cui farebbe molto comodo sfruttarle per assestare un bell’affondo all’attuale maggioranza) a proposito dei possibili ritrovamenti che si potrebbero verificare durante i lavori, dimostra come la cultura a Trani non ricopre il posto che merita nei bilanci comunali.
A proposito di bilanci, tanti ma tanti soldi pubblici sono stati spesi nell’ultimo decennio per piazza XX Settembre. Biglietto da visita della città per chi arriva in treno, con i lavori susseguitisi in questi anni è diventata un obbrobrio, nella più totale non curanza. Poco illuminata in superficie di notte, ricettacolo di topi e insetti nei sotterranei, lì dove avrebbe dovuto esserci un parcheggio, ad oggi tutt’ora inutilizzato. Bel biglietto da visita, non c’è dubbio! Ebbene sono passati un bel po’ di anni dal giorno dell’inaugurazione (amministrazione Avantario) e l’unica novità è stata la realizzazione della fontana con San Francesco che benedice lo sventurato turista che arriva in città, sventurato perché non può neanche chiedere informazioni, vista l’assenza di un info-point che lo possa accogliere, come in una località turistica che si rispetti.  Manca anche una postazione della Polizia Municipale che possa controllare la zona, anzi addirittura la nostra stazione è completamente priva di uffici della Polizia Ferroviaria. E c’è chi si lamenta della presenza assidua di gruppi rom, senzatetto e tossicodipendenti che si aggirano per la piazza. Perché non affidare a gruppi di volontariato i locali sotterranei della piazza, affinchè si possa realizzare un dormitorio o un centro di accoglienza? Ci chiediamo questo perchè non si capisce a che punto sia il procedimento giudiziario legato al parcheggio inutilizzabile, a patto che ce ne sia uno in corso. Non ci è dato sapere di chi siano le responsabilità di uno scandalo di una gravità eccezionale, non ci è dato sapere chi ha lucrato con i soldi pubblici spesi per tale opera, non ci è dato sapere perché attualmente non si intervenga ad adattare l’area ad una nuova destinazione d’uso. Intanto le lamentele dei residenti rimangono inascoltate.
Insomma, il rapporto che lega l’amministrazione comunale alle nostre piazze è un amore fuggevole, che dura giusto il tempo di una solenne inaugurazione e si conclude subito dopo, con la povera piazza lasciata lì, abbandonata a se stessa, senza che nessuna la salvaguardi, trattamento che,  invece, meriterebbe. Eccome se lo meriterebbe.

