domenica 23 gennaio 2011

I GUAI DI BERLUSCONI: DA RUBY ALLE STRAGI DI MAFIA

Altri guai giudiziari stanno per coinvolgere il premier, nell’indifferenza dei media
DALL’ITALIA – L’attenzione riservata alla “vicenda Ruby” da parte dei media nazionali è il primo caso in cui le vicende giudiziarie di un politico italiano (men che meno di Berlusconi) sono portate all’attenzione degli italiani con tanta, quasi nauseante, insistenza. Intendiamoci, la vicenda ha la sua importanza: in un altro paese, il premier sarebbe stato costretto alle dimissioni immediate. Naturalmente i media, o perlomeno quelli più apertamente di regime, hanno il loro interesse nel divulgare con tanta dovizia di dettagli le tristi vicende in cui Silvio Berlusconi è coinvolto. Innanzitutto si cerca il più possibile di addentrarsi nei particolari più pruriginosi, citando il meno possibile quelle che sono le ipotesi di reato: concussione e prostituzione minorile. 
Inoltre, mentre i media indugiano solo sul caso Ruby, altri guai giudiziari sembra che stiano per coinvolgere il premier, in questioni di ben più grave importanza. Parliamo di stragi: delle stragi del 1993 che seguirono quelle di Capaci, in cui morì il giudice Falcone, e quella di via D’Amelio, in cui perse la vita il giudice Borsellino. Per le stragi di Firenze (l’attentato agli Uffizi, in via dei Georgofili,  5 morti, 48 feriti), di Milano (l’attentato al Padiglione d’Arte Contemporanea, 5 morti), di Roma (a S. Giorgio al Velabro e a S. Giovanni in Laterano, 22 feriti) e per quella prevista allo Stadio Olimpico della capitale (saltata all’ultimo).
Nell’indagine sui mandanti occulti di quelle stragi, compiute da Cosa Nostra, la Procura di Firenze iscrisse nel registro degli indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri (con gli identificativi AUTORE 1 e AUTORE 2). Il Pm di Firenze, nel 1998, chiese l'archiviazione del procedimento al termine delle indagini preliminari, nonostante si accertò “un'obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione” (ovvero Forza Italia) e che durante le indagini “l'ipotesi iniziale abbia mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità”. [1] Non sono vicende che ci vengono raccontate spesso in televisione. Non ci viene spesso ricordato che Berlusconi e Dell'Utri furono iscritti nel registro degli indagati, anche a Caltanissetta, come mandanti delle stragi di Via D'Amelio e Capaci.  Nel 2002 il fascicolo venne archiviato, su richiesta dello stesso PM, perché il quadro indiziario risultava friabile. [1]
Nel post pubblicato da TranItaliaMondo la scorsa settimana, nell’elenco dei procedimenti giudiziari in cui Berlusconi è coinvolto o lo è stato, tralasciammo volutamente le vicende giudiziarie in cui è coinvolto il premier per questioni di mafia perché avrebbero meritato un approfondimento a parte. Questa settimana si presenta l’occasione per parlarne.
Il pentito Giovanni Ciaramitaro, deponendo a Firenze al processo sulle stragi del 1993, ha infatti tirato nuovamente in ballo il premier. “Francesco Giuliano [un boss di Cosa Nostra, nda] mi disse che erano stati dei politici a dirgli questi obiettivi, questi suggerimenti e in un’altra occasione mi fece il nome di Berlusconi. […] La ragione delle stragi era l’abolizione del 41 bis, l’abolizione delle leggi sulla mafia. Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato. C’erano dei politici che indicavano quali obiettivi colpire con le bombe: andate a metterle alle opere d’arte […] chiesi a Giuliano perché dovevamo colpire i monumenti e le cose di valore fuori dalla Sicilia. Lui mi disse che ci stava questo politico, che ancora non era un politico, ma che quando sarebbe diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito queste leggi. Poi mi disse che era Berlusconi”. [2]
Dichiarazioni che ricordano molto da vicino quelle rese da un pentito più celebre, Gaspare Spatuzza, che dichiarò: I Graviano mi dissero che gli attentati di Firenze, Milano e Roma non ci appartenevano. Quello era terrorismo. Ma mi dissero anche che era bene portarsi dietro questi morti, così chi si doveva muovere si sarebbe mosso […] Giuseppe Graviano mi disse che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo. Mi parlò di Berlusconi e Dell’Utri: con loro ci eravamo messi il paese nelle mani”. In seguito a quelle dichiarazioni, secondo quanto riporta la giornalista Claudia Fusani, Berlusconi e Dell’Utri sarebbero stati nuovamente iscritti nel registro degli indagati della Procura di Firenze nell'agosto 2010. [3]
