mercoledì 8 dicembre 2010

“BARARE” SUI BARONI: È GIUSTO PROTESTARE CONTRO LA RIFORMA?

Punti salienti di una riforma dai lati oscuri.

DALL'ITALIA – Iniziamo con una bella notizia da far rizzare i capelli, come preludio al seguito. Il 30 novembre, in sintesi, Bruno Tabacci e Marco Calgaro di Alleanza per l'Italia hanno proposto di dirottare all'università una parte delle risorse destinate al finanziamento pubblico ai partiti, 25 deputati del PD hanno votato contro e altri 17 si sono astenuti. Quindi, il principale partito dell'opposizione italiana, che non manca di criticare, giustamente, gli altri quando penalizzano l'istruzione e la ricerca scientifica, si spacca al momento di sostenere le medesime finalità per accaparrarsi una fetta di soldi pubblici destinati a tutti i partiti ogni anno.[1]

Il fascio di ipocrisia si estende dal Pd al ministro Mariastella Gelmini che si è riferita agli studenti, in questo travagliato viaggio della riforma “tagliatutto”, dicendo: "Non comprendo perchè una parte degli studenti sia schierata con i baroni"[2]. Non contenta, il ministro, dopo, in una videolettera trasmessa su You Tube, dice ai ragazzi “La riforma vi aiuta. Non lasciatevi strumentalizzare da baroni e non mescolate la vostra protesta a quella dei centri sociali”.[3] Fino ad arrivare alla dichiarazione del premier Silvio Berlusconi, il giorno in cui la riforma passa alla camera: "Colpo mortale a parentopoli".[2.a]

Vediamo se è vero che questa riforma sfavorisce le èlites. Il famoso ddl 1905 del ministro della Pubblica Istruzione, tratta di tre punti: amministrazione economica, diritto allo studio e assunzione di personale.
Per quanto riguarda l'amministrazione economica, gli organi della governance saranno stravolti dalla riforma. Attualmente, esistono due organi all'interno delle Università: il senato accademico, che si occupa della didattica universitaria, e il consiglio di amministrazione, che si occupa di gestire gli aspetti finanziari. Dopo la riforma il senato avrà solo un parere consultivo, mentre la didattica sarà decisa, in ultima analisi, dal consiglio di amministrazione che, quindi, oltre a gestire le finanze si occuperà anche della didattica. Inoltre, quest'ultimo dovrà essere composto da almeno 3 membri su 11 (il 27,3%) che siano esterni all'Università. Così l'organo più importante diventa il consiglio di amministrazione dove possono sedere anche membri esterni, eventualmente appartenenti anche a enti private, con molte nomine che spettano al rettore. Dunque, il primo punto della riforma sembra favorire le èlites, in quanto tutto questo rischia di sottomettere la carriera di studenti capaci alle ragioni economiche di enti privati.[4]

Il diritto allo studio. Nato con la liberazione d'Italia, Regio decreto 574 del 1946, la borsa di studio universitaria ha accompagnato l'evoluzione della democrazia scolastica offrendo una possibilità di mantenimento a studenti in corso, fuori sede, sotto le soglie dell'Isee, meritevoli. In due anni, con il colpo d'accetta tirato lo scorso 14 ottobre sul tavolo del Consiglio dei ministri, l'ammontare in euro delle borse da erogare è passato da 246 milioni a 25,7. Un -89,55% che peggio di così c'è solo la soppressione. E nel 2012 si arriverà a 13 milioni scarsi trasformando la borsa universitaria in un premio per élites scelte. Un taglio ai finanziamenti del 90%.[5] Ma non è tutto. Il decreto legislativo, prevede anche che le borse di studio tagliate vengano sostituite da “prestiti d'onore”, espressione degna de “Il padrino” di Coppola. Con il “prestito d'onore” (minchia!) l'università assegnerà i soldi, ad inizio anno, agli studenti che supereranno un test, e questi, poi, saranno obbligati a restituirli una volta ottenuto il titolo accademico.[4] Complimenti vivissimi! Il nostro Ministro forse ha dimenticato che l'86% dei laureati in Italia trova lavoro a 5 anni dalla laurea.[6] E come fa a ridare la stessa cifra? Semplice, non può farlo. Lo studente povero, quindi, sarà costretto ad entrare nel mondo del lavoro con un debito pregresso.[4] Il risultato? Che le élites più potenti e la classe dirigente vengono favorite. Tanto da non avere mai un ricambio sociale e generazionale. Andrà avanti il figlio di chi ce l'avrà già fatta, e lui a sua volta ce la farà, e farà arrivare suo figlio, e cosi via...; mentre gli studenti poveri saranno lì a mordersi l'un l'altro e a combattere per accaparrarsi il primo lavoro utile in fase di sfruttamento, roba da 800 euro al mese. Tutto questo per non far estinguere la cricca dei potenti. Quindi, anche il secondo punto favorisce le èlites a danno degli studenti, questa volta, i più poveri.

Su questo tema, e altri, verte l'ultimo punto. L'assunzione di personale. Cambia il reclutamento di personale e cambiano i concorsi. Ci sarà un albo nazionale degli idonei e le università dovranno attingere da quell'elenco.[7] A decidere, quindi, queste assunzioni che avverranno in scala nazionale, sarà un collegio di professori ordinari volontari. Tale strategia potrebbe favorire l'azione del nepotismo, una piaga del tanto deprecato fenomeno delle “baronie universitarie”.[4] Chiaro, molto chiaro. Un professore X vuole far assumere qualcuno che gli sta molto simpatico, e cosa fa? Semplicissimo. Si affida a questo collegio di “volontari” che tanto volontari, forse, non potrebbero essere. Senza, cioè, che nessuno garantisca che questi professori siano, effettivamente, “super partes”. Anche il terzo punto, purtroppo, favorisce l'élite universitaria e quindi i famigerati “baroni”. E va, chiaramente, a discapito dei ragazzi davvero validi. Tre su tre. La democrazia messa sotto i piedi. Altro che meritocrazia!

In ultima analisi, di certo non per importanza, vi è l'emendamento “anti-parentopoli”. La proposta l'aveva avanzata l'Italia dei valori una settimana prima che il ddl gelmini arrivasse alla camera. Ma il Pdl, in risposta a questo, ha presentato un controemendamento, affrettandosi a dichiarare che la norma appena passata è durissima contro le raccomandazioni nelle università. Questo punto, però è stato aggiunto dopo l'emendamento dell'Idv e quindi non si può dire, come sostiene il Pdl, che tutta la riforma sia orientata intorno al problema anti-parentopoli. Con il controemendamento non potrà rispondere per la chiamata all'insegnamento chi è parente fino al quarto grado compreso di un professore del dipartimento o di un consigliere di amministrazione. L'Idv, indispettito, non la manda a dire e afferma il vicecapogruppo alla camera, Antonio Borghesi, che il governo ha vanificato l'effetto del loro emendamento con uno stratagemma “gattopardesco”: poiché è sufficiente, ora, con l’emendamento appena passato che il parente già professore si sposti in un altro dipartimento dell’università, rendendo possibile la chiamata del parente nello stesso Ateneo. L'Idv, invece, aveva chiesto la restrizione per i parenti in tutto l'Ateneo.

Quindi ci si chiede perchè questo “barare” sui baroni. Perchè prendere in giro così spudoratamente gli studenti? Caro ministro Gelmini, per favore ci dica la verità, tutta la verità!









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