IL “MISTERO” DI PIAZZA XX SETTEMBRE

Le disastrose vicende di una piazza che spiazza
DA TRANI – Dopo il “tesoro” di Piazza Longobardidi cui ci siamo occupati la settimana scorsa, questa volta parliamo del “mistero” che sembra avvolgere la piazza antistante la stazione ferroviaria che ospita un parcheggio sotterraneo da troppo tempo inutilizzato. Le domande che sorgono spontanee nella mente dei cittadini che osservano il desolante aspetto attuale della piazza, specie se confrontato con quello che aveva qualche anno fa, sono molte. Perché il parcheggio è inutilizzato? Si può sperare che un giorno il parcheggio venga utilizzato come tale? Se si, cosa si attende? Se no, cosa è successo in questi anni e di chi sono le responsabilità? E’ incredibile che a queste domane non si riesca a dare una risposta definitiva: la responsabilità di questa mancanza di informazione su un’opera pubblica di questa portata, che ha richiesto un enorme dispendio di soldi pubblici, ce l’hanno naturalmente gli amministratori della cosa pubblica (la critica è bipartisan in questo caso) e i giornalisti locali. Da notare che questa settimana qualcuno tornava ad occuparsi della piazza dimenticata per evidenziare il degrado in cui versa, ma lo faceva puntando il dito contro “zingari” e “senzatetto”, accusati di frequentare il luogo (non si capisce perché non potrebbero farlo!) insieme a “tossicodipendenti” e “prostitute”, senza sottolineare le grosse responsabilità politiche che hanno prima sperperato il denaro dei contribuenti in un’opera inutilizzata e forse inutilizzabile, per poi abbandonarla all’assoluto degrado: chissà cosa scoprirebbero i nostri amministratori se osassero, un giorno, mettere la testa sotto quella squallida rampa di asfalto nero? [1] A leggere i commenti degli abitanti della zona si capisce come Piazza XX Settembre sia diventata praticamente un angolo di periferia in pieno centro. Ma come si è giunti a questa situazione? Procediamo con ordine.
Le prime idee e le prime disposizioni per la realizzazione del parcheggio sotterraneo si perdono nella notte dei tempi, alla fine della Prima Repubblica, nel 1993 quando il Consiglio Comunale di Trani fu sciolto per infiltrazioni mafiose: l’idea del parcheggio sotterraneo partì dalla Commissione Straordinaria che si insediò subito dopo quell’increscioso avvenimento e fu portata avanti dalle amministrazioni Tamborrino (centro-destra) e Avantario (centro-sinistra). Nel 1999, mentre i lavori per il parcheggio sotterraneo procedevano a fatica (un cartellone bugiardo recitava "Inizio lavori 2.2.1998; Ultimazione lavori 1.8.1999"), i cittadini del “quartiere Stadio” chiedevano all’allora sindaco Carlo Avantario il prolungamento del sottovia pedonale già esistente nella Stazione Ferroviaria da Piazza XX Settembre fino a via del Ponte Romano.  Ma la loro richiesta, per quanto pienamente legittima, era destinata a restare inascoltata per molti anni e pare ancora oggi non essere nelle priorità dell’attuale amministrazione Tarantini. [2] Nel 2000 alcuni giornalisti locali alzavano la voce per la rimozione della bellissima palma posta in piazza XX Settembre, parlando addirittura di "vilipendio di cadavere", ma negli anni successivi non furono in grado di spendere una sola parola per capire e spiegare ai cittadini a cosa è servita quell’enorme buca che ci ritroviamo oggi, oltre che ad inghiottire denaro pubblico. [3] Nel frattempo qualche cittadino (G.D.M.) iniziava giustamente a chiedersi: "Ma ne valeva la pena? È giustificato l'impegno di spesa con tutti i problemi connessi per la realizzazione in quel sito e la successiva gestione di un parcheggio interrato multipiano che dovrà ospitare - si dice - duecento macchine, quando sulla vecchia piazza c'era posto per cento auto?”. [4] Un nuovo problema (imprevedibile) si poneva ai nostri amministratori di allora: oltre alla realizzazione del parcheggio, come si sarebbe dovuto rendere fruibile la piazza sovrastante? Eh no, non ci aveva pensato proprio nessuno! Solo allora il Consiglio Comunale decise di adottare un atto d'indirizzo per il nuovo assetto della piazza. [5] E cose previde quell’atto? Incredibile a dirsi a posteriori: la piazza sarebbe diventata punto di snodo di mezzi pubblici con verde ed elementi architettonici congrui all’ambiente circostante ed alla stessa struttura della stazione. [6] E poi cosa è successo? Aspettate … Ancora più clamorose furono le reazioni politiche dell’allora opposizione, oggi maggioranza del consiglio comunale; l’attuale sindaco Giuseppe Tarantini puntò il dito contro l’Amministrazione Avantario "per colpa della quale abbiamo perso dieci mesi di tempo per partorire, alla fine, un atto d’indirizzo che afferma cose scontatissime, tipo il transito e sosta di mezzi pubblici e quant’altro". Da allora di mesi ne sono passati