lunedì 1 novembre 2010

SCIACALLAGGIO MEDIATICO E BUSINESS

Il mondo dell’informazione sulla vicenda di Avetrana

DALL'ITALIA - Sciacallaggio mediatico. Il termine più appropriato per descrivere la situazione creatasi intorno alla vicenda dell'omicidio di Sarah Scazzi. Il delitto, infatti, ha creato tutti i presupposti utili ai mass-media per dar sfogo alla loro, chiamiamola così, 'dipendenza da prima pagina'. Questa necessità, legittima per certi versi, ha portato alla strumentalizzazione della notizia: ogni occasione è utile per mettere in piedi talk-show, programmi di approfondimento o riempire pagine di giornali.
Il percorso della vicenda, però, ha offerto su un piatto d'argento ai mezzi di comunicazione la possibilità di scatenare un "bombardamento mediatico", ovvero, quasi stordire il pubblico soffermandosi in continuazione su un unica notizia. La scomparsa di una ragazza, indagini che all'improvviso si indirizzano verso un membro della famiglia, la notizia in diretta della confessione in diretta tv, la notizia agghiacciante della presunta o vera partecipazione nell'omicidio da parte della cugina della vittima, sono elementi che avvenuti in rapida successione, fanno alzare gli ascolti, fanno comprare giornali, fanno fare soldi. E allora via al teatrino dello sciacallaggio mediatico: ore di diretta, collegamenti spesso inutili, con al seguito inviati recatisi ad Avetrana che quasi si calpestano i piedi nel tentativo di violare quel briciolo di privacy rimasta agli sfortunati protagonisti, diretto o indiretti che siano.
Partecipano anche carovane di opinionisti e psichiatri, quotidianamente presenti in ogni programma televisivo che tratti l'argomento, giudicando, incolpando e massacrando il malcapitato di turno e, ovviamente, disintegrando l'immagine di una persona, anche se è quella di un assassino: la privacy ed il buoncostume è un concetto diventato ormai troppo antiquato.
Un altro mezzo di comunicazione che si è imbattuto carovana di notizie, giudizi e sentenze è il web: la 'terra di nessuno', luogo dove tutti possono dare la propria opinione, esprimere il proprio pensiero, 'postare' il proprio commento. Qui, invece, è il cittadino, il popolo, la massa che cerca di esorcizzare le proprie paure attraverso il 'pettegolezzo', l'indignazione o la sentenza nei confronti dei protagonisti della drammatica vicenda di Avetrana. La massa, però, è anche curiosa. Il bombardamento mediatico ha portato il pubblico ad avere l'esigenza di esplorare i luoghi della vicenda. Un'esigenza che porta le persone ad organizzare gite o 'scampagnate' ad Avetrana o sul luogo del ritrovamento del cadavere. Ma non è la prima volta il pubblico ha questa reazione; essa è scaturita ogni volta che accade qualcosa eclatante e, soprattutto, sconcertante: un esempio è la casa degli orrori di Ed Gein, noto serial killer statunitense degli anni '70: la ditta incaricata di mettere all'asta i suoi beni fiuta l'affare  e organizza visite guidate alla casa del massacro al prezzo di mezzo dollaro a persona; i cittadini si stancando presto di quello sfruttamento che ruota attorno al paesino Plainfield e qualcuno da fuoco alla fattoria di Ed Gein.[1].
Il ruolo dell'informazione è dare il giusto peso alle cose, offrendo le notizie al pubblico in maniera adeguata e più obiettiva possibile; mentre lo sciacallaggio mediatico è 'business', è solo un modo per fare soldi. Questi, però, non portano la felicità ma fanno in modo che l'informazione abbia quel riscontro economico indispensabile per andare avanti: il problema è sapere dove fermarsi.

[1]. C. LUCARELLI, M. PICOZZI, Serial killer. Storie di ossessione omicida, Mondadori, Milano 2004

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