domenica 31 ottobre 2010

LA STORIA “OSCURA” DELLA REPUBBLICA?

Gli eventi della settimana impongono una riflessione sulla storia della democrazia in Italia

DALL'ITALIA - Le notizie emerse negli ultimi giorni in relazione ad indagini di diversa natura potrebbero essere lette da almeno due diversi punti di vista: si potrebbero interpretare come fatti sconnessi tra loro e legati a situazioni isolate, oppure provare a guardarli uno dopo l’altro per scorgervi affinità e legami (se ve ne sono). Nel tentare di percorrere questa strada, emergono ombre inquietanti che dovrebbero indurre quanto meno una riflessione approfondita sulla storia del nostro Paese.
Partiamo dalla notizia che ha ricevuto un peso maggiore nei media nazionali: il riconoscimento da parte del pentito Gaspare Spatuzza del funzionario dell’Aisi (Agenzia informazioni sicurezza interna) Lorenzo Narracci, come il “il soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato al giudice Paolo Borsellino [1]. Naturalmente Spatuzza è lo stesso collaboratore di giustizia che dichiarò che il boss “Graviano mi fece il nome di Berlusconi e mi disse che grazie a lui e al compaesano nostro ci eravamo messi il paese tra le mani.” [2] Quasi contemporaneamente (in realtà qualche giorno prima) un altro celebre collaboratore, Massimo Ciancimino, presso la Procura di Caltanissetta, riconosceva nello stesso Narracci la persona incontrata insieme al boss Scotto (condannato all’ergastolo per la stessa strage Borsellino) in un albergo palermitano, al termine di un incontro tra suo padre Vito e il misterioso signor Franco.
Ciò che è passato in secondo piano nel fornire le notizie è che il Narracci non è affatto un personaggio nuovo nelle vicende italiane degli ultimi due decenni. Tanto per cominciare l’agente dell’Aisi (ex Sisde) era già stato indagato dalla stessa procura di Caltanissetta per l’inchiesta sui mandanti esterni alle stragi del ‘92-‘93, archiviata nel 2002: insieme a Bruno Contrada (il numero tre del Sisde che sta scontando una condanna a dieci anni per collusioni mafiose), stando ai tabulati telefonici, fu il primo a venire a sapere dell’avvenuto attentato al giudice Borsellino, appena un centinaio di secondi dopo l’accaduto. Inoltre, del suo caso si sarebbe parlato in una delle ultime sedute del Copasir, ottenendone non la sospensione temporanea ma una semplice sostituzione di incarichi sempre all’interno dei Servizi Segreti Italiani: “E’ possibile che in uno Stato democratico possa accadere questo?” si chiedeva già il 18 Agosto 2010 il parlamentare Fli Carmelo Briguglio [3] e la sua pareva decisamente una domanda retorica. Ma non basta: ombre sul Narracci provengono anche dalla vicenda del tentato assassinio di Maurizio Costanzo, in Via Fauro a Roma il 14 maggio 1993 (la sua automobile era una di quelle parcheggiate nella stessa strada, ma pare che l’agente segreto abitasse proprio lì), e dall’episodio della strage di Capaci del 23 maggio 1992 (il suo numero di cellulare fu trovato in un foglio sulla collina da cui partì il comando radio che fece brillare l’esplosivo). Inoltre, in relazione al processo a Contrada, nel 1995, e alla campagna di disinformazione condotta da alcuni media il Pm Antonio Ingroia (peraltro ospite del terzo incontro organizzato dall'associazione "La democrazia delle parole" tenutosi a Barletta il 29 ottobre) affermava "In una telefonata che è stata intercettata il giorno dopo l'arresto dell'imputato [Contrada, ndr] possiamo ascoltare il funzionario del Sisde Lorenzo Narracci che rassicura il figlio di Contrada, Guido: <<Ho parlato con il direttore del Tg2 ha modificato il titolo della notizia>>. Sentito in aula, Narracci, ha chiarito che non si trattava del direttore ma di un caporedattore del Tg.” [4]