oltre un centinaio e forse Tarantini avrà perso la memoria delle feroci critiche di allora perché sulla piazza oggi non può transitare alcun mezzo. Intanto partiva il tipico gioco dello “scarica barile”: secondo l’assessore ai LL. PP. di allora, Giovanni Capone, la Commissione Straordinaria del 1993 “pensò a questo progetto con la fretta dettata dalle scadenze e con leggerezza”. [7] Anche Domenico Miranda accusava Capone di aver perso tempo inutilmente, ma poi quando lui stesso sarebbe diventato assessore ai LL. PP. si dovettero attendere oltre due anni per porre in atto un progetto che, almeno a prima vista, non sembra avere molto in comune con quello del 2003, almeno a giudicare dai due anacronistici colonnati (è un eufemismo naturalmente!) “tesi a mascherare il rudere”, così come lo stesso Miranda riferiva già nel 2004. I lavori seguirono le direttive dell' ing. Franca Nolasco e furono eseguiti dalla ditta “Edilizia Giannarzia Tommaso S.r.l.” di Monopoli per una spesa di 540.000 euro. [8] [9] [10]. Il 6 febbraio 2006 il sindaco Tarantini inaugurava la piazza con la statua di S. Francesco alla presenza dell’Arcivescovo, dopo che già Avantario ebbe modo, prima della sua caduta, di inaugurare il “parcheggio” anche lui alla presenza di autorità religiose, a dimostrazione probabilmente che si intuiva, in qualche modo, che la questione poteva essere risolta solo da interventi provvidenziali. Inizia ad essere chiaro, comunque, che qualcosa nel progetto del parcheggio sottostante non deve essere filato liscio come l’olio: Fabrizio Ferrante parla di “delitto urbanistico ed architettonico” e comincia ad evidenziare come “oggi [sempre nel 2006, nda] del parcheggio non si parla più e non capiamo veramente cosa ci sia da inaugurare”. [11] A Ferrante replicava l’ormai dimissionario assessore Miranda: “Il parcheggio sotterraneo? Se non si fa il piano del traffico è inutile parlarne. Per tutto il mio mandato non ho fatto altro che sollecitare il sindaco e la giunta su questo problema". Insomma secondo Miranda il problema sarebbe stato il piano del traffico, mentre anche i Verdi iniziano a parlare di un “fallito parcheggio” che si rassegna alle infiltrazioni d'acqua ed al proliferare di topi ed insetti”. Mah! Ma Tarantini insisteva: “Sfido adesso chiunque ad affermare che la piazza non è bella.De gustibus … Ad ottobre 2006, sollecitato da un cittadino in un forum sul web, il sindaco rispondeva addirittura: “Tra qualche mese il parcheggio , gestito dall’AMET, sarà utilizzabile a tutti gli effetti”. [17]
Poi però l’alterna sorte lo costringeva ad abbandonare il ruolo di sindaco; il commissario straordinario Angelo Trovato prendeva anche lui a cuore la questione e decide di “realizzare il completamento del parcheggio sotterraneo multipiano di piazza XX Settembre, per l'ultimazione del quale mancano impianti elettrici, collaudi e le altre dotazioni previste. [14] Ma insomma questo parcheggio si può ancora fare o no? La nebbia del mistero si infittisce.
Nel 2008 il consigliere comunale indipendente Franco Caffarella propone il prolungamento del sottopasso pedonale (lo stralcio dell’opera fu approvato in Consiglio Comunale il 22 Settembre 2008 [16]) e il completamento e la gestione (con project financing) del parcheggio sotterraneo: quindi il parcheggio si può ancora fare … [15] Pare proprio di no.  Il 12 Aprile 2010 Ferrante tornava sulla questione chiedendosi: Chi furono i progettisti? Se l’opera non può più essere destinata a parcheggio allora qualcuno ha sbagliato. Il Comune ha mai agito contro eventuali responsabili di tali errori? A chi è convenuto che l’opera fosse realizzata?” [18] Ma sul perché il parcheggio non sia più realizzabile non è dato avere chiarezza: alcuni parlano di infiltrazioni d’acqua, altri di mancato rispetto di alcune norme per la sicurezza nella redazione del progetto. Il senatore Roberto Visibelli, invece, già nel 2004, avanzava ipotesi attinenti a problemi di precarietà statica delle strutture: il parcheggio non consente la sosta degli autobus nella zona sovrastante. Questo spiega anche il perché l’originario progetto della piazza è stato stravolto per far posto all’obbrobrio che ci ritroviamo oggi. [19] Negli ultimi mesi, però, l’assessore ai LL. PP. Piero Di Savino promette che nel 2011 partiranno i lavori per il prolungamento del sottopasso [20], mentre il consigliere Pdl Giuseppe Corrado annuncia (incredibile!) l’apertura del parcheggio sotterraneo proprio nel corso di quest’anno. [21]
Insomma le nubi sul parcheggio e sulla piazza non sembrano destinate a diradarsi. Nel “mistero” che avvolge la piazza, però, appare chiaramente l’incompetenza o, se non altro, l’indifferenza della classe politica che ci ha governato in questi anni: insomma dei politici con la “P” maiuscola. Si, nemmeno quella di “Parcheggio”.