Poi, sempre nel corso di questa settimana, ci sono state le dichiarazioni di un altro pentito, Pasquale di Filippo, che ha dichiarato: ”Da quando avevo 20 anni mi hanno sempre detto cosa dovevo votare politicamente, io e tutti gli altri. Nel ’94, quando ci sono state le elezioni in Sicilia, abbiamo votato tutti per Berlusconi, perché Berlusconi ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis […] Berlusconi ci doveva aiutare: doveva far levare il 41 bis, cosa che in quel periodo non è successa. Io mi sono lamentato con Bagarella personalmente, dicendogli che là [in carcere, nda] ci stanno ammazzando a tutti. Perché ancora non ha fatto niente? Lui mi ha risposto in siciliano: in questo momento lascialo stare perché non può fare niente. Mi ha fatto capire che c’erano altri politici che gli giravano attorno, nel senso di vedere quello che lui faceva, e quindi lui non si poteva esporre più di tanto. Comunque appena c’è la possibilità lui ci aiuterà. Questo è stato il dialogo che io ho avuto con Bagarella”. [2]
Sempre nell’ambito dello stesso processo, sempre nel corso di questa settimana, altre dichiarazioni di pentiti avrebbero dovuto scuotere l’opinione pubblica in un paese normale. Non in Italia, dove si parlava solo di Ruby & co. Il collaboratore di giustizia Salvatore Grigoli, racconta che tra il 1993 e il 1994, il boss Nino Mangano gli ha detto “che i Graviano avevano in mano un personaggio. […] All’epoca quel nome non mi diceva nulla, ma oggi mi dice qualcosa: Dell’Utri”. Stando alle dichiarazioni di Grigoli, l’appoggio di Cosa Nostra a Forza Italia fu deciso “quando non se ne fece più niente del partito Sicilia Libera e fu deciso che bisognava votare Berlusconi perché fu detto che solo lui ci poteva salvare. Me lo disse Nino Mangano”. Interessanti sono anche le dichiarazioni di Tullio Cannella, colui che fu incaricato nel 1992 di formare il partito politico Sicilia Libera. “Le stragi volevano essere messaggi” a personaggi dello Stato “che avevano preso impegni con Cosa Nostra”. [4] Riemerge ancora una volta il tema della trattativa Stato-mafia già affrontato in questo blog.
A proposito di Dell’Utri, nell’ambito di un’altra vicenda fiorentina, quella che vede indagato il coordinatore del Pdl Denis Verdini per fatture false, scopriamo, sempre dalle notizie della settimana, che, tramite la sua banca, il Credito Cooperativo Fiorentino, nel maggio 2008 transitavano un milione e mezzo bonificati da Silvio Berlusconi per Marcello Dell’Utri, probabilmente violando le norme antiriciclaggio. [5]
Per concludere in bellezza, qualche  giorno fa è venuto fuori anche un pizzino scritto dall’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, destinato al boss Bernardo Provenzano, in cui si legge: “Forse con questa gente non stiamo usando il linguaggio giusto. E’ il secondo Natale che passo in queste condizioni [in galera, nda]. La pazienza come tutti i comuni mortali ha un limite. […] Mi sembra di capire che i vostri amici Berlusconi e il fidato Marcellino si facciano solo i cazzi loro”.
E’ semplicemente assurdo che tutte queste vicende non abbiano avuto nei telegiornali e nei giornali un centesimo dello spazio destinato ai festini di Arcore. E’ assurdo anche che solo in merito alla vicenda Ruby (e non alle vicende ben più serie di cui si dice in questo post), si siano espressi il presidente Napolitano (che chiede “più moralità, più giustizia, più legalità”) e persino il papa Benedetto XVI e la Santa Sede (il card. Bertone chiede che Berlusconi faccia chiarezza “nelle previste sedi giudiziarie”).  Il card. Bagnasco ha annunciato che, addirittura, del caso Ruby “se ne parla al Consiglio permanente della Cei, quello è il luogo istituzionale”.
Perché tutti questi illustri personaggi si interessano tanto alla vicenda Ruby e non si preoccupano per nulla della questione delle stragi di mafia? Giornali e Tv, come detto, in questo occultamento, sono complici. Pensate a cosa succederebbe se i media dessero a queste vicende lo stesso risalto riservato alla vicenda Ruby. Chissà cosa penserebbe l’opinione pubblica? Chissà cosa accadrebbe? Una cosa è certa. Bossi non potrebbe fare, con la stessa disinvoltura, battute sulla presunta persecuzione giudiziaria del premier come quella fatta il 21 Gennaio: Non si mette sotto pressione una persona così: è il presidente del Consiglio, mica la mafia”. [6]


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