Ma lasciamo per un attimo le vicende legate all’atto di nascita della Seconda Repubblica, per spostare l’attenzione ad un’altra notizia della settimana, inerente, questa volta, i primi vagiti della Prima Repubblica. Giovedì 28 ottobre 2010 è iniziata l’operazione di riesumazione della salma di Salvatore Giuliano, il famigerato bandito tumulato nel cimitero di Montelepre, in provincia di Palermo. Il bandito Giuliano [5], inizialmente vicino al Movimento indipendentista siciliano (MIS), entrato poi, spinto da esponenti dell'intelligence USA, nell'EVIS (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana), è noto ai più per essere stato accusato della strage di Portella della Ginestra: il Primo Maggio del 1947, nella Piana degli Albanesi circa duemila lavoratori si riunivano per tornare a festeggiare dopo il ventennio fascista, anche in occasione della vittoria elettorale del PCI-PSI sulla DC; raffiche di mitra si scatenarono sulla folla dalle colline causando 11 morti e 27 feriti (la scena compare nel recente film di Tornatore “Baària”). A sparare furono ufficialmente "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali", anche se ipotesi recenti chiamano in causa soggetti molto più importanti e ipotesi agghiaccianti (che tirano in ballo anche i Servizi Segreti italiani e la longa manus della CIA); si chiede lo storico Sandro Provvisionato:  “Sugli scenari che si aprirono con Portella della Ginestra, alcuni quesiti rimangono aperti ancora oggi: fino a che punto quegli eventi tragici videro realmente delle correità di Stato?”. Il bandito Giuliano sarebbe morto in una sparatoria con i Carabinieri nel luglio 1950, ma oggi dal Dda di Palermo ne dispone un’autopsia nell’ambito di un’inchiesta seguita dal Pm Ingroia che in un’intervista a Barlettalife [6] dichiara a proposito dell’indagine: Un atto dovuto. E’ un’indagine nata su un esposto di due storici che hanno sostenuto e documentato […] l’incongruenza tra le immagini di Giuliano prima e dopo la morte. […] Negli ultimi decenni si sono affastellati molti dubbi sulla morte di Giuliano (c’è chi ha ipotizzato che non fosse morto): l’indagine serve per sgomberare il campo da ogni dubbio, in un senso o nell’altro.” A confondere ancor più il quadro, interviene la dichiarazione dell’Avv. Ettore Boschi che afferma di aver saputo molti anni fa, da Padre Pio (sic!), che il bandito Giuliano non fosse mai morto ma fosse fuggito in America. Come intendere queste sconcertanti dichiarazioni? Quel che è certo è che più di un sospetto (un atroce sospetto, ad essere onesti) nasce su una questione avvenuta sessanta anni fa ma che ebbe certamente un grande impatto allora e certamente conseguenze sociopolitiche rilevanti.   
Tornando ad eventi più recenti, un’altra notizia recentissima apre un ulteriore squarcio nelle tenebre che circondano la presunta trattativa Stato-Mafia (per la cronaca sempre in questi ultimi giorni è stato ufficializzato che l'ex comandante del Ros Mario Mori, già sotto processo a Palermo è ora accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa), che potrebbe essere l’atto fondativo di questa Seconda Repubblica. La notizia, raccontata forse sottovoce da gran parte dei media, è che il capitano dei carabinieri Antonello Angeli che il 17 febbraio del 2005 diresse la perquisizione nella villa di Massimo Ciancimino, sul lungomare dell’Addaura, si lasciò clamorosamente sfuggire il “papello” di Totò Riina, il documento che proverebbe la trattativa Stato-Mafia. [7]
Sulla trattativa Stato-Mafia, il Pm Ingroia, sempre ai microfoni di Barlettalife [6], ha dichiarato: “E’ noto ormai che ci sono indicazioni relative al coinvolgimento di altri responsabili delle stragi di Falcone e Borsellino che vanno al di là di Cosa Nostra (forse anche nei Servizi Segreti). Non è un’indagine campata in aria; ha trovato alcune conferme […] ma ancora ci vuole molto lavoro.”
Come leggere tutti questi eventi che spesso celano ipotesi (e solo ipotesi allo stato attuale, è bene ribadirlo) a dir poco sconvolgenti? In un alone di mistero appare delinearsi un fil rouge che lega i tratti oscuri della storia repubblicana, un filo rosso fatto di frequenti e decisivi interventi dei Servizi o altri apparati deviati dello Stato in momenti cruciali della vita politica del Paese, a partire dagli albori della Repubblica, dal lontano 1947 di Portella della Ginestra. Il tempo ci consegnerà la verità (o forse solo un’altra verità): si spera solo di non dover attendere altri 60 anni.








[7] http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/30/il-papello-nascosto/74382/

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