[2] http://www.radiobombo.com/news/35447/trani/un-intero-quartiere-alza-la-voce

[3] http://www.radiobombo.com/news/35889/trani/-la-vecchia-palma-e-i-nuovi-alberi-

[13] http://www.radiobombo.com/news/37024/trani/opere-pubbliche-e-crisi-i-verdi-l-inaugurazione-della-vasca-e-il-trionfo-dell-ipocrisia-

[14] http://www.radiobombo.com/news/39040/trani/cimitero-e-stazione-ecco-le-nuove-priorita


domenica 13 febbraio 2011

I post della settimana

DA PALAZZO CARCANO A PIAZZA LONGOBARDI, QUANDO LA CULTURA DIVENTA UN PESO

Cosa accadrebbe se sotto la piazza si nascondesse un vero e proprio tesoro?

DA TRANI - Pochi giorni fa sono stati avviati i lavori di risistemazione della piazza Campo dei Longobardi, la vecchia “piazza del pesce”. Da agosto in poi (termine ultimo indicato per la fine dei lavori), la zona ospiterà un nuovo “salotto” pedonale per la nostra città, stile piazza Teatro. L’area verrà ripavimentata con materiale lapideo locale (almeno si spera) e abbellita da alberi di leccio e panchine in ghisa e legno, simili a quelle poste nella vicina piazza Mazzini. In più, al centro, secondo quanto riporta il progetto redatto dal (solito) geometra Saverio Pinto dell’Ufficio Tecnico Comunale, saranno posizionate le tavole degli Statuti Marittimi, incise su rame. La realizzazione dell’opera, affidata all’impresa “Gramegna Luigi” aggiudicataria dell’appalto, prevede un costo di 450.000 €, ottenuti con un mutuo dalla Cassa Depositi e Prestiti, e una durata di 200 giorni.
Certamente, l’idea di abbellire la piazza, eliminando quell’obbrobrio che era diventata, è sicuramente buona, ma non mancano le dolenti note, su cui poter discutere.
In primis, bisognerà capire come l’apertura di un ulteriore cantiere, dopo quello di piazza Quercia, in una zona del centro storico molto frequentata, possa incidere sul traffico veicolare nelle ore di punta. Basti vedere quel che accade durante le serate dei giorni festivi sul porto, code immense e auto parcheggiate il più delle volte in divieto di sosta, e ciò che abbiamo già notato a pochi giorni dall’apertura del cantiere in piazza Longobardi: anche qui auto parcheggiate vicino alla recinzione, a restringere ancor di più la strada che porta in via Ognissanti. E questo, senza che si provveda a multare gli incivili e a tutelare i residenti della zona. Non osiamo immaginare ciò che succederà nei mesi estivi, con il fisiologico aumento dell’afflusso dei forestieri in città. Il problema è sempre il solito: l’amministrazione si vanta della realizzazione di questi salotti pedonali che fanno tornare il centro storico, a detta del sindaco, al suo originario splendore. Ma se solo la stessa amministrazione provvedesse alla realizzazione di aree riservate a parcheggio, magari collegate con un efficiente servizio di bus navetta al centro cittadino, come accade in molte città turistiche che si rispettino, queste opere sarebbero accolte con molto più entusiasmo, anche da coloro che nel centro storico vi abitano.
Altro problema che offre spunti di discussione è quello legato al mercato settimanale che si svolgeva nella piazza. Gli ambulanti, con l’inizio dei lavori, sono stati trasferiti in piazza Madre Teresa di Calcutta, in zona Sant’Angelo, nei pressi del Liceo scientifico. Si è giunti a questa soluzione solo poche settimane fa, senza che mancassero polemiche tra comune e associazioni di categoria. Inizialmente si era indicata la zona del molo di Santa Lucia, dopo che ai pescatori era stata vietata la vendita sulla banchina. Poi piazza Dalla Chiesa, su cui addirittura era già stato redatto un progetto di adattamento a zona mercatale, subito osteggiato da Verdi e Legambiente, visto che prevedeva l’abbattimento degli alberi presenti, per far posto a box prefabbricati e servizi igienici, i quali avrebbero ulteriormente privato la zona di verde pubblico. E infine si è giunti alla scelta della suddetta piazza, nella ex zona 167. Ebbene, leggendo un po’ di commenti rilasciati sulle pagine web dei siti di informazione tranesi, gli abitanti della zona non sono per niente entusiasti della scelta. La paura è che la piazza, già abbandonata a se stessa, a detta di molti, arrivi a condizioni igienico-sanitarie precarie, come è successo alla vecchia piazza del pesce. I cittadini non hanno certo tutti i torti a lamentarsi. Il problema è sempre attuale. Tuttavia, a nessuno, se non ai Verdi, è venuto in mente di adattare ad area mercatale le numerose zone presenti in periferia, che avrebbero, in tal modo, la loro naturale destinazione. Mi riferisco ai capannoni Ruggia, in via Imbriani, o ai capannoni dell’ex mercato ortofrutticolo presenti in via Andria, di fronte al carcere. Non si riesce ancora a capire il perché non vengano sfruttate queste aree, ormai quasi del tutto abbandonate o inutilizzate. Ah, dimenticavo! In realtà un’opera di adeguamento è stata fatta: affinché, infatti, gli operatori del mercato siano comodamente ospitati nella nuova area, qui sono stati posti dei bagni chimici. Almeno quello…
Tuttavia, la questione che più allarma e di cui nessuno parla è quella relativa ai possibili ritrovamenti di chiese risalenti al XIV secolo, che potrebbero venire alla luce nel corso dei lavori. Di questo se ne parla più dettagliatamente in un altro post. Ciò che più si teme è che la piazza faccia la fine di Palazzo Carcano, una delle storie più vergognose della storia moderna della nostra città. Il palazzo, in origine ospitante un istituto delle Suore del Divino Zelo, fu acquisito dal Comune di Trani nel lontano 1999, per realizzare nuovi uffici giudiziari. Solo cinque anni dopo, nel giugno 2004, fu aggiudicato l’appalto per i lavori per una cifra di circa 2,4 milioni di euro ed una durata di 574 giorni, a partire dalla consegna dei lavori. In realtà tale consegna fu solo parziale, poiché l’edificio si rilevò in parte abusivamente occupato. Successivamente, a poche settimane dall’inizio dei lavori, vennero alla luce dei preziosi reperti archeologici e i lavori furono sospesi a novembre, affinché venisse redatta una perizia di variante supplettiva. La cosa assurda è che tali ritrovamenti non possono essere considerati una sorpresa, se è vero che (come riporta radiobombo.it) già nel lontano 1996, nel progetto redatto dalla Sovrintendenza per la ristrutturazione dell’immobile, erano previsti degli importi per scavi archeologici. Quindi già era noto, ben otto anni prima, che i lavori al palazzo Carcano avrebbero riportato alla luce resti di mura medievali e, addirittura, resti di presenze preistoriche. Un patrimonio inestimabile. La campagna di scavi iniziò nel 2005, protraendosi fino al 2008, quando con una lettera alla Sovraintendenza il sindaco Giuseppe Tarantini comunicò la carenza di fondi per la continuazione degli scavi. E certo, in quel periodo il Comune era impegnato a risanare gli enormi debiti accumulati nella precedente amministrazione Tarantini, che ancora attanagliano le casse cittadine (come riportato in uno dei nostri post). Figuriamoci cosa accadrebbe se simili ritrovamenti venissero alla luce durante i lavori in piazza Longobardi. Nello stesso 2008 il Comune consegnò la parte di immobile originariamente occupata abusivamente. Si previde all’epoca che almeno quella parte di palazzo sarebbe stata conclusa e consegnata al Tribunale entro l’aprile del 2010. Ma coloro che, passeggiando tra la maestosa Cattedrale e l’imponente Castello Svevo, si imbattono nel triste spettacolo dei resti di palazzo Carcano, circondati da una fatiscente recinzione, delimitante l’eterno cantiere, si rendono conto delle assurdità messe in atto nella nostra città. Inoltre, se qualcuno sa che fine ha fatto il materiale ritrovato durante gli scavi può ritenersi fortunato. C’è chi riferisce che in parte è stato portato al Museo Diocesano, oppure chi testimonia atti non certo conservativi attuati nei riguardi dei manufatti ritrovati. Insomma le voci si rincorrono, ma evidentemente a pochi interessa a chi è stata affidata la loro conservazione. Eppure quando si presentano progetti di restyling nelle zone storiche di Trani, i nostri politici si affannano nel rivendicare le qualità di polo turistico e culturale della città e sottolineano come queste opere ne aumentino l’appeal. Ciò che, invece, è certo è che il Comune nel 2009 è stato condannato a pagare all’azienda aggiudicataria dei lavori una somma pari a 600.000 €, per i danni dovuti alla sospensione prolungata dei lavori (e questo, purtroppo, non è un caso isolato a Trani). Intanto, in tutti questi anni l’autorità giudiziaria ha continuato a chiedere insistentemente al Comune nuovi immobili, per adeguare l’edilizia giudiziaria del polo tranese. Ma l’incredibile incapacità di gestione degli eventi legati a Palazzo Carcano ha influito a bloccare tale processo di adeguamento. Nell’agosto scorso sembrava palesarsi all’orizzonte un’ulteriore beffa: l’amministrazione aveva pubblicato un bando finalizzato ad individuare un immobile in periferia, ove trasferire gli uffici. Come sottolineato dal consigliere comunale Di Gregorio (Verdi), sono stati spesi sino ad ora oltre sei milioni di euro per rammodernare i palazzi di proprietà comunale esistenti e qualcuno, chissà per quale oscuro motivo, ha pensato di trasferire gli uffici in un capannone privato! E dei palazzi del centro storico cosa ce ne faremmo dopo aver speso tanti soldi pubblici?”.  Il Sindaco aveva difeso questa eventualità desiderando che “il centro storico non fosse più sottoposto all’impatto giornaliero delle centinaia di automobili che lo intasano sia nelle ore mattutine che in quelle serali e notturne”. Fortunatamente il tutto è finito in una bolla di sapone e gli uffici giudiziari restano dove sono, nella speranza che idee farlocche e poco fattibili siano sostituite da serie opere di valorizzazione dell’immenso patrimonio storico-culturale di Trani.